Accabadora: riassunto, analisi e commento del romanzo di Michela Murgia
Accabadora è il libro di successo scritto dall’autrice Michela Murgia, edito dalla casa editrice Einaudi. Il romanzo è stato pubblicato nel maggio 2009 e successivamente tradotto in lingua tedesca l’anno dopo, edito dalla casa editrice Wagenbach di Berlino.
Grazie a questo romanzo, l’autrice ha vinto la sezione narrativa del Premio Dessì nel settembre 2009. Nel maggio 2010, il racconto è stato premiato con il SuperMondello, tra i riconoscimenti maggiori relativi al Premio Mondello. Infine, sempre nel settembre dello stesso anno, ha ricevuto il Premio Campiello.
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Approfondimento
Accabadora: analisi
Accabadora è ambientato nello splendido scenario della Sardegna degli anni Cinquanta. L’autrice del libro affronta temi delicati e scottanti per quel periodo, come quello relativo all’adozione e all’eutanasia. Si tratta di un libro dai connotati magici, intriso di parole intriganti utilizzate perfettamente dalla celebre scrittrice.
Il lettore si identifica con le vicissitudini della principale protagonista, Maria, che viene adottata da un’anziana donna, sarta del paese. Il suo nome è Bonaria Urrai. Questa le chiede solo di prendersi cura di lei in caso di necessità o bisogni futuri. In realtà, la protagonista non sa che la donna nasconde un segreto.
Bonaria infatti percepisce l’oscurità delle persone, fa numerosi sortilegi e, quando non si può evitare, entra nelle abitazioni delle persone a portare la morte.
Il lettore avverte una sorta di mistero che avvolge la donna anziana, ma solo in ultimo l’arcano viene svelato.
L’anziana viene descritta in modo perfetto, attraverso i suoi continui silenzi prolungati, rendendo l’atmosfera del racconto ancor più misteriosa e intrigante.
Maria si rende conto a poco a poco della vera identità e personalità dell’anziana Bonaria Urrai.
Riassunto e trama
Il libro narra le vicende della principale protagonista Maria, quarta figlia femmina di una vedova poco amorevole e di Tzia Bonaria, la vecchia sarta del paesino di Soreni in Sardegna, temuta da tutti i cittadini.
La vecchia sarta decide di occuparsi della bella Maria e di prendersi cura di lei, dopo l’increscioso episodio che vede la bambina di sei anni intenta a rubare delle ciliegie in una bottega della zona.
Chiede alla famiglia della bambina il consenso a occuparsi di lei. Lo ottiene senza resistenza, dato che veniva considerata un peso sia per la madre che per le sue sorelle. La bambina viene quindi adottata dall’anziana donna.
Tra le due si crea il classico rapporto madre-figlia. La bambina viene quindi denominata una fill’e anima. E’ quella figlia che Dio non ha mai concesso all’anziana donna in gioventù, ma che arriva in tarda età proprio come una benedizione voluta dal cielo.
Tuttavia la bambina rimane stupita dal rispetto e dalle attenzioni della nuova madre. Tanto che le offre una stabile dimora, un’istruzione, un futuro radioso. La donna inoltre non chiede nulla in cambio, solo di farle compagnia ed eventualmente, in futuro, prendersi cura di lei.
C’è però una vena di mistero nell’anziana che ama solitamente vestirsi di nero. C’è mistero nei suoi silenzi, nello sguardo timoroso di chi la incontra, nella sua sapienza millenaria. E il mistero continua nel suo modo di affrontare i temi legati alla vita e alla morte e nelle sue misteriose uscite in notturna.
Seconda parte
Bonaria Urrai in realtà è l’accabadora del paese, dallo spagnolo acabar che significa appunto finire. La donna conosce sortilegi e fatture. Lei è l’ultima madre, la donna che i moribondi si ritrovano accanto e che, con un atto che potrebbe essere considerato paragonabile a un’eutanasia, aiuta gli interessati senza speranza alcuna, a raggiungere la pace dell’aldilà.
Maria viene a conoscenza solo in età adulta della vera identità dell’anziana donna, quando viene a sapere dal suo amico Andrìa, che una notte aveva sorpreso l’accabadora (l’anziana donna) nell’atto di compiere la sua caritatevole opera.
L’aveva fatto proprio nei confronti di suo fratello che aveva una gamba amputata e che l’aveva implorata di porre fine alla sua sofferenza.
Maria, alla conoscenza del fatto, rimane sconvolta e decide di partire dalla Sardegna alla volta di Torino.
Il rapporto tra le due donne si spezza e la voragine che si crea tra le due diventa insanabile.
Maria trova lavoro a Torino come bambinaia presso la famiglia Gentili. Qui fa la conoscenza di Anna Gloria, una bambina molto attiva, e di un ragazzo timido con cui instaura un rapporto di amicizia, che si chiama Piergiorgio.
Il rapporto tra i due giovani viene però frainteso, tanto che un giorno i genitori del ragazzo decidono di licenziare Maria.
Accabadora: il finale
Dopo quasi due anni di lontananza dalla Sardegna, la donna riceve una lettera della sorella che la invita a ritornare nell’isola: il motivo è l’aggravarsi delle condizioni di salute di Tzia Bonaria.
Maria torna al paese e lascia Torino decidendo di accudire, come aveva promesso, la donna. L’anziana sopravvive tra dolori lancinanti davvero insopportabili. Solo allora Maria rivaluta le sue convinzioni in merito al tema ostico dell’eutanasia.
Per fortuna, nel momento fatidico della decisione presa, l’anziana donna si spegne in modo naturale, evitando così a Maria di ricorrere al gesto estremo. Solo in ultimo, lei comprenderà finalmente gli insegnamenti della sua seconda madre, che riteneva che “le colpe, come le persone, iniziano a esistere se qualcuno se ne accorge”.