Biennio Rosso italiano (1919-1920): riassunto

Senza ombra di dubbio, con la conclusione della Prima Guerra Mondiale, l’Europa risultò profondamente diversa. Il 1919 fu un anno pieno di agitazioni nelle varie nazioni: in alcune di esse scoppiarono delle guerriglie interne, in Germania nacque la Repubblica di Weimar, mentre in Italia si aprì quello che verrà poi definito il “Biennio Rosso”, ovvero un periodo segnato da un’autentica lotta delle classi operaie, scuotendo l’Italia più di quanto non lo fosse stato negli anni precedenti.

Biennio Rosso in Italia
Una foto del 1920 in cui le fabbriche venivano presidiate dalle “Guardie Rosse“, una formazione di difesa proletaria attiva in Italia durante il Biennio Rosso.

Il movimento operaio

Durante il “Biennio Rosso“, tra la primavera e l’autunno del 1919, le piazze italiane, ispirate dagli ideali sovietici, iniziarono ad essere turbolente. Queste agitazioni furono probabilmente causate dal movimento operaio che partì dalla rivendicazione salariale per mirare poi al controllo totale delle fabbriche e alla conquista dello Stato. Il movimento, che si era surriscaldato con tutte le sue rivendicazioni nel 1919, ebbe maggiori consensi nel 1920, quando vi furono in Italia più di 2000 scioperi.

Lo sciopero delle lancette

Tra marzo e aprile di quest’anno, una città fortemente industrializzata quale Torino fu scossa da una forte agitazione operaia presso la FIAT. Questo sciopero fu nominato “Sciopero delle lancette” in quanto gli operai avevano chiesto ai dirigenti di posticipare di un’ora l’ingresso in fabbrica per via dell’introduzione dell’ora legale, senza essere ascoltati. Da qui scaturì lo sciopero generale, introdotto a metà aprile, che coinvolse 120.000 lavoratori di Torino e provincia.

La rivolta dei Bersaglieri

Qualche mese dopo, invece, ebbe luogo la famosa “rivolta dei Bersaglieri”, ad Ancona, nel giugno dello stesso anno. A causarla fu l’ammutinamento dei bersaglieri di una caserma che non volevano partire per l’Albania dove era in corso un’occupazione militare decisa dal governo Giolitti.

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Nel settembre 1920, quasi le tutte le fabbriche italiane risultarono occupate; ciò poté verificarsi anche per la decisione del governo Giolitti di non tentare azioni di forza, poiché il ministro temeva lo scoppio di una guerra civile, puntando piuttosto ad agire come mediatore fra gli imprenditori e gli operai, nonostante la pressione degli industriali a far sgomberare le fabbriche con l’intervento dell’esercito. Questa vicenda creò inevitabilmente frustrazione e rabbia negli imprenditori e finì, di conseguenza, per alimentare i loro propositi di rivalsa nei confronti dello Stato che non li aveva affatto tutelati; sul versante opposto, la classe operaia subì anch’essa un contraccolpo psicologico dovuto all’amara constatazione che questi loro sforzi non erano quasi serviti a nulla.

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Conclusione del Biennio Rosso

La conclusione del “Biennio Rosso” fu sancita, difatti, dalle elezioni amministrative alla fine del 1920, in seguito alle quali iniziò a muovere i primi passi il movimento fascista, che fino ad allora non aveva riscosso molto successo: l’avvento delle squadriglie fasciste darà il via, forse, ad uno dei periodi più cupi, ma allo stesso uno dei più importanti, della storia d’Italia.

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Alessio Bellè

Alessio Bellè, 24 anni, vive per il momento a Lecce, studia ed è appassionato di storia, arte e letteratura; affascinato dalle interpretazioni di Indro Montanelli, Mario Cervi e Piero Melograni. S'affaccia sui portali online per la prima volta.

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