Stoccafisso: etimologia e curiosità relative a questa parola
Lo stoccafisso altro non è che il merluzzo nordico essiccato. Quella dell’essiccazione, infatti, è una pratica molto diffusa nei mari del Nord che vede trasformare un pesce fresco, molto comune in quell’area dell’Europa, in un alimento a lunga conservazione.
Approfondimento
Stoccafisso: etimologia di una parola che arriva dalla Norvegia
La parola “stoccafisso” affonda le sue radici in due lingue del Nord Europa: norvegese e olandese. In Norvegia il merluzzo essiccato è lo “stokkfish”. A sua volta pare che questo termine derivi dal più antico olandese “stocvisch”.
Entrambi significano letteralmente “pesce a bastone”. Tale denominazione si riferisce alla forma allungata del pesce.
Nel passaggio linguistico verso l’Ovest dell’Europa, poi, gli inglesi fanno entrare nella propria lingua la parola “stockfish” che muta però forma linguistica – “stock” più “fish” – e quindi anche significato.
Sbarcato nel Regno Unito, insomma, lo stoccafisso non è più un “pesce a bastone”, ma diviene un “pesce a stoccaggio”. Ciò indica come, grazie alla pratica dell’essiccazione, si possa fare scorta di tale merluzzo, stoccandolo e trasportandolo anche in grandi quantità, con lunghe tempistiche prima del consumo finale.
La metafora: essere uno stoccafisso
L’utilizzo del termine “stoccafisso” nella lingua comune parte proprio dalla tecnica di conservazione che trasforma, sin dal nono secolo, il merluzzo.
Questo pesce viene seccato lasciandolo restare fermo e immobile per mesi in tale processo; diventa così ancora più rigido, sempre più incapace di modificare la sua posizione.
Perché si dice essere uno stoccafisso?
Essere, restare o guardare come uno stoccafisso indica per questo il rimanere fermi, immobili, senza muoversi.
Da qui, per traslato, dalla mancanza di dinamica a livello fisico a quella mentale, intellettuale, giacché, com’è noto, un vero “stoccafisso” non brilla certo per acume.
Una lunghissima storia
Lo stoccafisso, come detto, si definisce tale sin dal nono secolo. L’informazione si ritrova nelle documentazioni relative ai Vichinghi, fra l’ottavo e il nono secolo, e ai Normanni, nell’undicesimo secolo in Sicilia, terra dove viene consumato da allora.
Proprio in Sicilia poi, in epoca moderna, è quel “piscistoccu” con cui i soccorsi umanitari dalla Norvegia sostengono i messinesi dopo il terribile terremoto del 1908.
Di questo pesce inoltre ve n’è traccia già nel 400 a Venezia e nel 500 a Napoli. Andando più a nord, oggi, gli stoccafissi vanno sempre più ad essere accostati, quando non sostituiti, con il più noto baccalà.