Perché si dice parlare a vanvera. Cos’è la vanvera?
Con l’espressione “Parlare a vanvera” si indica una situazione in cui si pronunciano parole senza un vero fine. Si potrebbe comunemente tradurre in “parlare a caso” o “parlare a casaccio”, quindi senza considerare ciò che si sta dicendo. Un altro modo di dire analogo a questo potrebbe essere “dare fiato alla bocca”. Ma torniamo all’espressione parlare a vanvera e alle sue origini.
Questa locuzione avverbiale compare per la prima volta a cavallo tra il Medioevo e l’era moderna.
Nel 1565 lo storico fiorentino Benedetto Varchi in un suo testo spiega il significato con l’azione di dire cose senza senso o senza fondamento.
Anche Francesco Serdonati, poligrafo toscano vissuto tra il XVI e il XVII secolo, alla lettera P dei suoi “Proverbi” (successivi al 1610) ci dice che “a vanvera” veniva già usato insieme al verbo “parlare”.
Approfondimento
Etimologia
L’Accademia della Crusca ci spiega che vanvera è un termine che non esiste come sostantivo, ma solo in quanto parte della locuzione “a vanvera”. Perciò si può legare di volta in volta ad altri verbi, in vari contesti.
Si può quindi cucinare a vanvera; ci si può pettinare o vestire a vanvera; si può studiare a vanvera, cicalare a vanvera, correre a vanvera, tagliare a vanvera; e a vanvera si può poetare o recitare. È possibile inoltre tacere o pensare a vanvera; e ancora vanverare o vanvereggiare.
Sono note varianti regionali, in particolare nel pisano e nel lucchese, dove si usano le espressioni “a cianfera” e “a bámbera”. Quest’ultima è una locuzione di probabili origini spagnole, con la quale s’intendeva una perdita di tempo.
Oggi gli etimologisti sono più propensi a credere che vanvera sia una variante di “fanfera”, una parola di origine onomatopeica che significa “cosa da nulla” (fanf-fanf riproduce il suono di chi parla farfugliando, senza pertanto dire nulla di sensato). In origine vi sarebbe il suono fan-fan, tipico delle trombe militari. Fanfarone si dice infatti di persona che si comporta da millantatore o spaccone.
Parlare a vanvera. Parlare a caso, senza considerare quel che si dica. Dicesi anche: parlare in aria. Cioè: senza fondamento, senza senso, a caso, senza riflettere.
La vanvera
L’ampio ventaglio dell’applicazione dell’espressione ha dato origine anche a usi fantasiosi, fino ad arrivare a interpretazioni colorite e volgari. Esiste un oggetto chiamato piritera o anche vanvera, simile all’antico prallo. Fu molto in voga presso gli aristocratici veneziani e napoletani del XVII secolo.
La vanvera poteva essere da passeggio o da letto: la sua funzione era quella di risolvere i disturbi gastrointestinali dal punto di vista… sociale. Spieghiamo meglio il concetto definendo di seguito la funzione degli strumenti.
Il prallo
Si tratta di un oggetto antico a forma di uovo, di ceramica o di legno, dotato di due fori comunicanti. Tale uovo durante i lunghi banchetti degli aristocratici veniva infilato nel pertugio anale al fine di attenuare l’effetto dei miasmi delle flatulenze. Al suo interno vi si infilavano delle erbe odorose. Il gas nell’attraversare il prallo provocava una curiosa nota musicale tipo trombetta o fischietto.
La piritera
Di simile utilizzo del prallo era la piritera. Essa non andava appoggiata ai glutei bensì aveva una cannula per essere infilata direttamente nell’ano.
La vanvera da passeggio
L’oggetto era costruito in pelle di vari colori ed era diviso in quattro parti.
La prima parte, per aderire completamente alle natiche era fatta a coppa, realizzata su misura. Questa comunicava attraverso un collo ad una vescica che riceveva i gas intestinali. Essa terminava con un pertugio munito di chiusura con spago, per consentirne lo sfiato.
L’utilizzatore che soffriva di meteorismo, ma che si trovava nella necessità di uscire in società, la indossava sotto il mantello oppure sotto la gonna. Ogni rumore veniva attenuato ed ogni odore evitato. Una volta isolati si poteva aprire lo spago.
Oggigiorno questi tipi di oggetto suscitano ilarità. E’ bene ricordare che il termine vanvera non deriva però da quest’ultimo strumento descritto. E’ piuttosto il contrario: lo strumento prende il nome vanvera proprio per l’assonanza onomatopeica del “parlare all’aria”.