Rendere pan per focaccia: origini del modo di dire
Quando si dice rendere pan per focaccia? Lo abbiamo detto quando abbiamo ricambiato un’azione ricevuta con pari mezzi o, per esempio, con pari intensità. Il più delle volte questo pane è un torto; e questa focaccia non è altro che una rivendicazione. Possiamo dire che si tratta di un occhio per occhio e dente per dente più… infarinato. Raccontiamo di seguito le caratteristiche e le origini di questo modo di dire.
Approfondimento
Partiamo dai Romani
L’origine del motto è più o meno sconosciuta. Qualcuno la colloca nell’antica Roma. Qui erano in uso alcuni modi di dire simili. Sentenze come:
- Par pro pari referre;
- Par pari hostimentum dare;
- Nulli nocendum: siquis vero laeserit, multandum simili iure.
Quest’ultima espressione si attribuisce a Fedro e si traduce così:
Non si deve nuocere a nessuno: se qualcuno l’avrà fatto, sarà castigato allo stesso modo.
Rendere pan per focaccia: da un’usanza popolare
Secondo una diversa interpretazione l’espressione rendere pan per focaccia origina da un’usanza popolare. A ben vedere non è nemmeno così negativa come la interpretiamo oggi. Non c’è nel modo di dire nessuna rivendicazione, anzi.
Era un’abitudine di buon vicinato.
Succedeva che chi aveva cotto delle focacce, fatte con della farina ricevuta in prestito, ne donava qualcuna al suo vicino. Questo ricambiava con del pane. Il pane veniva reso in cambio delle focacce.
Il Decamerone
Il modo di dire “Rendere pan per focaccia” è antico, anzi antichissimo.
Una prima testimonianza in letteratura la si trova nel Decamerone di Boccaccio.
Nella metà del Trecento lo scrittore e poeta fiorentino faceva dire alla moglie di Spinelloccio all’indirizzo di quella di Zeppa:
Madonna, voi m’ avete renduto pan per focaccia.
Questo frangente è anche presente nella trasposizione cinematografica Decameron nº 2 – Le altre novelle del Boccaccio, del 1972.
È abbastanza facile pensare che se Boccaccio l’abbia inserito nella sua opera è perché quella locuzione fosse pienamente nella lingua allora corrente.
Nella Divina Commedia
Anche Dante, nella Divina Commedia, utilizza un motto molto simile.
Nel passaggio ai versi 118-120 dell’Inferno, canto XXXIII il pan per focaccia diventa dattero per fico.
Si legge:
I’ son frate Alberigo;
i’ son quel da le frutta del mal orto,
che qui riprendo dattero per figo.
Anche qui si indica la rivendicazione di un torto subito; in questo caso del frate Alberigo.