Turandot: riassunto dell’opera di Puccini
Tra le opere liriche prodotte dal celebre compositore italiano Giacomo Puccini, Turandot è una delle più famose e conosciute dal pubblico. L’opera, lasciata incompiuta a causa della morte del suo autore, avvenuta il 29 novembre 1924, è stata completata da Franco Alfano, nel periodo che va dal 1925 al 1926.
E’ il 25 aprile 1926 quando al Teatro della Scala di Milano va in scena la prima rappresentazione assoluta della Turandot. Il direttore Arturo Toscanini, dopo aver pronunciato gli ultimi versi scritti da Giacomo Puccini, si ferma e avvisa il pubblico che l’opera termina lì dove il Maestro si era fermato prima di morire. La sera dopo, però, la rappresentazione viene eseguita per intero con il finale elaborato dal compositore Franco Alfano.
A proposito del finale, c’è chi ipotizza che Puccini l’abbia evitato non per incapacità dovuta all’incalzare della malattia, ma perché non riusciva ad interpretare la trasformazione della principessa Turandot che, da donna fredda e senza slanci, diventa infuocata e passionale a causa dell’amore che la pervade.
L’opera lirica è formata da tre atti e cinque quadri. Il soggetto di Turandot è ripreso da una fiaba teatrale del drammaturgo veneziano Carlo Gozzi. L’opera è composta su libretto di Renato Simoni e Giuseppe Adami.
Approfondimento
Turandot: trama e riassunto
La vicenda raccontata nell’opera si svolge in Cina nel mitico “tempo delle favole”, a Pechino. Protagonista del racconto è la principessa Turandot, una giovane molto bella ma solitaria e sfuggente, poiché in lei è ancora vivo il ricordo di una antenata violentata e poi uccisa.
Turandot odia gli uomini, e mai avrebbe voluto accompagnarsi ad un uomo per il resto della sua vita. L’imperatore Altoum (suo padre) ed il popolo di Pechino desiderano che lei convoli a nozze.
Così Turandot, stanca delle pressioni, decide di sposare soltanto quell’uomo che riuscirà a sciogliere tre enigmi che lei proporrà. In caso di fallimento, l’uomo è destinato a morire.
In molti ci provano senza alcun risultato, come per esempio il Principe di Persia. Tra gli altri presenti c’è anche un giovane principe tartaro spodestato, il cui nome è Calaf. Irretito dalla straordinaria bellezza della principessa Turandot, vuole provare a risolvere gli enigmi.
Invano cercano di farlo desistere: Calef è intenzionato a conquistare la bella e fredda principessa. Trovatosi davanti a lei, riesce a sciogliere gli enigmi, uno dopo l’altro. Turandot, spaventata, accetta la proposta di Calef: lei dovrà scoprire prima dell’alba il suo nome, se questo accade lui morirà. In caso contrario, dovrà accettare di sposarlo.
La principessa si mette disperatamente alla ricerca di tale informazione, mette sotto torchio i servitori per sapere il nome del giovane principe, ma non ci riesce. Sarà Calef a rivelare il suo nome a Turandot, dopo averla baciata appassionatamente. La bella principessa si lascia trasportare dalla passione, giunge dall’imperatore suo padre e annuncia ufficialmente al popolo il nome dello straniero che le ha rapito il cuore: si chiama “Amor”.
Considerazioni finali
Struggente e appassionata, l’ultima opera lirica di Giacomo Puccini esplora un mondo fantastico fatto di regni e principesse, dove l’amore trionfa su tutto e incorona il sogno dei due giovani protagonisti. Alcuni critici musicali ritengono che la difficoltà maggiore riscontrata dal maestro Puccini sia stato proprio l’epilogo amoroso tra Calef e Turandot, che però piace al pubblico ed è degno delle più belle favole d’amore di tutti i tempi.
Nessun dorma
Tra le arie più celebri dell’opera ricordiamo il Nessun dorma, una romanza (basata sull’alternanza tra strofa e ritornello) intonata dal personaggio (tenore) di Calaf all’inizio dell’atto III. A Pechino è notte: in totale solitudine il Principe ignoto attende l’arrivo del nuovo giorno, quando finalmente avrà la possibilità di conquistare l’amore di Turandot, la principessa di ghiaccio (Tramontate stelle, all’alba vincerò).