Italia: dalla Monarchia alla Repubblica

L’Italia divenne una repubblica democratica il 18 giugno 1946 dopo che un referendum istituzionale abrogò la monarchia costringendo il re Umberto II a prendere atto delle mutate condizioni politiche e istituzionali e a lasciare il paese per un esilio definitivo.

Corriere: la notizia della nascita della Repubblica Italiana
Copertina del Corriere della Sera con la notizia della nascita della Repubblica Italiana

Il referendum abolì la monarchia costituzionale che era rappresentata da un re con poteri di governo limitati dalla costituzione. Tale costituzione era lo Statuto albertino che identificava il nucleo governativo dello stato nella Corona retta dal re d’Italia il quale poteva passare questa titolarità ai propri figli secondo la legge dinastica che ne determinava la validità. Dopo il 2 giugno del 1946 si riunì in Parlamento un’Assemblea costituente, votata dagli elettori al momento della scelta tra monarchia e repubblica, con lo scopo di scrivere una costituzione che sostituisse lo Statuto albertino.

Affinché il referendum avesse il più ampio spettro di elettori, il Primo Ministro Ivanoe Bonomi, dopo una riunione del Consiglio dei ministri tenutasi il 31 gennaio del 1945, emanò un decreto controfirmato dal luogotenente del regno Umberto II che prevedeva il diritto di voto delle donne. Prima, quindi, del referendum e di un cambiamento storico e istituzionale importante per l’Italia, veniva superato uno dei problemi di democrazia partecipativa più simbolici e concreti dell’Italia pre-fascista e fascista: la mancanza del suffragio universale.

Alla data del decreto, che dava avvio al primo passo verso il referendum, l’Italia si trovava ancora in una situazione di guerra, con una popolazione stremata dall’occupazione tedesca e da molti territori teatri di battaglie fra alleati e nazisti. Si dovette attendere un anno e mezzo per raggiungere l’equilibrio politico necessario affinché fosse possibile dare avvio alla consultazione elettorale.

Il 16 marzo 1946 Umberto II dichiarò che ci sarebbe stato un referendum che avrebbe deciso quale forma istituzionale avrebbe rappresentato e governato l’Italia. In questo modo rispettava gli accordi presi nel 1944 con le forze politiche opposte al fascismo che stavano di fatto vincendo la guerra civile che aveva diviso la penisola. La campagna elettorale, che precedette la consultazione elettorale, fu contraddistinta da incidenti fra monarchici e repubblicani in un clima tesissimo fra le forze politiche, anche internamente al gruppo che sosteneva la repubblica; il sospetto di brogli fu avanzato da entrambe le parti con  il rischio oggettivo di una guerra civile qualora il risultato non fosse stato chiaro. Secondo le regole elettive, contenuto nel decreto che fu emanato nel 1944 (decreto emanato dal luogotenente del regno con il numero 151 del 25 giugno del 1944), avrebbe vinto la forma istituzionale che avesse raccolto la maggioranza degli aventi diritto al voto.

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Umberto II divenne re un mese prima del referendum, nel maggio del 1946, per volontà del padre che preferì tentare un ultimo gesto per preservare la monarchia. Il re Umberto dichiarò dall’esilio a cui si rassegnò dopo l’esito delle votazioni che malgrado le pressioni della Casa reale sapeva già che avrebbe accettato qualsiasi risultato il referendum avesse rilevato, come di fatto dichiarò prima del voto. Il 2 giugno 1946 iniziarono le operazioni di voto che si conclusero la mattina del 3 giugno. Il risultato fu in favore della repubblica, anche se i voti di differenza non furono moltissimi e questo alimentò polemiche e sospetti di possibili brogli che ancora oggi vengono sostenuti in alcuni libri di storia.

Secondo i dati che furono letti a Montecitorio il 10 giugno 1944 la repubblica ottenne 12.717.923 voti mentre la monarchia ne raccolse 10.719.284.

Immediatamente i monarchici organizzarono manifestazioni di protesta e avanzarono pesanti sospetti sul risultato del referendum.  Ci furono diversi incidenti in molte città, a Napoli morirono per mano della polizia nove manifestanti monarchici, e la maggior parte portarono a scontri fra le diverse fazioni e contro le forze dell’ordine.

Il governo si riunì il 12 giugno, con una convocazione straordinaria richiesta dal Primo Ministro Alcide de Gasperi, perché il rischio di una guerra civile era molto alto.  De Gasperi avocò a sé il ruolo di Capo dello Stato ponendo il ruolo del re al di fuori di ogni potere governativo. La Casa reale reagì in modo aspro e molti consigliarono al re una posizione estrema ma visto che i governi americani e inglesi non avrebbero appoggiato il sovrano, Umberto decise di abdicare e partire per l’esilio. Il gesto coraggioso ed estremo di De Gasperi nacque dal fatto che in molti nei partiti politici del nuovo governo erano convinti che il re fosse intenzionato a sostenere i moti dei monarchici contro il referendum.

A questo punto la Cassazione, che si era riservata di verificare le prove che i monarchici volevano portare a dimostrazione dei brogli del referendum, avvallò la vittoria della repubblica che venne proclamata senza ulteriori ritardi. Capo dello Stato fu nominato, dall’Assemblea costituente, Enrico De Nicola mentre Presidente del Consiglio continuò ad esserlo, fino a nuove elezioni, Alcide De Gasperi.

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Fulvio Caporale

Fulvio Caporale è nato a Padova e vive a Milano. Laureato in Scienze Politiche svolge la professione di consulente editoriale e pubblicitario. Collabora con case editrici e giornali cartacei e online occupandosi di libri, arte ed eventi culturali. Ha tradotto testi letterari e tecnici dallo spagnolo, dal portoghese, dall'inglese e dal catalano.

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