Centellinare il vino: cosa significa e da dove proviene questo modo di dire

Centellinare il vino è una espressione di uso comune. La utilizziamo cioè molto spesso, all’interno e all’esterno del contesto stretto a cui questa appartiene, legando questa forma verbale – centellinare – all’azione del bere e non. Centellinare il vino, insomma, è solo una delle tante immagini a cui possiamo legare questo antico verbo.

centellinare il vino, sorseggiare, degustare

Centellinare, sorso dopo sorso

Il cuore di questa espressione di uso comune sta proprio nella forma verbale ‘centellinare’. Questa azione, in particolare, fa riferimento a livello etimologico alla parola ‘centello‘ o ‘centellino‘, termini arcaici, ormai desueti, che addirittura si fanno risalire alla metà dell’Ottocento. Essi significano ‘sorso‘ o ‘sorsetto‘.

L’espressione figurata più immediata, per questo, è quella del centellinare un liquido, ingerendolo: centellinare il vino, l’acqua o altro, nell’atto cioè di bere. La connotazione qualitativa, infine, di questa azione è positiva: centellinare significa cioè gustare, assaporare, porzionare per meglio godere.

Uno spunto dalla lingua inglese

Se si ricerca il verbo centellinare legandolo a una bevanda, il dizionario inglese ci offre in risultato l’infinito to sip. Termine che più comunemente possiamo tradurre con il verbo sorseggiare: sempre nella stessa sfera di significato, come detto.

Tuttavia addentrandosi nella ricerca, si incorre nel termine censurable ovvero censurabile. Due termini che in un primo momento sembrano molto distanti, ma non lo sono.

Il centellinare condivide con il censurare l’atto generale del tagliare e separare: nel primo caso per sciogliere, distinguere e quindi passare in rassegna le parti; nel secondo per selezionare e filtrare quanto si vuole salvare da quanto invece si finirà per gettare via.

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Fino al senso traslato … viver centellinando

L’idea dell’uomo capace di centellinare il vino, come anche le pagine di un libro che sta leggendo, l’assaggio di un cibo che sta gustando o un qualunque contenuto che sta assaporando, restituisce inequivocabilmente l’immagine di chi sa apprezzare le cose al punto da farne cento parti per assaggiarne una alla volta.

Si legano, perciò, a questa espressione di uso comune, se vogliamo, la filosofia della lentezza, della scoperta dei ritmi pacati oramai perduti e a cui oggi spesso si invita a tornare.

Dalle tanto diffuse filosofie di matrice orientale che ci invitano a vivere qui ed ora, al culto del benessere a tavola, dalla spesa fatta con calma nella piccola bottega sotto casa alla pratica dell’uso moderato delle cose, sfuggendo all’affanno del consumo veloce, ripetuto e privo di riflessione.

Azioni, tutte queste, che vogliono condurre alla riscoperta del vivere di senso, per andare oltre il semplice fare quotidiano, alla scoperta di un prezioso ‘in più’. Come scrisse Confucio:

Non c’è uomo che non possa bere o mangiare, ma sono in pochi in grado di capire che cosa abbia sapore.

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Maria Cristina Costanza

Maria Cristina Costanza è nata a Catania il 28 gennaio 1984. Lascia la Sicilia a 18 anni per trasferirsi a Roma, dove si laurea in Comunicazione a La Sapienza. Sin da studentessa si orienta verso il giornalismo culturale collaborando con settimanali on line, webzine e webtv, prima a Roma poi a Perugia e Orvieto, dove vive attualmente. Dal 2015 è giornalista pubblicista. Col giornalismo, coltiva la sua 'altra' passione: la danza. Forte di quasi 20 anni di studio fra Catania, Roma, Perugia e New York oggi è insegnante di danza contemporanea e classica a Orvieto.

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