Perché il giudice batte il martello a fine sentenza?
L’uso di battere il martello di legno in tribunale da parte del giudice, a fine sentenza, è esclusivamente americano. Tale strumento, il martello ligneo, è utilizzato e deriva dai rituali usati nelle riunioni delle logge massoniche, nelle quali il compasso, la squadra ed infine il martelletto sono i simboli più identificativi.
L’uso del martello da parte del giudice a fine sentenza si intravede in numerosi film e telefilm americani. Secondo uno studioso, Stephen C. O’Neill, che fu autore di un saggio sull’argomento, la massoneria faceva riferimento alla gilda medievale degli scalpellini, adottandone gli strumenti di lavoro per usi cerimoniali. Tra di essi ed in particolar modo, il martelletto (gavel in inglese) usato per assottigliare blocchi di pietra e incunearli.
Il martelletto divenne quindi un vero e proprio simbolo che rappresenta il potere di dirigere e concludere un’impresa. Infine, la presenza di un martelletto simboleggiava l’autorità del maestro sull’adunanza, durante le varie riunioni delle logge massoniche. Tale mezzo venne anche utilizzato dai massoni e dagli esponenti della Rivoluzione Americana come George Washington e Benjamin Franklin.
Insomma, al giudice spetta sempre e comunque l’ultima parola su tutto ed in tribunale cerca di risolvere ogni contenzioso, mettendo a disposizione la sua saggezza e le sue immense conoscenze legali, senza mai dimenticarsi di usare il suo abile strumento, il martello di legno, battendolo al termine o alla sospensione di un’udienza.
In Italia invece, la situazione è molto differente. Il giudice non usa il martello di legno a fine sentenza e per chiedere ed ottenere il silenzio in aula, semplicemente lo impone. Infine, al termine dell’udienza o del processo, recita le formule previste dal codice, prima di dichiarare la fine di un contenzioso.