Il naufragio dell’Andrea Doria

La Turbonave Andrea Doria può essere considerata il “Titanic” italiano, è una imbarcazione che ha rappresentato il fiore all’occhiello della Marina Italiana negli anni Cinquanta, spiccando tra le altre navi dell’epoca per eleganza e maestosità.

Il naufragio dell'Andrea Doria
Il naufragio dell’Andrea Doria

Alle ore 23.10 del 26 luglio 1956, mentre si trova nei pressi dell’Isola di Naunticket (nell’Oceano Atlantico) procedendo verso gli Stati Uniti, la nave “Andrea Doria” entra in collisione con l’imbarcazione svedese “Stockholm”, che la sperona violentemente, conficcandole l’intera prua nella fiancata. Lo squarcio profondo porta la nave ad inabissarsi rapidamente, senza avere il tempo di intervenire in qualche modo.

Pare che, al momento della collisione, si svolgesse una festa nel grande salone della nave, e gli invitati sono in attesa di vedere le foto scattate per l’occasione dal fotografo, un certo Italo Jacy Rainato di cinquantadue anni.

Questi, insieme al suo aiutante, corre sul Ponte di comando appena avverte un forte fremito che scuote la cabina e fa precipitare a terra gli acidi utilizzati per lo sviluppo delle fotografie.

Nel tragitto si odono delle grida, una donna porta in braccio i suoi bambini correndo alla ricerca della salvezza. “La nave sta affondando”, dice con il terrore impresso negli occhi. Passano alcuni minuti e tra le persone presenti a bordo si diffonde il panico.

Pur essendoci scialuppe a bordo, i piani di evacuazione dell’epoca non sono ancora in grado di assicurare che tutti possano uscire indenni dalla tragedia.

D’altronde, solo i moderni sistemi di addestramento e informazione consentono alle persone presenti sulla nave di attuare corrette manovre di salvataggio per evitare il peggio. Nonostante tutto, ci sono ancora dei casi (vedi il recente episodio della Costa Concordia) in cui il disastro in mare è purtroppo inevitabile.

Alcune scene sono davvero raccapriccianti: una donna rimane incastrata tra le lamiere della fiancata della nave speronata e suo marito gli è vicino sino alla fine, non riuscendo a salvarle la vita. Nel frattempo vengono calate le scialuppe, e nella concitazione dei soccorsi, mentre il padre sta per trasportarla con sé sulla scialuppa, una bimba sbatte forte la testa e muore.

Le operazioni di evacuazione durano circa tre ore: tutti i membri dell’equipaggio si danno fare per salvare più persone possibili prima che la nave coli a picco. Il bilancio è pesante: i morti sull’Andrea Doria sono cinquantadue, mentre il numero complessivo dei passeggeri è di 1.706.

L’ultima superstite della tragedia è una ragazza che viene ritrovata il giorno dopo, in evidente stato di shock: il suo nome è Linda Morgan, e sua sorella perde la vita durante l’impatto. Una delle ultime persone a lasciare la nave prima che affondi definitivamente è proprio il fotografo, che scende dall’imbarcazione verso le 3.15 del mattino.

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I due comandanti, Calamai e Magagnini, accettano di abbandonare l’Andrea Doria solo all’alba, insieme ad alcuni marinai. Per fortuna i soccorsi sono tempestivi: la nave Ille de France, accorsa subito, porta via i superstiti, così come la William Thomas, che offre soccorso e assistenza a chi si è salvato dalla tragedia.

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Qualche giorno dopo il terribile naufragio novanta passeggeri denunciano l’equipaggio per la disorganizzazione nei soccorsi, mentre un libro svedese rivela che l’Andrea Doria aveva un difetto strutturale. Nonostante le ragioni del disastro siano più di una, è chiaro che si tratta di una sciagura non poteva essere prevista, quindi il cordoglio per le vittime innocenti è molto forte e sentito dall’opinione pubblica.

Oggi la nave giace sepolta nel fondo del mare, come tanti relitti che non sono più stati riportati alla luce. Quanto alla sicurezza della nave, sul quale argomento si parlò moltissimo, pare che fosse l’imbarcazione all’epoca più sicura dell’intera Marina Italiana, dotata di un doppio scafo e di un sistema radar molto avanzato per quei tempi.

Dell’imbarcazione svedese muoiono invece cinque membri dell’equipaggio, durante il momento dell’impatto. Dopo mesi e mesi di indagini sull’accaduto, il processo a carico degli ufficiali delle due navi si concluse con una conciliazione al di fuori delle aule di tribunale, nella quale entrambe le compagnie armatrici si impegnarono a pagare i danni arrecati e a risarcire le vittime.

Naturalmente le due versioni (quella svedese e la nostra, italiana) riportavano parecchie divergenze. Secondo la versione italiana, avvalorata da numerose testimonianze, la nebbia fitta è da ritenersi la causa principale del naufragio.

Le prime immagini del relitto della nave sul fondale marino sono state fornite da Peter Gimbel, il giorno dopo l’affondamento. Nel 1968, a distanza di un bel po’ di tempo, viene organizzata una spedizione di subacquei italiani, guidata da Bruno Vailati, che coordinò le operazioni di recupero di alcuni oggetti preziosi inghiottiti dal mare.

La vicenda dell’Andrea Doria è il tema di un documentario girato dal regista Fabio Tondelli, intitolato “L’affondamento dell’Andrea Doria: la verità tradita”, che ricostruisce in maniera approfondita i momenti della collisione e le conseguenze anche economiche del disastro.

Secondo le testimonianze raccolte, a bordo dell’Andrea Doria, al momento dell’impatto con la nave svedese, vi erano personaggi famosi, come l’attrice americana Betsy Drake, moglie di Cary Grant.

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Cristiana Lenoci

Cristiana Lenoci è laureata in Giurisprudenza e specializzata nel campo della mediazione civile. La sua grande passione è la scrittura. Ha maturato una discreta esperienza sul web e collabora per diversi siti. Ha anche frequentato un Master biennale in Giornalismo presso l'Università di Bari e l'Ordine dei Giornalisti di Puglia.

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