Fascismo: la crescita del consenso e la nascita dell’impero

Nessuna forma di governo può durare a lungo senza una buona dose di consenso e Mussolini fu molto abile nel corso degli anni ad acquistarne tanto. Il regime fascista fu uno dei primi ad utilizzare intensivamente tutti i mezzi di comunicazione che erano presenti in quel momento e questi, difatti, furono soggetti a forme di inibizione: tutta la stampa ricevette delle istruzioni su ciò che si poteva e non poteva scrivere.

Balilla e piccole italiane - Fascismo - Regime fascista
Durante il regime fascista i giovani ragazzi e le giovani ragazze indossavano a scuola specifiche divise: i primi venivano chiamati balilla; le seconde venivano chiamate piccole italiane.

La ricerca dei consensi

Anche il mondo accademico subì quest’influenza: gli intellettuali, per la maggioranza, aderirono al regime fascista; su tutti personaggi come Pirandello e Marinetti, i quali diedero molto al fascismo, credendo realmente in esso. Per il popolo si organizzarono delle cerimonie con gagliardetti e bande musicali, alle quali molti partecipavano indossando le stesse divise; i bambini, il sabato mattina, si dividevano in gruppi – i giovani ‘balilla’ per il sesso maschile e le ‘piccole italiane’ per il sesso femminile – al fine di essere tutti pronti per le adunate pomeridiane del cosiddetto sabato fascista.

Nel 1929, firmando i Patti Lateranensi con la Chiesa, il duce compì un altro grande passo in avanti per il consenso, in quanto sancì, in pochissime parole, la pace tra Stato e Chiesa. Gran parte della retorica si manifestava intorno al mito di Roma antica, poiché ai fascisti piaceva apparire come gli antichi romani: essi costituivano un riferimento obbligato, benché non del tutto appropriato, perché fra i due periodi vi furono tantissimi anni di distanza e le società si erano del tutto evolute, ma Mussolini voleva dimostrare che l’Italia fascista era la diretta erede di Roma.

Le origini dei nomi “Duce” e “Littoria”

La parola “duce” derivava dal latino dux, il fascio littorio, simbolo del fascismo; fu nella Roma antica il simbolo del potere, tutto si rifaceva attorno l’aggettivo “littorio”. La città fondata da Mussolini, l’odierna Latina, fu chiamata Littoria, le gare universitarie erano denominate littoriali, le auto-motrici costruite dalla FIAT, furono chiamate Littorine; altre analogie riguardavano il saluto, manifestato non più con una stretta di mano, ma tendendo il braccio destro, come il saluto romano; i militari marciavano con il passo romano, i bambini delle scuole elementari venivano inquadrati tra le file dei ‘Figli della Lupa’, in quanto la leggenda di Romolo e Remo narrava che furono allattati da una lupa.

Propaganda fascista - Terza pagina del giornale Popolo di Romagna - 15 gennaio 1938
Propaganda fascista: Terza pagina del giornale Il Popolo di Romagna  (15 gennaio 1938)

La propaganda del regime fascista: Cinecittà e lo sport

La propaganda si allargò anche con alcune trasmissioni radiofoniche, con la nascita di Cinecittà (nel 1936) e dell’istituto Luce, che proiettò filmati che ponevano al centro di tutto il duce e i suoi messaggi. Il fascismo, inoltre, fu molto prolifico nell’ambito sportivo: gli atleti e sportivi italiani erano ben preparati nell’affrontare le manifestazioni mondiali, sia nelle categorie maschili che in quelle femminili, ben figurando alle olimpiadi tedesche di Berlino nel 1936.

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Importanti successi furono le due coppe del mondo conquistate dalla nazionale di calcio nel 1934 e 1938 (sotto la guida di Vittorio Pozzo), nonché l’impresa, nel giugno del 1933, di Primo Carnera, primo campione del mondo dei pesi massimi di boxe “italiano”.

All’interno di questo quadro politico e sociale, la condizione degli oppositori del regime fascista non fu affatto felice: gli antifascisti venivano allontanati con grosse limitazioni, venivano mandati al confine di polizia. Possiamo dunque dire che il che il regime fascista mussoliniano fu autoritario e repressivo, ma non ebbe niente a che vedere con i regimi hitleriano e sovietico, che uccisero milioni di persone.

La campagna militare in Etiopia

Rifacendosi, dunque, agli albori dell’impero romano e mosso anche dalla volontà di non rimanere indietro rispetto alle nazioni europee più sviluppate, Mussolini decise di allargare il colonialismo italiano, che già in passato aveva dato come frutto il controllo della Libia, la Somalia e parte dell’Eritrea. Si decise quindi di estendere l’influenza italiana in Etiopia (chiamata Abissinia dal regime), rimasta uno stato indipendente, governato dall’imperatore e dai governatori locali, i ras. La campagna militare iniziò nell’ottobre del 1934, quando ci fu uno scontro a fuoco fra l’Etiopia e la Somalia italiana, a Ual Ual, teatro di un attacco a sorpresa delle milizie etiopiche.

Mussolini rimase molto infastidito e, spinto dalla voglia di aumentare il proprio consenso in Italia e nel mondo, spiegò nel dicembre 1934 al maresciallo Badoglio che quest’atto si poteva e doveva risolvere solo con l’intervento delle armi. Fu così che, dopo quasi un anno, nell’ottobre del 1935 ci fu la chiamata alle armi.

Gli inglesi fecero di tutto per impedire a Mussolini l’invasione perché temevano che quel conflitto avrebbe potuto farne scaturire degli altri: quindi proposero al duce degli scambi e delle offerte che vennero, però, rifiutate. Secondo Indro Montanelli questo era il ‘secondo Mussolini’. Proprio in questi anni accadde in lui ciò che capitava a chi avesse avuto per troppo tempo un potere così assoluto: perse il senso della realtà, diventando quello che Bottai definiva “il monumento di se stesso”.

Ascari
Ascari

La Società delle Nazioni fu contro l’intervento in Africa: 52 stati furono contro l’Italia, ma il 3 ottobre 1935 le truppe italiane invasero l’Etiopia. Ad esse si unirono gli Ascari, gruppo di etiopi che risultarono essere molto utili al fine della vittoria poiché, a detta di molti, erano più preparati dei soldati italiani. Il 3 maggio 1936 il Negus (re etiope) abbandonò l’Etiopia; il 5 maggio gli italiani conquistarono Addis Abeba, la notizia si diffuse e arrivò in Italia verso il tramonto. Mussolini si preparò ad un solenne discorso alla folla che si accalcò in piazza Venezia, ove il Duce annunciò che l’Italia aveva il suo Impero.

La Guerra d’Etiopia risultò essere il punto di arrivo del fascismo ma, allo stesso tempo, questo successo dimostrò presto il proprio carattere fallimentare sia dal punto di vista economico e militare.

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Alessio Bellè

Alessio Bellè, 24 anni, vive per il momento a Lecce, studia ed è appassionato di storia, arte e letteratura; affascinato dalle interpretazioni di Indro Montanelli, Mario Cervi e Piero Melograni. S'affaccia sui portali online per la prima volta.

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