Pallade Atena, opera di Klimt: analisi e significato

Pallade Atena” di Gustav Klimt è un dipinto del 1898, olio su tela, di centimetri 75 x 75 centimetri, conservato presso l’Historisches Museum der Stadt  di Vienna. Il dipinto venne esposto alla seconda mostra di Secessione. E scatenò un putiferio.

Pallade Atena
Pallade Atena (Klimt, “Pallas Athene”, 1898)

Il volto di Medusa che orna l’egida venne deriso dai viennesi, tanto che lo ribattezzarono “la smorfia”.

Tale critica trovò l’opposizione di Ludwig Hevesi (giornalista, scrittore e critico d’arte ungherese) il quale elogiò l’opera, dichiarando:

“…quanto è bella!… la striscia color oro, tagliando il pallore della carnagione è una soluzione artistica notevole… Klimt… ha creato la sua Pallas chiaramente pensando alla donna tipica della Secessione. O almeno immaginando una dea o demonessa secessionista…”.

Hevesi sottolineò che si trattava di una riproduzione fedelmente archeologica, presa da esempi reali.

Pallade Atena: analisi del quadro

Pallade Atena” rappresenta il busto frontale della omonima divinità, che indossa un elmo con paranaso, un’armatura a scaglie che raffigura il volto della gorgone Medusa, celebre protagonista nel mito di Perseo. La divinità è rappresentata mentre regge la lancia con la mano sinistra e una piccola Nike con l’altra mano.

I colori utilizzati variano dall’oro dell’armatura, sfumata anche di viola e azzurro, allo sfondo dai toni scuri; il contrasto cromatico tra il volto pallido e l’elmo, che viene scurito da chiazze d’ombra, è fine. Occhi grigi e fissi quelli della dea raffigurata da Klimt. Non è una novità, nelle donne raffigurate da Klimt, soprattutto quelle dalla Secessione in poi: sguardo gelido, malizioso, ammiccante e penetrante, ribelle. Donne che mostrano aria di sicurezza e di sfida, a volte nei confronti dello spettatore.

Così è la figura della dea nata dal cervello di Zeus, quale simbolo del pensiero razionale e della saggezza divina, scelta per questo motivo come nume tutelare da parecchi artisti.

LEGGI ANCHE  Ritratti di Tiziano

Tanto che già nel 1893 Franz von Stuck (pittore simbolista-espressionista, scultore, illustratore e architetto tedesco) si era ispirato a lei, utilizzandola come emblema della prima fra le Secessioni di fine secolo, quella appunto di Monaco di Baviera. Come pure ispirò un altro simbolista, ammirato da Klimt, il belga Fernand Khnopff.

Il pittore viennese ne accentua però la componente demoniaca, facendo il ritratto della propria eroina raffigurandola con uno sguardo glaciale, imperioso. Costituisce un elemento nuovo la figura di donna che Atena solleva nella sua mano destra. A questo si deve aggiungere la cornice metallica, che lo stesso Gustav Klimt aveva disegnato, diventata parte integrante dell’opera; essa fu realizzata dal fratello Georg Klimt.

L’evoluzione delle donne di Klimt

È proprio a Vienna sotto la guida di Gustav Klimt – allora era già un pittore affermato – che prende le mosse la Secessione, nel 1897, formata da un gruppo di artisti insoddisfatti che si separarono dall’associazione Künstlerhaus. In questo clima, Klimt riuscì ad esprimersi al meglio, elaborando una personalissima sintesi tra la cultura simbolista e l’Art Nouveau. Ne risultò una pittura con elementi decorativi astratti, che si intrecciavano ad elementi naturalistici.

È in questo contesto che nascono appunto le donne di Klimt, diverse dalle precedenti sia nella forma sia nella tecnica pittorica, fatta adesso di pennellate franche e colori vibranti, chiari e molli, su preparazioni che sono spesso azzurro-verdastre, labbra rosse, capelli infuocati o neri. Il tutto poi è ornato di oro e gemme che ne conferiscono la natura preziosa e le rendono consapevoli della loro bellezza suscitando un potere di seduzione. Insomma, “Pallade Atena” viene dipinta per la prima volta non come una statua, ma come donna in carne e ossa.

Ci siamo impegnati per scrivere questo articolo. Speriamo ti sia piaciuto. Se ti è stato utile, lascia un messaggio in fondo.

Avatar photo

Serena Marotta

Serena Marotta è nata a Palermo il 25 marzo 1976. "Ciao, Ibtisam! Il caso Ilaria Alpi" è il suo primo libro. È giornalista pubblicista, laureata in Giornalismo. Ha collaborato con il Giornale di Sicilia e con La Repubblica, ha curato vari uffici stampa, tra cui quello di una casa editrice, di due associazioni, una di salute e l'altra di musica, scrive per diversi quotidiani online ed è direttore responsabile del giornale online radiooff.org. Appassionata di canto e di fotografia, è innamorata della sua città: Palermo.

Speriamo questo articolo ti sia servito. Noi ci siamo impegnati. Lascia un commento, per favore: