Picnic: etimologia, curiosità e arte

Ci sono parole che sono ormai state completamente adottate da noi italiani al punto da non aver mai avuto la spinta a crearne una traduzione nostrana. Fra queste c’è “picnic”.

Classico cesto da picnic con tovaglia bianca e rossa
Un classico cesto da picnic con altrettanto classica tovaglia bianca e rossa

Nel vocabolario italiano, e nel comune parlare in Italia, sono ormai tantissime le parole mutuate da altre lingue. Questo tema ci riporta spesso alla questione dei tanti nomi richiamati dal lessico di vicine nazioni per definire bene, ad esempio, le nuove tecnologie. I cosiddetti neologismi oramai imperversano nella nostra lingua, qualche volta andando a rimpiazzare termini che hanno fatto una lunga corsa nel tempo, altre volte rimodulando più lingue e slang ad uso e consumo soprattutto dei più giovani.

Ma torniamo alla parola oggetto di questo articolo.

Picnic: da dove deriva questa parola?

Ci sono due lingue che dobbiamo citare per definire l’origine delle parola picnic. La prima è ovviamente l’inglese di cui mantiene la forma e anche la pronuncia, così come viene adottata anche nel nostro Paese.

La seconda lingua che interviene è il francese.

L’equivalente francese, infatti, è pique-nique. Questa parola mette insieme il verbo piquer ovvero prendere, rubacchiare, spiluccare … con il sostantivo nique cioè piccola, cosa di poco valore.

Per cui, otteniamo l’azione di prendere in piccola quantità, spiluccare qualcosa di povero.

Come si scrive

Il modo corretto di scriverlo è picnic, tutto attaccato senza spazi, in una unica parola. A volte lo si trova scritto anche con il trattino: pic-nic. Tuttavia è più corretto scrivere picnic.

Da quanto tempo facciamo picnic?

400 anni di pasti en plein air

Il termine picnic è nell’uso corrente della lingua da moltissimo tempo.

È, infatti, del 1748 l’edizione dello stimato Oxford English Dictionary in cui appare per la prima volta questo termine. Su questo illustre dizionario appare la definizione così come la conosciamo. La stessa che oggi possiamo leggere sull’altrettanta istituzionale Treccani.

Treccani, infatti, definisce pic nic la

“colazione, merenda fatta all’aperto, durante una gita”

aggiungendo nella riga successiva un’altra caratteristica di questo termine, quella cioè, per traslato, di indicare la gita stessa, l’atto cioè di andare all’aperto a consumare un pasto.

Picnic nell’arte: alcuni casi

Se pensiamo al picnic nell’arte pensiamo subito alle varie interpretazioni della colazione sull’erba. Quello della Colazione sull’erba, infatti, possiamo dire nel tempo sia divenuto una sorta di topos (o luogo comune) dell’arte in cui si sono espressi bene gli esponenti dell’Impressionismo e del Realismo di metà Ottocento, e non solo.

Da citare è senz’altro Le déjeuner sur l’herbe di Edouard Manet del 1863, una tela che venne fortemente rifiutata dalla società del tempo per lo scandalo che rappresentava. E questo non tanto per la donna completamente nuda opposta ai due uomini completamente vestiti, in abiti borghesi, quanto più per il realismo del corpo nudo gettato alla vista di tutti.

Manet

Manet - Colazione sull'erba (Le déjeuner sur l'herbe, 1862-1863)
Manet – Colazione sull’erba (Le déjeuner sur l’herbe, 1862-1863)

Un atto che Manet compie a 300 anni di distanza da chi ne aveva fatto un proprio timbro stilistico come Tiziano nel suo “Concerto campestre” che pare Manet desiderasse rileggere con la sua opera.

Tiziano o Giorgione

Concerto Campestre (1510 circa). Il dipinto è conservato presso il Louvre. L’opera è attribuita a Tiziano Vecellio, ma potrebbe anche essere del Giorgione

Due anni dopo quella di Manet venne alla luce un’altra celebre colazione, ovvero quella di Claude Monet, fondatore di quello che sarà il movimento degli impressionisti.

Monet

Claude Monet, Colazione sull'erba, 1866
Claude Monet, Colazione sull’erba, 1866

La tela è legata ad una bizzarra curiosità. Il dipinto, oggi conservato al Museo d’Orsay di Parigi, fu data dal pittore al padrone di casa in cambio della quota d’affitto.

Questi pare la conservò senza tanta cura al punto che quando Monet riuscì a riscattarla per esporla, dovette tagliarne una parte (che non conosceremo mai) ormai terribilmente compromessa dalla muffa.

Altri

Si espressero nella rappresentazione pittorica di questa scena di vita, infine, anche molti altri artisti da Renoir (La colazione dei canottieri, 1880-1881) e Cézanne, impressionista e post impressionista. Fino a Picasso, che diede al pubblico la sua versione circa un secolo dopo colui che lo aveva ispirato, ovvero Manet.

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Maria Cristina Costanza

Maria Cristina Costanza è nata a Catania il 28 gennaio 1984. Lascia la Sicilia a 18 anni per trasferirsi a Roma, dove si laurea in Comunicazione a La Sapienza. Sin da studentessa si orienta verso il giornalismo culturale collaborando con settimanali on line, webzine e webtv, prima a Roma poi a Perugia e Orvieto, dove vive attualmente. Dal 2015 è giornalista pubblicista. Col giornalismo, coltiva la sua 'altra' passione: la danza. Forte di quasi 20 anni di studio fra Catania, Roma, Perugia e New York oggi è insegnante di danza contemporanea e classica a Orvieto.

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