Al cor gentil rempaira sempre amore: parafrasi, analisi e commento

La lirica “Al cor gentil rempaira sempre amore” è considerata il manifesto dello Stilnovismo. Essa è una delle più celebri tra le cinque rimaste di Guido Guinizzelli (Bologna, 1235 – Monselice, 1276). L’autore venne definito da Dante Alighieri nel XXVI canto del Purgatorio (vv. 97-99) “Il padre mio e de li altri miei miglior che mai rime d’amor usar dolci e leggiadre”. Dante considera Guinizzelli come il capostipite dello Stilnovismo, il movimento poetico che nacque nella seconda metà del Duecento. Lo Stilnovismo riuniva intorno a sé un pubblico colto che considerava l’amore nella sua visione più nobile.

Dante inserì nel XXVI canto del Purgatorio la figura di Guido Guinizzelli, autore della lirica "Al cor gentil rempaira sempre amore"
Dante inserì nel XXVI canto del Purgatorio la figura di Guido Guinizzelli, autore della lirica “Al cor gentil rempaira sempre amore”

Di Guido Guinizzelli sappiamo che era impegnato nella vita politica e apparteneva al partito dei ghibellini. Della sua produzione sono rimaste solo cinque canzoni, tra cui quella in esame – Al cor gentil rempaira sempre amore – che è certamente la più importante, oltre a una ventina di sonetti. Tra le sue liriche non manca la visione di un amore tormentato, la visione stilnovistica che inquadrava l’amore come un’elevazione dell’animo umano, e soprattutto una nuova concezione di nobiltà, legata non al sangue ma alla virtù individuale.

Queste sono tutte le tematiche che si ritrovano all’interno della canzone in esame, che è diventata il manifesto della nuova poetica stilnovistica, introducendo argomenti che saranno poi ripresi da Dante e dagli altri autori.

La canzone è formata da sei stanze di dieci versi ciascuna (endecasillabi e settenari) con schema metrico:

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Al cor gentil rempaira sempre amore

Al cor gentil rempaira sempre amore
come l’ausello in selva a la verdura;
né fe’ amor anti che gentil core,
né gentil core anti ch’amor, natura:
ch’adesso con’ fu ‘l sole,
sì tosto lo splendore fu lucente,
né fu davanti ‘l sole;
e prende amore in gentilezza loco
così propïamente
come calore in clarità di foco.

Foco d’amore in gentil cor s’aprende
come vertute in petra prezïosa,
che da la stella valor no i discende
anti che ‘l sol la faccia gentil cosa;
poi che n’ha tratto fòre
per sua forza lo sol ciò che li è vile,
stella li dà valore:
così lo cor ch’è fatto da natura
asletto, pur, gentile,
donna a guisa di stella lo ‘nnamora.

Amor per tal ragion sta ‘n cor gentile
per qual lo foco in cima del doplero:
splendeli al su’ diletto, clar, sottile;
no li stari’ altra guisa, tant’è fero.
Così prava natura
recontra amor come fa l’aigua il foco
caldo, per la freddura.
Amore in gentil cor prende rivera
per suo consimel loco
com’adamàs del ferro in la minera.

Fere lo sol lo fango tutto ‘l giorno:
vile reman, né ‘l sol perde calore;
dis’omo alter: “Gentil per sclatta torno”;
lui semblo al fango, al sol gentil valore:
ché non dé dar om fé
che gentilezza sia fòr di coraggio
in degnità d’ere’
sed a vertute non ha gentil core,
com’aigua porta raggio
e ‘l ciel riten le stelle e lo splendore.

Splende ‘n la ‘ntelligenzïa del cielo
Deo crïator più che [‘n] nostr’occhi ‘l sole:
ella intende suo fattor oltra ‘l cielo,
e ‘l ciel volgiando, a Lui obedir tole;
e con’ segue, al primero,
del giusto Deo beato compimento,
così dar dovria, al vero,
la bella donna, poi che [‘n] gli occhi splende
del suo gentil, talento
che mai di lei obedir non si disprende.

Donna, Deo mi dirà: “Che presomisti?”,
sïando l’alma mia a lui davanti.
“Lo ciel passasti e ‘nfin a Me venisti
e desti in vano amor Me per semblanti:
ch’a Me conven le laude
e a la reina del regname degno,
per cui cessa onne fraude”.
Dir Li porò: “Tenne d’angel sembianza
che fosse del Tuo regno;
non me fu fallo, s’in lei posi amanza”.

Parafrasi

I stanza

Amore fa sempre ritorno nel cuore nobile, come l’uccello ripara nel bosco tra le fronde degli alberi; e la natura non ha creato l’amore prima del cuore nobile, né il cuore nobile prima dell’amore. Infatti non appena ci fu il sole, all’istante rifulse la sua luce, ed essa d’altra parte non apparve prima del sole e amore prende posto nel cuore con la stessa naturalezza con cui il calore vive nella luminosità del fuoco.

II stanza

Il fuoco amoroso si accende nel cuore nobile nello stesso modo in cui nella pietra preziosa si attivano le sue concrete proprietà, in cui nella gemma non scende la virtù dell’astro prima che il sole non l’abbia purificata rendendola nobile. Dopo che il sole, con la sua potenza, ha estratto dalla pietra ogni impurità, la stella conferisce ad essa la virtù: così il cuore, reso dalla natura eletto, puro e gentile, riceve dalla donna come da una stella l’amore, che lo rende nobile.

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III stanza

L’amore si trova nel cuore nobile allo stesso modo in cui si trova il fuoco in cima al candelabro: qui brilla liberamente, luminoso e sottile, per lui non sarebbe adatta altra natura, tanto è fiero. Quindi, l’indole malvagia è avversa all’amore come l’acqua al fuoco incandescente a causa della sua freddezza. Amore prende posto nel cuore come luogo che gli è affine, come il diamante nel minerale di ferro.

IV stanza

Il sole colpisce con i suoi raggi il fango tutto il giorno: eppure il fango rimane vile e il sole non perde il suo calore. L’uomo superbo dice:” Sono di nobile stirpe”, io paragono lui al fango e il sole alla vera nobiltà: perché non si deve credere che esista nobiltà al di fuori del cuore, cioè soltanto per stirpe, se non si ha un cuore nobile incline alla virtù, allo stesso modo di come l’acqua si lascia trapassare dai raggi del sole, mentre il cielo trattiene la luce delle stelle e lo splendore.

V stanza

Dio creatore splende davanti all’intelligenza angelica che muove il cielo più del sole davanti ai nostri occhi: tale intelligenza riconosce il proprio creatore al di là del cielo e gli obbedisce mettendo il cielo in movimento e nello stesso modo che il compimento della beatitudine consegue, immediatamente, all’ordine di Dio giusto, similmente, in verità, la bella donna dovrebbe concedere la beatitudine non appena il desiderio, che non smette mai d’obbedirle, spende negli occhi del suo nobile amante.

VI stanza

O donna, quando la mia anima sarà davanti a Dio, lui mi dirà: “Che presunzione avesti? Hai attraversato il cielo e sei giunto fino a me e mi hai paragonato ad un amore profano: poiché la lode spetta a me e alla regina del nobile regno, grazie alla quale è vinto ogni peccato”. Io potrò dirgli: “Aveva l’aspetto di un angelo appartenente al tuo regno, quindi non fu colpa mia se mi innamorai di lei”.

Analisi

La lirica “Al cor gentil rempaira sempre amore” è molto complessa perché argomenta, attraverso una fitta trama di similitudini, tutti i nuclei concettuali dello Stilnovo. Nella prima stanza si afferma l’inscindibile unione tra il cuore gentile e l’amore, che vengono paragonati al sole con la sua luce e al fuoco con la fiamma. Sono quindi un binomio naturale.

Nella seconda stanza si spiega l’effetto che ha la donna su un cuore nobile. Ella è in grado di far nascere in esso l’amore come la stella fa nascere la virtù nelle pietre. Nel Medioevo, infatti, si riteneva che le pietre preziose fossero portatrici di particolari virtù.

Nella terza stanza si dimostra che il sentimento non può avvicinarsi ad una persona vile e indegna, perché non è nella sua natura. Come l’acqua e il fuoco sono opposti tra loro.

Nella quarta stanza si introduce il tema della vera nobiltà. Essa non deriva dalla stirpe ma nasce dalla bontà d’animo, che viene resa ancora più grande dall’amore stesso.

Nella quinta stanza, quella più intrisa di dottrina, si afferma che la donna, attraverso l’amore, riesce a purificare l’uomo, proprio come fa Dio. La donna assume quindi fattezze angeliche.

Nella sesta stanza, viene giustificato l’amore terreno davanti a Dio. Quando l’uomo si troverà al suo cospetto, potrà affermare di aver amato una donna-angelo.

Commento

Dal punto di vista stilistico, oltre all’impianto filosofico della lirica, si noti come vengono introdotti per la prima volta termini stilnovistici. Si cerca di evitare i suoni aspri e la sintassi è quasi sempre lineare. Ci è coincidenza del ritmo con il verso: sono pochi gli enjambements.

La canzone diventa quindi fondamentale per tutta la tradizione lirica successiva. Soprattutto per Dante Alighieri, che, insieme con gli altri stilnovisti, introdurrà e svilupperà queste tematiche fino a farne parte dei grandi capolavori della letteratura italiana.

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Anna D'Agostino

Anna D'Agostino, napoletana di nascita portodanzese d'adozione, laureata in Filologia Moderna e appassionata di scrittura. Ha collaborato con varie testate come giornalista pubblicista, attualmente insegna Lettere in una scuola secondaria di primo grado.

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