Nebbia, analisi del testo della poesia di Pascoli

La poesia Nebbia non è una delle più note del poeta Giovanni Pascoli, ma è forse una delle più rappresentative della sua poetica. L’autore in queste rime descrive la nebbia che avvolge tutte le cose: non è un problema per lui, anzi, gli impedisce di vedere quelle che sono a lui più lontane, come il suo passato doloroso. Essa gli permette inoltre di rifugiarsi nel suo “nido” semplice e familiare.

Giovanni Pascoli
Giovanni Pascoli

L’autore e la poetica

Giovanni Pascoli è uno dei principali esponenti del Decadentismo, insieme a Gabriele D’Annunzio. Egli visse una vita funestata da molti lutti familiari, che inevitabilmente cambiarono il suo modo di vedere le cose, oltre a lasciare un segno profondo dentro l’animo.

Fu professore universitario di Letteratura Italiana e scrisse poesie per tutto l’arco della vita.

Per Pascoli vivere corrisponde a soffrire: per questo la cosa migliore è cercare la felicità nelle piccole cose della vita quotidiana; il poeta diventa un fanciullino, che riesce a vedere tutto con meraviglia, proprio come fosse la prima volta.

Le piccole cose assumono poi un significato simbolico per Pascoli: diventano quindi il segno di un’emozione o un sentimento. Il modo migliore per vivere serenamente è rifugiarsi nel nido, negli affetti familiari.

Nebbia: paesaggio nella nebbia
Un paesaggio nella nebbia

Nebbia: testo completo della poesia

Nascondi le cose lontane,
tu nebbia impalpabile e scialba,
tu fumo che ancora rampolli,
su l’alba,
da’ lampi notturni e da’ crolli
d’aeree frane!

Nascondi le cose lontane,
nascondimi quello ch’è morto!
Ch’io veda soltanto la siepe
dell’orto,
la mura ch’ha piene le crepe
di valerïane.

Nascondi le cose lontane:
le cose son ebbre di pianto!
Ch’io veda i due peschi, i due meli,
soltanto,
che dànno i soavi lor mieli
pel nero mio pane.

Nascondi le cose lontane
che vogliono ch’ami e che vada!

Ch’io veda là solo quel bianco
di strada,
che un giorno ho da fare tra stanco
don don di campane…

Nascondi le cose lontane,
nascondile, involale al volo
del cuore! Ch’io veda il cipresso
là, solo,
qui, solo quest’orto, cui presso
sonnecchia il mio cane.

Parafrasi

Nascondi le cose lontane, tu nebbia immateriale e di colore grigio pallido, tu fumo che ancora scaturisci dalla terra, all’alba, come residuo dei lampi della notte e dei tuoni dei temporali!

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Nascondi le cose lontane, allora nascondimi anche i ricordi dolorosi del mio passato! Fa’ in modo che io veda soltanto la siepe del mio orto, il muro di cinta che ha le crepe piene di valeriana.

Nascondi le cose lontane: quelle cose che sono piene di lacrime! Fa’ in modo che io veda solo i due peschi, i due meli che procurano le dolci marmellate per il mio pane scuro.

Nascondi le cose lontane che vogliono che io le ami ancora e che vada da loro! Che io veda solo quel tratto della bianca strada che conduce al cimitero, che un giorno dovrò percorrere tra il suono lento delle campane a morto.

Nascondi le cose lontane, nascondile, allontanale dal mio cuore che potrebbe sentirne il desiderio! Che io veda il cipresso là, solo, qui solo quest’orto vicino al quale sonnecchia il mio cane.

Analisi e commento

La poesia è composta da cinque strofe di sei versi (novenari, ternario e senario); lo schema metrico è ABCBCA.

Ci sono molte figure retoriche: in primis l’anafora (ripetizione) dell’incipit “Nascondi le cose lontane” all’inizio di ogni strofa, ma anche la formula “ch’io veda” che viene ripetuta al v. 9-15-21-27.

La nebbia viene descritta come una persona (personificazione v. 2-3); si trova poi un’onomatopea (don don di campane v. 24), molti enjambement e allitterazioni (v. 1-2 e v.26).

La poesia fu pubblicata per la prima volta sulla rivista Flegrea e venne inserita nella raccolta Canti di Castelvecchio (1903).

Nebbia è la poesia emblema dell’esaltazione del “nido”: la nebbia diventa quell’espediente che impedisce al poeta di vedere ciò che è più distante dalla sua casa di campagna, implica la necessità di chiudersi nel nido e di sfuggire ai pericoli della vita.

L’unica cosa che l’autore vuole vedere sono i cipressi e la strada bianca che porta al cimitero: è il luogo che egli stesso un giorno dovrà percorrere.

Ciò che gli regala serenità è proprio la sua vita semplice, di campagna, quella che la nebbia mostra allontanando il dolore delle cose passate.

È una poesia ricca di malinconia ma che incarna perfettamente lo stile e le emozioni del poeta Giovanni Pascoli.

Esiste un’altra poesia dello stesso autore con un titolo simile: “Nella nebbia”, che fa parte della raccolta “Primi poemetti” (1897).

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Anna D'Agostino

Anna D'Agostino, napoletana di nascita portodanzese d'adozione, laureata in Filologia Moderna e appassionata di scrittura. Ha collaborato con varie testate come giornalista pubblicista, attualmente insegna Lettere in una scuola secondaria di primo grado.

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