Nascita della Repubblica Italiana
La fine della Monarchia in Italia passò attraverso l’evento storico del referendum del 2 giugno 1946 cha sancì la nascita della Repubblica Italiana. Facciamo prima un passo indietro: l’Italia del 1945 era un paese cosparso di macerie, sovrastato dall’orribile spettacolo di piazzale Loreto, minacciato dalla carestia che fu prevenuta grazie all’intervento degli americani i quali, con le loro navi, trasportarono dei beni come il grano; ma, nonostante tutto, la voglia e la grinta per ripartire nel migliore dei modi fu notevole.
Approfondimento
Indebolimento della Monarchia
La crisi della Monarchia dei Savoia fu uno dei temi più gettonati poiché, dalla metà del 1943 in poi, il Re Vittorio Emanuele III iniziò a perdere decisamente il consenso; ma egli fu ostinato, non si accorse che ormai la Monarchia stava per crollare e anzi, fu convinto di essere il solo a poter risollevare le sorti dell’Italia, rifiutando consigli e quant’altro, perché in quel momento iniziò a disprezzare tutti, a cominciare dal figlio Umberto II.
Monarchia o Repubblica?
Dopo la fine della guerra, fu nominato capo del governo l’antifascista Ferruccio Parri, succeduto il 10 dicembre 1945 da Alcide De Gasperi. Con l’entrata in scena dello statista trentino cresciuto nel parlamento di Vienna, un dilemma dominava le prospettive future: Monarchia o Repubblica. La fine del consenso monarchico, per molti, si ebbe quando vi fu la cosiddetta “fuga di Brindisi”, durante la quale il Re Vittorio Emanuele III e il maresciallo Badoglio (in quel periodo capo del governo), abbandonarono Roma ormai in preda ai tedeschi per non cadere come loro prigionieri. I monarchici giustificarono sempre questo gesto, difendendo il Re che voleva assicurare la continuità dello Stato e della Monarchia; altri, invece, pensarono che se il Re, o chi per lui, in questo caso il principe ereditario Umberto II (che si era proposto di rimanere a Roma ad affrontare i tedeschi, ma si vide negata tale possibilità dal re) fosse rimasto a Roma ed eventualmente fosse stato fatto prigioniero dai tedeschi, assumendosi le proprie responsabilità, probabilmente, gli italiani avrebbero apprezzato e anche premiato questo gesto votando Monarchia per il Referendum del 2 giugno 1946.
Il Referendum del 2 giugno 1946
Questa appunto, fu la data decisiva che scelsero per decidere le sorti dell’Italia; si svolsero delle campagne elettorali, la stampa del nord fu maggiormente repubblicana, mentre quella del sud prettamente monarchica e la sfortuna della Monarchia fu che il solo Re, Umberto II (divenuto Re fino al Referendum dopo l’abdicazione inevitabile del padre che finalmente arrivò) era l’unico propagandista; invece, per la Repubblica scesero in campo le piazze, furono fatti degli slogan molto decisi, come quello di Nenni, “o la Repubblica o il caos” e il che aveva un fondo di verità poiché, se la monarchia avesse perso per qualche voto, non sarebbe insorto nessuno perché del tutto moderati, ma, se la Repubblica avesse perso per qualche voto, probabilmente ci sarebbero state delle insurrezioni. Quasi tutte le forze politiche antifasciste erano a favore della Repubblica. Anche nella Democrazia Cristiana, ove le posizioni erano alternanti, si decise di appoggiare, sotto la spinta di De Gasperi; invece, i Liberali si ritrovarono in posizioni discordi tra di loro. L’esito del voto lo si conobbe il 10 giugno 1946, con lo spoglio delle schede: la repubblica ebbe 12.717.923 votanti, mentre la monarchia 10.719.284.
Il sospetto di brogli elettorali
Al giorno d’oggi, ma anche in quello stesso periodo, ci si chiede se questo referendum fu leale o adulterato: molti pensarono che vi furono dei brogli in favore della Repubblica, poiché il Re Umberto II contestò, invocando la vidimazione dei risultati presso la corte di cassazione, che aveva bisogno di molto tempo per verificare la validità delle schede autenticate. Per De Gasperi il tempo d’attesa poteva essere pericolosissimo, in quanto la permanenza di Umberto in Italia poteva provocare una divisione ancora più marcata tra repubblicani e monarchici ed inoltre si temettero degli scontri che avrebbero potuto provocare delle guerre civili, per cui il governo, dapprima, supplicò Umberto di lasciar l’Italia e di aspettare l’esito della corte di cassazione presso il luogo del suo esilio (questo giudizio non arrivò mai).
Sembrerebbe inoltre che si arrivò quasi alle minacce e dunque, Umberto, comprendendo il pericolo che poteva comportare la sua permanenza, decise di andar via. Umberto II fu il primo Re di un grande paese ad essere deposto dal trono senza tumulti e subbugli. Il tutto fu deciso dal popolo, attraverso la depositazione delle schede sulle urne; si aprì dunque una nuova pagina per lo Stato italiano. Un paese che poteva sembrare spaccato si riunì in poco tempo, accantonando la monarchia che era rimasta ormai come un fatto storico ma nostalgico per alcuni.
La nascita della Repubblica Italiana, l’assemblea costituente e il primo presidente della Repubblica Italiana
Enrico De Nicola fu eletto dall’assemblea costituente come capo provvisorio dello Stato, nonché primo tra i presidenti della Repubblica Italiana. L’assemblea costituente era formata dal 35% dai democristiani, 21% dai socialisti e dal 19% dai comunisti, costituita da 75 uomini, divisi successivamente in sottogruppi, ciascuno dei quali aveva delle competenze specifiche per redigere il testo che è caratterizzato da 139 articoli, definendo inoltre le caratteristiche dello Stato italiano: repubblicano, democratico, fondato sul lavoro, parlamentare, decentrato e non confessionale, poiché fu dichiarato che lo Stato sarebbe divenuto Laico.