I fiumi, poesia di Ungaretti: parafrasi e commento
La lirica “I fiumi” è uno dei testi più importanti della raccolta Allegria e anche dell’intera opera di Giuseppe Ungaretti perché si tratta di una sorta di autobiografia in versi che il poeta ci ha regalato. Allegria venne pubblicata per la prima volta nel 1931 come edizione definitiva di tutte le poesie precedenti, riunite prima in Porto sepolto (1916) e poi Allegria di naufragi (1919) .
La lirica in esame è la più lunga dell’intera raccolta e, come si desume dal titolo che ha sempre grande importanza per Ungaretti, descrive i fiumi che più hanno significato nel corso della sua vita. In sé raccoglie tutti i temi e i luoghi presenti nella raccolta Allegria: il paesaggio assolato dell’Egitto, il Carso dove il poeta combatté come soldato di trincea la Prima Guerra Mondiale, la città di Parigi dove visse per una parte della sua vita.
Lo spunto per la scrittura della lirica “I fiumi” nasce con l’immersione del poeta nelle acque del fiume Isonzo, che si trova nel Carso, che lo spinge a ricordare tutti gli altri fiumi che hanno segnato la sua esperienza di vita: il Serchio (fiume della Toscana dove sono cresciuti i genitori del poeta), il Nilo (fiume di Alessandria d’Egitto dove è cresciuto il poeta) e la Senna (fiume di Parigi dove il poeta ha vissuto e studiato) .
Testo della poesia “I fiumi“
Mi tengo a quest’albero mutilato
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna
Stamani mi sono disteso
In un’urna d’acqua
E come una reliquia
Ho riposato
L’Isonzo scorrendo
Mi levigava
Come un suo sasso
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato
Come un acrobata
Sull’acqua
Mi sono accoccolato
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il sole
Questo è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universo
Il mio supplizio
È quando
Non mi credo
In armonia
Ma quelle occulte
Mani
Che m’intridono
Mi regalano
La rara
Felicità
Ho ripassato
Le epoche
Della mia vita
Questi sono
I miei fiumi
Questo è il Serchio
Al quale hanno attinto
Duemil’anni forse
Di gente mia campagnola
E mio padre e mia madre.
Questo è il Nilo
Che mi ha visto
Nascere e crescere
E ardere d’inconsapevolezza
Nelle distese pianure
Questa è la Senna
E in quel suo torbido
Mi sono rimescolato
E mi sono conosciuto
Questi sono i miei fiumi
Contati nell’Isonzo
Questa è la mia nostalgia
Che in ognuno
Mi traspare
Ora ch’è notte
Che la mia vita mi pare
Una corolla
Di tenebre.
Analisi, parafrasi e commento
La poesia è composta da 69 versi liberi prevalentemente brevi, divisi in strofette irregolari di pochi versi. Può essere articolata in tre momenti:
- v. 1-26 nei quali il poeta racconta l’esperienza del bagno nell’Isonzo, che lo spinge sia a ricordare sia a purificarsi. L’acqua infatti ha il ruolo di purificatrice, diventa quasi una fonte battesimale (il poeta viene paragonato a Gesù che cammina sulle acque) ed è il simbolo della vita.
- La seconda parte (v. 27-41) racchiude le sensazioni di benessere del poeta mentre si immerge, che gli regalano un senso di armonia con l’universo.
- L’ ultima parte va dal verso 42 al 69: il poeta descrive gli altri fiumi importanti della sua vita che gli vengono in mente, proprio grazie all’immersione nell’Isonzo. Nell’ultima strofa l’immagine floreale usata per descrivere la corolla di tenebre, si collega perfettamente all’immagine lunare della prima strofa.
L’acqua assume quindi un significato importante: aiuta il poeta a sentirsi puro e in armonia con la natura, nonostante la guerra che imperversa intorno.
Attraverso il passaggio nelle acque del fiume, il poeta riconosce la propria identità di docile fibra dell’universo ed è proprio questa l’armonia di cui ha bisogno in un momento così difficile come quello della guerra. Egli prende coscienza di sé stesso e chiarisce in questa lirica il suo percorso autobiografico.