Intervista a Alberto Cordaro su August Strindberg

Amava rifugiarsi al buio ascoltando il suono dei pianoforti in cerca di sollievo. August Strindberg, uno dei padri – insieme a Ibsen e Cechov – del dramma moderno, un artista completo, nato a Stoccolma nel 1849, dall’anima complessa, attratto dall’essere umano e dall’occulto. È stato il rappresentante della scena artistica tra Ottocento e Novecento, non solo uomo di teatro. Si è dedicato anche alle opere pittoriche, fotografie e testi importanti.

August Strindberg
August Strindberg

Forte fu il suo desiderio di viaggiare per l’Europa. Tale desiderio nacque a seguito della rottura del suo matrimonio con Siri von Essen. August Strindberg aderì, dopo una scambio di missive con Nietzsche, al “superomismo“, rompendo i legami con il positivismo.

Nel frattempo, si sposò con Friede Uhl, dalla quale divorziò; iniziò per lui un periodo di profonda crisi, che lo condusse ad una lucida e visionaria follia. Quindi, si dedicò all’alchimia e all’occultismo. Ristabilito l’equilibrio, si sposò per la terza volta, nel 1901, con Harriet Bosse. Anche questa unione fallì.

Nel 1907 fondò, con Falk, il Teatro Intimo. Pochi anni dopo, nel 1912, Strindberg morì a Stoccolma.

La produzione

Vicende tumultuose e complesse della sua vita, lo portarono a una produzione strettamente connessa ad esse.

Prima il lavoro di telegrafista. Grazie a ciò raccolse i soldi che gli consentirono la prima stesura del Maestro Olof, dramma romantico del 1872.

Quindi, l’adesione al naturalismo. Ciò lo portò alla stesura del romanzo “La camera rossa” (1879). Nell’opera descrisse i circoli intellettuali della Stoccolma di quegli anni.

Le opere teatrali di August Strindberg

Nasce la produzione di racconti “Sogni” e “Sogni II“, in cui protagonista è la donna, prima idealizzata e poi vampiro, che annienta spiritualmente l’uomo. Poi scrive, nel 1886, la sua autobiografia che si intitola “Il figlio della serva“. Idee misogeniste si notano anche nelle opere teatrali di Strindberg: “Il padre”, “Camerati”, “La signorina Giulia” e “Creditori”. Dall’adesione al “superomismo” nascono i drammi come: “Paria” e “Samun” e il romanzo “Sul mare aperto”. Poi la crisi e tra ossessioni e occultismi, nascono “Inferno” e “Leggende”. Recupera un certo equilibrio interiore con lo studio della filosofia di Swedenborg. Così, ritorna alla sua attività drammaturgica: “Verso Damasco”, “Danza di morte”, “Il sogno” e i drammi “Avvento”, “Delitto e delitto” e “Pasqua”. In queste opere trova rifugio nel cristianesimo.

La prima fase della sua produzione si caratterizza dunque per una forte tensione soggettivista, un naturalismo tragico e soggettivo. Nella seconda, si evidenzia una produzione espressionistica. Mentre con “Inferno” si assiste alla sua allucinazione, all’incubo, al sogno.

Intervista ad Alberto Cordaro

Ancora oggi è attualissimo. Nel suo teatro esiste un protagonista con una vicenda interiore.

Ne abbiamo discusso in una intervista con Alberto Cordaro, regista e fondatore del laboratorio espressivo teatrale Labe.

Alberto Cordaro
Alberto Cordaro

D: Qual è l’opera del maestro che più l’ha colpita e perché?

R: Potrei rispondere Danzen danza di morte, perché in essa emergono i tormenti dell’autore e trovo attualissima la visione del disfacimento di certi valori nel genere umano, ma credo che tutta la vita di Strindberg sia un’opera d’arte, fatta di forti contrasti, un chiaroscuro esistenziale che ci ha donato i motivi universali della crisi dell’uomo moderno.

In ogni sua opera, assistiamo a dei passaggi graduali che riflettono la maturazione dell’autore. Da questo Strindberg, trae la concezione del suo “Stationendrama”, ovvero un dramma a tappe.

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D: “…forse potrebbe nascere una nuova arte drammatica e il teatro potrebbe tornare almeno ad essere un’istituzione per la ricreazione delle persone colte. Aspettando un siffatto teatro potremo ben scrivere per il cassetto e preparare il repertorio futuro. Io ho fatto un tentativo! Se non è riuscito, ci sarà abbastanza tempo per farne altri!”. Questo è il pensiero di Strindberg tratto dalla prefazione de “La signorina Julie”. Lei cosa ne pensa?

R: Il teatro ha sempre fame di nuovi testi e nuovi repertori da aggiungere ai classici. Credo in un teatro che si rinnova ma, a mio parere, sono fedele alle parole di Giorgio Albertazzi quando dice che non esiste un teatro passato o futuro, il teatro è, non si possono dunque fare delle comparazioni tra forme teatrali e tra scelte degli autori.

Non esiste dubbio che ognuno, in questo meraviglioso ed intricato mondo artistico, debba cercare di contribuire con la propria creatività, senza perdere di vista gli esempi illustri dei grandi maestri.

D: Esiste qualche punto di convergenza tra la sua visione del fare teatro e quella di Strindberg?

R: Anche io nei miei testi cerco di focalizzare l’attenzione sull’aspetto del singolo in relazione alle proprie vicende. Ed in molti casi, creo ambientazioni intime, ovattate alle cose del mondo esterno. Tuttavia, ogni mio personaggio, seppur mosso da tali premesse, trova il suo compimento nella forza dialettica, nell’incontro scontro con gli altri protagonisti.

Strindberg invece, in molti casi, metteva in discussione il dialogo stesso tra i personaggi, trasformandolo in una sorta di narrazione a più voci, riducendo l’interazione, in favore di una forma di dramma a tappe.

D: “Già da un pezzo mi sembra che il Teatro, come l’Arte in generale, sia una «Bibbia Pauperum», una Bibbia con figure per chi non sa leggere né la scrittura né la stampa. Quindi, credo che il drammaturgo sia un predicatore laico che divulga in termini popolari le idee contemporanee, in termini così popolari che il ceto medio, quello cioè che riempie i teatri, può comprendere senza sforzarsi troppo di che si tratta. Il teatro allora è sempre stato una scuola popolare per i giovani…” E’ così come pensava Strindberg secondo lei?

R: Ho sempre pensato al teatro in questi termini, ovvero come missione laica che giunge a lenire le nostre macanze o i nostri non detti.

Del resto, il teatro rapsodico polacco al quale mi ispiro e si ispirava il mio maestro Accursio Di Leo, si fonda su una ricerca della materia umana e sul riappropriarsi da parte degli individui, di una teatralità intrinseca presente in ogni essere umano.

D: Ci parla del Teatro Intimo?

R: Il teatro intimo di Stoccolma è stato per Strindberg un luogo dal duplice valore. Da una parte un luogo fisico nel quale rappresentare le sue opere. Dall’altro un luogo ricco di suggestioni nel quale affondare le tematiche legate al teatro da camera che si focalizza sulla dimensione umana del singolo, in una sorta di analisi psicologica dei personaggi che sulla scena confrontano le loro interiorità.

Ci sono le vicende umane ma ci sono i silenzi e i non detti che fanno sentire il loro peso sulla scena. A mio parere, tutto il teatro parte da uno spazio intimo prima di consacrarsi alla quarta parete.

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Serena Marotta

Serena Marotta è nata a Palermo il 25 marzo 1976. "Ciao, Ibtisam! Il caso Ilaria Alpi" è il suo primo libro. È giornalista pubblicista, laureata in Giornalismo. Ha collaborato con il Giornale di Sicilia e con La Repubblica, ha curato vari uffici stampa, tra cui quello di una casa editrice, di due associazioni, una di salute e l'altra di musica, scrive per diversi quotidiani online ed è direttore responsabile del giornale online radiooff.org. Appassionata di canto e di fotografia, è innamorata della sua città: Palermo.

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