Naturalismo (riassunto)

Il Naturalismo s’impose nel culmine dell’era industrializzata, nella patria francese del determinismo filosofico di Hippolyte Taine, nel colmo di un interesse crescente verso la scienza, nelle sue più varie declinazioni mediche, psicologiche e sociologiche. Gli intellettuali si fecero i promotori della causa sociale e dell’indagine di ogni aspetto contraddittorio inerente le dinamiche sociali, denudando le colpe dell’ipocrisia borghese attraverso l’uso di un impianto narrativo oggettivo, del tutto svincolato dalla narrazione in terza persona tipicamente romantica, e assunto nella formula del romanzo sperimentale.

Hippolyte Taine
Hippolyte Taine fu il principale teorico del naturalismo francese e uno dei principali fautori del positivismo sociologico.

I letterati

Gli esponenti del Naturalismo furono numerosi, tra più celebri: Honoré de Balzac (1799 – 1850), autore del romanzo “La Commedia umana” (1840), Gustave Flaubert (1821 – 1880), noto per la celebre teoria dell’impersonalità e artefice dell’illustre romanzo “Madame Bovary” (1856), Émile Zola (1840 – 1902), ideatore de “La Confession de Claude” (1865) e, infine, i fratelli Goncourt, creatori di “Le due vite di Germinie Lacerteux” (1865).

Il naturalismo francese

La meccanica del pensiero ottocentesco contraddistinse, nella molteplicità delle sue manifestazioni, il secolo dell’intuizione positivista, del vigore intellettualistico delle eminenti accademie europee, nel tintinnio sonante degli ingranaggi industriali oliati di capitalismo e d’intemperanza proletaria.

Nel compiacimento della vivacizzante proposta naturalista, la letteratura ottocentesca connaturò in sé l’humus opportuno alla proliferazione degli istinti scientifici, in molti casi cruenti, di una società votata al culto dell’investigazione sociale, naturale e psicologica, in quella sacra alchimia caratterizzata dall’innesto del cattedratico empirismo scientifico nella patetica missione umanitaria: lo scrittore è sociologo, contestatore, intellettuale impegnato, egli concepisce la verità, non necessariamente inerente la felicità, attraverso il compimento di un’analisi minuziosamente inquisitiva e intenzionalmente dissimulatrice delle illusorie sovrastrutture oscuranti e limitanti la rivelazione della “tangibilità universale”:

L’artista deve essere nella sua opera come Dio nella creazione, invisibile e onnipotente, sì che lo si senta ovunque, ma non lo si veda mai. E poi l’Arte deve innalzarsi al di sopra dei sentimenti personali e delle suscettibilità nervose. È ormai tempo di darle, mediante un metodo implacabile, la precisione delle scienze fisiche. (FLAUBERT).

Il frutto dell’ostentazione romantica, innervata di passione e spirito languido, servì d’avversario all’emergere di una mentalità dotta, speculativa di ogni spiraglio umano, avvinta all’”ingranaggio antropico”, quale risultato di una misera concatenazione di risposte naturali, dunque calcolabile e tristemente prevedibile; la psiche umana perse, nella considerazione naturalista, il fascino dell’indecifrabilità, riverendosi dell’influsso disciplinato del determinismo filosofico del letterato, filosofo e critico letterario francese Hippolyte Taine (1838 – 1893):

Si può considerare l’uomo come un animale di specie superiore che produce filosofia e poesie pressappoco come i bachi da seta fanno i loro bozzoli e le api i loro alveari. (TAINE).

Nella visione vinta dal determinismo ottocentesco di Taine, il cuore pulsante dell’epoca industrializzata sorse dalla penna dei più grandi letterati e scrittori dell’epoca, proponendo in parole ed eleganti copertine i titoli di romanzi imbevuti di sentimenti meschini e amori patologici, nel nebuloso fermento di ambientazioni infettate di vapori industriali e moti di rivalsa popolare.

La scrittura si armò di un vibrante spirito critico, inviolato, privo di stratagemmi e immaginare vie di fuga, avvelenando d’inchiostro le acque stagne dell’ipocrisia borghese, si servì dell’inclemenza dell’osservazione impressionista, viva nella “Ville des noctambules“, per trasfigurare il linguaggio comunicativo della pittura di Monet in un codice letterario analogamente alimentato dalla partecipazione alla soluzione del “frastagliamento atomistico” (DE MICHELI).

Il naturalismo e la pittura

Lo scrittore francese Jules Amédée Barbey d’Aurevilly, autore della raccolta di racconti nota col titolo di ”Les Diaboliques” (“Le diaboliche”), in un articolo su “Le Ventre de Paris” pubblicato sul “Le Costitutionnel” il 15 Luglio 1853, insignì Zola del titolo di “rapin” (“imbrattatore”), di “Monet littéraire“.

La citazione letteraria dell’opera pittorica, la compenetrazione del colore, della luce tra spazi e sequenze di lettere inchiostrate, elargiscono al romanzo la nobile natura di “impasto pittorico”, di omaggio all’arte pittorica di Renoir e dei più celebri maestri della scuola impressionista: dalla bellezza delle Halles sotto la pioggia, con una “épure lavée à l’encre de Chine“, al personaggio di Claire “sainte de vitrail” e “Vierge de Murillo“, al biondo personaggio di Marjolin, “dorato come un Rubens” del romanzo “Il Ventre di Parigi” (1873), affiora il fascino della Ville Lumière, il grigiore delle giornate piovose o la morbidezza bianca dei raggi solari filtrati dalle fronde degli alberi del boulevard Bourdon, dove:

Oltre il canale, tra le case intercalate alle fabbriche, il grande cielo puro si sfaldava in lamine di colore oltremare, e sotto il riverbero del sole, le facciate bianche, i tetti d’ardesia, le rive di granito mandavano barbagli. (“Bouvard e Pécuchet”, Flaubert).

I sentimenti, declinati a nevrotici e romantici stati mentali, sono collocati su corpi dipinti, su visi che nel corso della lettura si compongono nella mente nelle forme e nel fragore del “Bal au Moulin de la Galette” di Renoir, dove tra i visi giocondi della gioventù parigina sembra affiorare la bellezza adultera di Emma Bovary, le cui “labbra pudiche tacevano le tempeste“, “piena di bramosia, di rabbia, di odio“, vestita con “un abito dalle pieghe diritte capace di nascondere un cuore sconvolto” (“Madame Bovary“, Flaubert).

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Renoir - Ballo al moulin de la Galette - 1876
Renoir, Ballo al moulin de la Galette (1876)

Le caratteristiche letterarie

Il riverbero delle agitazioni civili si orientò, nell’ambito della pratica letteraria, verso nuove metodologie descrittive ed espressive: lo scopo ammonitivo, il tempo della denuncia, la missione stessa dello scrittore connaturato nel ruolo di scienziato, indusse ad una scelta narrativa in nessun caso onnisciente, come nell’indole dello scrittore romantico, ma rigorosamente impostata verso l’estraneità, ovvero al racconto libero dai sentimentalismi e dalle passioni sfrenate influenzati l’esito del racconto.

Il rivolo contestativo irrorò di storie proletarie l’ampio argine della letteratura di cui fu autore Guy de Maupassant, padre dell’invenzione letteraria dello sciocco provinciale Georges Duroy, protagonista del romanzo “Bel Ami” (1885), e di Jeanne, unica figlia del barone Simone-Jacques Le Perthuis e di sua moglie Adelaide, la giovane aristocratica di “Una vita” (1883), il primo romanzo del padre del racconto moderno.

L’ispirazione naturalista, quale chiara conseguenza letteraria dell’intuizione positivista, si servì per la prima volta della scientificità dell’arte, mutando i capolavori letterari in saggi empirici, in manuali da cui trarre le leggi per comprendere la natura umana nei suoi più bassi istinti, nella sua prevedibilità animalesca.

L’entusiasmo progressista non ostacolò la contrarietà di molti intellettuali, i quali restii alla scientificità dell’arte letteraria, nella prospettiva sovversiva della poetica narrativa, della positività del sentimento artistico e del suo potenziale potere di manipolare il lettore:
[Il naturalismo] vellica passioni demolitrici, odii, rancori, paure lividi propositi che diseccano ogni fonte di nobile ispirazione. Il medesimo vezzo ha dato l’altro gravissimo difetto di dipingere il deforme ed esaltare ad eroismo la corruzione, gettando nel cuore di perversi una virtù eroica, l’audacia d’un coraggio straordinario e porgerne tipi alla simpatia e all’ammirazione dei lettori“.

Il riferimento del Ghindemi, nella lettera al Sig. Girolamo Ardizzone (“Sulle condizioni presenti della poesia in Italia – Lettera del Prof. Salvatore Ghindemi al Sig. Girolamo Ardizzone”), conclude l’aspra critica nel frangente di una poetica italiana fortemente influenzata e diretta conseguenza di quel naturalismo francese che aveva assunto il vessillo della scientificità per esprimersi nel nuovo ruolo di arte sociale, di letteratura indigesta alla classe borghese, di cui assiduamente lo scrittore naturalista ridicolizza ogni aspetto fino alle estreme conseguenze.

Il naturalismo in sintesi

Il naturalismo è una dottrina filosofica, una corrente e movimento letterario (artistico e culturale), che interpreta gli aspetti della vita in una chiave scientifica e biologica, assumendo la natura come un modello da rispettare e riprodurre; sorto in Francia nella seconda metà dell’Ottocento, il naturalismo – e l’artista naturalista – deve riprodurre la realtà con la massima fedeltà. E’ di fatto la riflessione in ambito letterario dell’influenza della generale diffusione del pensiero scientifico di quel tempo, che basa la conoscenza su osservazione, sperimentazione e verifica.

Note bibliografiche
M. De Micheli, Le avanguardie artistiche del ‘900, Feltrinelli, Milano, 2005
S. Cigada, M. Verna, Simbolismo e naturalismo: un confronto, Vita e Pensriero, Milano, 2006
S. Ghidemi, Sulle condizioni presenti della poesia in Italia – Lettera del Prof. Salvatore Ghindemi al Sig. Girolamo Ardizzone, Tipografia del giornale di Sicilia, Palermo, 1868
G. Flaubert, L. Turati, Madame Bovary, Acquerelli Best Seller, Prato, 1996
G. Flaubert, Bouvard e Pécuchet, Enaudi, Torino, 1996

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Simona Corciulo

Simona Corciulo nasce a Gallipoli il 5 maggio del 1992. Appassionata di arte e antiquariato, ha conseguito la laurea in ''Tecnologie per conservazione e il restauro'' nel 2014. Fervida lettrice, ama scovare e collezionare libri di arte, storia, narrativa - italiani e stranieri - desueti o rari.

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