La maledizione di Didone
L’episodio della maledizione di Didone è uno dei più conosciuti dell’Eneide di Virgilio. Esso è contenuto nel libro IV, in cui viene descritta tutta la storia d’amore tra la regina di Cartagine Didone e l’eroe troiano Enea, il principale tra i personaggi dell’Eneide.
Approfondimento
Riassunto
Dopo sette lunghi anni di continuo vagare nel mar Mediterraneo, Enea e i suoi compagni approdano lungo le coste dell’Africa dove vengono accolti dalla regina che sta costruendo una bellissima città, Cartagine.
Durante un banchetto in suo onore, Enea racconta tutta la storia degli ultimi anni della sua vita, dalla caduta della città di Troia grazie all’inganno del cavallo, passando per le peregrinazioni lungo il Mediterraneo e la morte del padre Anchise, in Italia.
Terminato il suo lungo racconto, Enea rimane ospite della regina Didone, che si innamora follemente di lui.
Purtroppo però Giove invia il suo messaggero Mercurio da Enea; la sua missione è quella di imporgli di lasciare Cartagine e partire alla volta dell’Italia per adempiere al suo dovere: deve ubbidire al proprio destino di diventare il fondatore di una nuova stirpe lungo le coste del Lazio.
Enea, a malincuore, è costretto a partire. Essendo inoltre molto legato alle sue origini e al volere degli dei, non riesce a disubbidire.
Didone, quando si accorge che le navi dei Troiani si stanno ormai allontanando e che quindi l’eroe l’ha abbandonata, scaglia contro Enea una terribile maledizione.
La maledizione
La maledizione di Didone consiste che i discendenti del suo popolo e quelli del popolo troiano siano nemici irriducibili per sempre.
Dopo aver pronunciato tale condanna, la regina si uccide con la spada che proprio Enea le aveva regalato, gettandosi al di sopra di essa.
Eneide: la parafrasi dei versi 737-765 (la maledizione di Didone)
«O Sole, che illumini con i tuoi raggi tutto ciò che c’è nel mondo,
e tu Giunone che sei colpevole e complice di queste sofferenze,
e tu Ecate (divinità infernale) chiamata da lunghe grida durante la notte nelle strade della città,
e voi Furie vendicatrici (altre divinità infernali),
e voi Dei protettori della Didone morente,
ascoltate ed esaudite le mie preghiere,
rivolgendo ai Troiani la vostra potenza.
Se è scritto dal destino che Enea (infame) tocchi le sponde del Lazio e arrivi in porto,
se Giove vuole questo, se il suo destino è questo:
oh almeno sia contrastato durante i conflitti dalle armi di guerrieri valorosi e,
cacciato dal paese, strappato dalle braccia del figlio, implori aiuto
e veda la morte indegna dei suoi uomini
e, dopo aver firmato un trattato di pace ingiusto,
non si goda il regno né la luce del giorno
ma muoia ancora giovane
e il suo corpo resti insepolto sulla sabbia!
Questo prego, pronuncio queste ultime parole col sangue.
E infine voi, miei Cartaginesi, perseguitate la sua stirpe,
tutta la sua futura discendenza con un odio che non si estinguerà mai:
offrite questo dono alle mie ceneri.
Non ci sia mai nessun amore tra i nostri due popoli, neanche nessun patto.
Ah, sorgerà, sorgerà un vendicatore tra la mia gente (Annibale),
chiunque egli sia, e perseguiti per sempre e in futuro i coloni troiani!
Io maledico, e prego che le coste siano nemiche alle coste,
i mari ai mari e le armi alle armi:
combatteranno i nostri nipoti contro i loro».
Spiegazione
Didone, nell’atto finale prima di scegliere il suicidio, lancia una maledizione non solo all’uomo che la sta abbandonando, ma a tutta la sua stirpe.
Ciò che lei dice si avvererà. Enea infatti:
- lotterà a lungo contro i Rutuli;
- si separerà dal figlio Iulo;
- morirà tre anni dopo la vittoria finale, annegando nel fiume Numico.
Infine, i popoli Romani e Cartaginesi saranno a lungo nemici, lottando tra loro per conquistare l’egemonia nel Mar Mediterraneo.
Chi è Didone: breve analisi del personaggio
Didone è una donna ferita e rappresenta la concezione tragica dell’amore. Suo padre era morto molto presto e lei era rimasta vedova ancora giovane del marito Sicheo, assassinato da suo fratello. Si era così ritrovata sola.
Quando finalmente aveva riconquistato fiducia e stava costruendo una patria, ecco arrivare Enea, come lei vedovo e senza patria.
Didone si abbandona alla passione, credendo di poter costruire qualcosa con lui. Ma ancora una volta è costretta a fare i conti col destino e con la solitudine. Sceglie così una via coraggiosa, quella del suicidio, pur di restare fedele ai suoi ideali.
Virgilio rappresenta la regina con grande dignità e rende il lettore partecipe del suo dolore. La tragicità del suo gesto finale rende immortale il personaggio della regina cartaginese Didone.