Femminicidio e femicidio, uso corretto delle parole
In Italia, femminicidio e femicidio sono termini molto utilizzati di recente dai media. Il primo termine, cioè femminicidio, indica la violenza contro le donne sul piano psicologico simbolico, economico e sociale, che precede o può portare al femicidio. Quest’ultimo è un concetto che comprende le morti di donne che sono avvenute per motivi misogini. Il termine deriva dall’inglese femicide e si è diffuso negli anni Settanta del Novecento, ma era un termine già in uso sin dall’Ottocento.
«Ci sono state e ancora ci sono resistenze all’introduzione del termine, quasi fosse immotivato o semplicemente costituisse un voler forzatamente distinguere tra delitto e delitto semplicemente in base al sesso della vittima; quasi fosse neologismo frutto di una delle tante mode linguistiche più che del bisogno di nominare un nuovo concetto» (tratto da Accademia della Crusca, ndr)
Il termine femminicidio e la sua diffusione negli anni ’90
Il neologismo femminicidio si è diffuso nelle cronache internazionali negli anni Novanta. Proprio per riferirsi ai fatti di Ciudad Juarez, città al confine tra Messico e Stati Uniti. È qui che nel 1992 sono scomparse oltre 4.500 giovani donne, 650 sono state stuprate, torturate, uccise e poi abbandonate nel deserto. Da qui le donne messicane, tra le quali attiviste femministe, giornaliste e accademiche hanno portato avanti una battaglia e hanno sostenuto la candidatura dell’antropologa Marcela Lagarde, teorica del femminicidio, al Parlamento.
L’antropologa ha fatto costituire e ha presieduto una Commissione Speciale parlamentare. Essa ha portato ad approvare una legge sulla violenza di genere con la quale è stato introdotto il reato di femminicidio.
Anche altri Stati sudamericani hanno preso esempio da quello messicano. Da qui hanno cominciato ad usare questo neologismo per riferirsi agli omicidi con movente di genere.
I femminicidi in Italia
Questo tema tuttavia non è circoscritto al Sud America. Il Comitato per l’attuazione della CEDAW (la Convenzione ONU per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne) nel 2011, per la prima volta si è espresso in relazione ad un Paese non latinoamericano; nelle Raccomandazioni all’Italia si è dichiarato preoccupato per l’elevato numero di femminicidi
«che può indicare un fallimento delle autorità dello Stato nel proteggere adeguatamente le donne vittime dei loro partner o ex partner»
Tra le vittime italiane di femminicidi ne ricordiamo alcune di cui abbiamo parlato in articoli precedenti: Addolorata Palmisani (2011), Rosy Bonanno (2013), Elena Ceste (2014), Denise Georgiana (2015).