Il Piffero (quadro di Manet)
Dopo essere tornato da un viaggio in Spagna, era il 1865, Edouard Manet decise di dipingere questo quadro: Il Piffero, un olio su tela che misura 160 x 97 cm. Il celebre quadro Il Piffero fu poi completato un anno dopo, nel 1866.
Storia del quadro
Durante il suo viaggio spagnolo Manet aveva avuto modo di visitare il Prado di Madrid. Nel museo aveva studiato a fondo le opere di Diego Velázquez di cui era un estimatore ed era rimasto affascinato dal quadro che raffigurava Pablo de Valladolid, un buffone di corte.
Ciò che lo aveva colpito di questo quadro era lo sfondo, completamente assente, che rendeva essenziale il ritratto come se ci fosse solo aria intorno al soggetto. Manet quindi cercò di applicare gli stessi principi al suo “Piffero”, un quadro in cui il soggetto è un bimbo che suona il piffero nella banda della Guardia imperiale.
Analisi e commento
Il soggetto non ha alcuna rilevanza storica ma diventa un quadro, negli anni, importante per la storia dell’arte perché cambia le priorità della rappresentazione e lo fa semplificando il soggetto.
Come si può notare, infatti, i colori sono nitidi e la pennellata uniforme. Il nero è denso ma senza sfumature, la carnagione appare più elaborata, mentre il colore bianco è intensificato per generare maggior contrasto con il nero.
Non c’è profondità, il soggetto è in un non luogo, in cui la geometria quasi scompare. Non esiste contesto attorno al soggetto, questo rende il quadro moderno ed innovativo per l’epoca. Tanto innovativo che non trovò subito il favore della critica. Solo lo scrittore Emile Zola, fin da subito, vide come il quadro Il Piffero fosse importante per la pittura di Manet, che da quel momento in poi avrebbe rappresentato con maggior forza la modernità, intesa come un cambiamento radicale della visione e dell’interpretazione della realtà.