Lo Slave Trade Act e l’abolizione della schiavitù in Gran Bretagna

Il 25 marzo 1807 in Gran Bretagna viene abolito il commercio degli schiavi con lo Slave Trade Act. Si tratta di un atto del Parlamento, che diventerà effettivo a partire dal 1° gennaio 1808, il cui nome completo è “An act for the abolition of the slave trade”, cioè un atto per l’abolizione della tratta degli schiavi. La legge abolisce il commercio degli schiavi nell’Impero Britannico, ma non la schiavitù stessa: bisognerà aspettare altri ventisei anni perché la schiavitù venga effettivamente cancellata, grazie allo Slavery Abolition Act del 1833. Ma come nasce lo Slave Trade Act?

Lo Slave Trade Act e l'abolizione della schiavitù in Gran Bretagna
L’abolizione della tratta degli schiavi: l’illustrazione dell’epoca denuncia l’incidente di una ragazza africana schiava, frustata a morte per aver rifiutato di ballare nuda sul ponte della nave negriera su cui veniva trasportata. Il capitano John Kimber fu denunciato in Inghilterra davanti alla Camera dei Comuni da William Wilberforce su tale presunto incidente.

Nel 1787 viene costituito il Committee for the abolition of the slave trade, il Comitato per l’abolizione del commercio degli schiavi, composto da un gruppo di protestanti evangelici inglesi alleati con i quaccheri per opporsi alla schiavitù e alla tratta degli schiavi. Per i quaccheri, in particolare, la schiavitù è assolutamente immorale, una condanna per l’umanità.

Con il passare degli anni, il gruppo degli abolizionisti incontra un successo sempre maggiore, soprattutto tra i membri del Parlamento Britannico: sono circa una quarantina i parlamentari inglesi che accolgono le loro idee. L’alleanza tra protestanti evangelici e quaccheri, nota come “Saints”, è guidata dal più noto tra i leader nella lotta al commercio degli schiavi, William Wilberforce, che sin dal 1787 si dedica alla causa. Molti dei parlamentari, per altro, vedono la loro battaglia personale contro la schiavitù come una crociata ordinata da Dio: insomma, la motivazione religiosa è evidentemente molto forte.

Il successo della campagna contro la schiavitù è favorito anche dalla precaria posizione del governo di Lord Grenville, il cui periodo come Primo Ministro è noto come Ministry of all the Talents. E’ Grenville in prima persona a condurre la battaglia per far sì che il disegno di legge passi alla House of Lords, mentre nella House of Commons esso è gestito da Charles James Fox, che tuttavia muore prima che la legge divenga effettiva.

Altri eventi, comunque, giocano un ruolo importante nell’approvazione dello Slave Trade Act, primo tra tutti l’Act of Union, che permette a cento deputati irlandesi, la maggior parte dei quali a favore dell’abolizione, di entrare in Parlamento. Il disegno di legge viene introdotto in Parlamento per la prima volta nel gennaio del 1807, e raggiunge la House of Commons il 10 febbraio. Tredici giorni più tardi, venti anni dopo l’inizio della battaglia, Wilberforce e i suoi uomini ottengono la tanto agognata vittoria: la mozione per abolire il commercio degli schiavi viene approvata in maniera schiacciante, con 283 voti favorevoli e solo 16 contrari, e portata alla House of Commons. Qui il dibattito dura una decina di ore, prima che la Camera voti a favore del disegno di legge.

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Esso viene promulgato ufficialmente, ricevendo il Royal Assent, il 25 marzo 1807. Il successo di tale legge può essere apprezzato anche se messo a confronto con la Francia di allora: è il periodo delle guerre napoleoniche. Se, infatti, la Rivoluzione Francese in origine aveva messo la schiavitù fuori legge, con un atto che conquistò l’ammirazione di molte persone in tutto il mondo, essa venne ripristinata da Napoleone nel 1802 ad Haiti e in Guadalupa, con l’invio di truppe in tutte e due le isole per fronteggiare gli schiavi liberati e riportarli in catene. Ecco, dunque, che la legge britannica del 1807, pur mettendo fuori legge solo il commercio degli schiavi, e non la schiavitù, costituisce per la Gran Bretagna una vittoria etica e morale contro la Francia.

Negli anni successivi, l’Impero Britannico utilizza la propria forza internazionale per mettere pressione sulle altre nazioni e indurle a mettere fine, a loro volta, al commercio degli schiavi. Gli Stati Uniti, in particolare, aboliscono la tratta internazionale degli schiavi (ma non quella interna al Paese) il 2 marzo 1807. Nel 1810 viene sottoscritto un trattato tra Gran Bretagna e Portogallo mediante il quale i lusitani accettano di restringere il commercio degli schiavi alle proprie colonie; tre anni più tardi un trattato anglo-svedese sancisce che la Svezia metta fuori legge il commercio degli schiavi. Nel 1814, poi, a stringere accordi con la Gran Bretagna è l’Olanda, che abolisce il commercio degli schiavi, mentre il Trattato di Parigi fa sì che la Francia dichiari la tratta degli schiavi “ripugnante rispetto ai principi di giustizia naturale”, e prometta di abolirla nel giro di cinque anni. Nel 1817, infine, anche la Spagna accetta di sopprimere la tratta entro tre anni.

Dal punto di vista pratico, l’entrata in vigore dello Slave Trade Act impone multe salate ai capitani che continuano a commerciare schiavi: ogni schiavo trovato su una nave impone una sanzione di cento sterline. Nel 1808 la Royal Navy istituisce il West Africa Squadron per controllare le coste occidentali dell’Africa: fino al 1860, saranno più di 150mila gli africani liberati, e circa 1600 le navi bloccate.

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Stefano Moraschini

Stefano Moraschini lavora sul web dal 1999. Ha fondato Biografieonline.it nel 2003. Legge e scrive su, per, in, tra e fra molti siti, soprattutto i suoi, tra cui questo. Quando non legge e non scrive, nuota, pedala e corre. È degustatore professionale e giudice internazionale di birre e formaggi. Copywriter e storyteller, aiuta le persone a posizionarsi sul web raccontando la loro storia. Puoi metterti in contatto con lui su Instagram, LinkedIn, Facebook.

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