Medea nella mitologia greca: riassunto e analisi

Medea è un personaggio della mitologia greca. Uno dei più celebri e allo stesso tempo controversi. Nella narrazione di Medea, infatti, si intrecciano amore e morte, e la passione. Vi sono temi importanti come la follia e l’infanticidio. Ella è una donna che già nel nome conduce “astuzie, scaltrezze” e che da chi la narra viene presentata come una maga dotata di grandi poteri.

Medea
Medea, con i bambini morti, fugge da Corinto su un carro trainato da draghi – Dettaglio del quadro di Germán Hernández Amores (1887)

Discendenza e genitori

Per la mitologia greca Medea è figlia di Eete, re della Colchide, e di Lidia. Apollonio Rodio, nelle Argonautiche, però, la descrive come nipote di Elio, il Sole, e delle maga Circe, da cui, infatti, eredita i suoi poteri magici.

Diodoro Siculo spiega invece così la linea di discendenza che porta alla sua nascita; il Sole, Elio, ha due figli: Perse e Eeta. Da Perse nasce Ecate, potentissima maga, dea dell’Oltretomba e delle notti di Luna piena. Ecate uccide Perse e si congiunge con lo zio Eeta. Da questa unione nascono Medea e Egiale.

Il mito: l’amore per Giasone

Il mito di Medea lo ritroviamo nella vicenda di Giasone e degli Argonauti. Giasone è alla ricerca del vello d’oro e nella missione esprime le sue grandi capacità, custodito da un drago per conto di Eeta. Medea si innamora di Giasone al punto da uccidere il fratello Egiale. Di lui sparge i resti dopo essersi imbarcata sulla nave degli Argonauti con il suo innamorato.

Giasone porta il vello d’oro conquistato a Jolco, ma lo zio Pelia, nonostante quanto promesso, non gli cede il trono. Medea a questo punto adopera i suoi poteri magici per aiutare Giasone.

L’inganno a Pelia e le nozze a Corinto

Medea inganna le figlie di Pelia porgendo loro un “pharmakon” che, dice loro, avrebbe ringiovanito il vecchio genitore. Per dimostrare il prodigio riporta un caprone ad agnello, dopo averlo sminuzzato e bollito con le sue erbe magiche. Invita la figlie di Pelia a fare lo stesso col padre per evitarsi la vecchiaia e la morte.

Le donne cadono nella trappola ordita e uccidono il padre. Acasto, figlio di Pelia, seppellisce i resti del padre e bandisce Medea e Giasone da Jolco. I due si rifugiano a Corinto, dove si sposano. Qui la coppia ha due figli e conduce una vita serena fino a quando Creonte, re di Corinto, non propone a Giasone di sposare sua figlia.

Medea per i greci: la tragedia di Euripide

La parte finale della storia è narrata dal drammaturgo greco antico Euripide nell’omonima tragedia. Euripide inizia a raccontare Medea a dieci anni dall’arrivo della maga con Giasone a Corinto. Dopo dieci anni – narra Euripide – Creonte, re della città, propone sua figlia Glauce come sposa a Giasone. Quest’ultimo, una volta sposo di Glauce, diventerebbe automaticamente l’erede al trono di Corinto.

Con queste ragioni Giasone cerca la comprensione di Medea. Ella risponde disperata e presto viene esiliata da Creonte per scongiurare la sua vendetta in seguito alla sottrazione e al tradimento dei suo amato.

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Giasone si sottrae alla comprensione del dolore di Medea. La maga lo chiama a ricordarsi quanto lei abbia fatto per lui nelle precedenti vicende. Egli, però, risponde con indifferenza e ingratitudine. La maga si prepara ad ordire una nuova vendetta, questa volta, inaspettatamente, ai danni del suo amato sposo, ormai traditore; chiede a Creonte un solo giorno prima di lasciare Corinto. Lo ottiene.

La vendetta di Medea su Giasone in Euripide

Giasone non ha considerato l’idea di rifiutare l’offerta di Creonte né ha abbracciato la disperazione della maga. Ella decide così di ordire la sua vendetta. In quel giorno in più concesso da Creonte prima dell’esilio, si finge comprensiva e rassegnata e manda un dono di nozze a Giasone e Glauce.

Il regalo è una veste finissima e una corona d’oro per la sposa. Glauce indossa entrambi i capi che, però, sono intrisi di veleno: presto muore fra fiamme e dolori strazianti.

Anche il padre Creonte resta vittima di questa vendetta. Corso in aiuto della figlia, tocca il mantello e muore anch’egli in maniera atroce e dolorosa.

Dopo Glauce e Creonte tocca a Giasone

Il colpo più feroce, però, è il terzo, quello a Giasone. Qui il mito, sbarcato nella letteratura greca, supera se stesso per crudeltà.

Medea vuole essere certa che Giasone soffra e, al contempo, non abbia discendenti. La sete di vendetta vince l’istinto materno. Ella, accecata di rabbia, dopo averli stretti per un’ultima volta, uccide i suoi stessi figli, Mermero e Fere.

In Diodoro Siculo – piccola differenza – i figli di Medea e Giasone sono, invece, tre: i gemelli Tessale e Alcimene e Tisandro.

Ultimo atto: Atene e ritorno nella Colchide

Medea, macchiatasi del peggiore dei delitti, fugge ad Atene. Intraprende il viaggio a bordo del carro del Sole, trainato dai draghi alati. Ad Atene, sposa il re Egeo. Da Egeo ha Medo. Egeo però non sa che Medo non è il suo primogenito: ha concepito Teseo con Etra.

Al momento della decisione dell’eredità del suo trono, giunge ad Atene proprio Teseo. Medea ordisce subito un piano malefico e suggerisce a Egeo di uccidere lo sconosciuto. All’ultimo istante Egeo riconosce Teseo come suo figlio.

Medea è costretta a fuggire. Torna nella Colchide e si riappacifica con il padre Eete.

Medea offre una coppa avvelenata a Teseo, figlio del re Egeo (opera di William Russell Flint del 1910)
Medea offre una coppa avvelenata a Teseo, figlio del re Egeo (opera di William Russell Flint del 1910)

Medea per i romani: tre opere di Ovidio

Sono tre le opere in cui il poeta romano Ovidio narra di questo mito:

  • Eroidi
  • Metamorfosi
  • Medea

La prima è Le heroides, un’opera che raccoglie la supplica di Medea al marito. Il racconto si interrompe prima del compimento della tragedia, il lettore lo ricostruirà attraverso delle lettere.

La seconda allocazione di Ovidio avviene nelle sue Metamorfosi. All’inizio dell’opera Medea è una vera protagonista, poi via via appare e scompare come per magia. Nella prima parte incarna il tormento: è combattuta tra il padre e Giasone. Anche Ovidio riprende l’episodio del carro, ma lo utilizza nella parte centrale della narrazione e, in particolare, come espediente per far perdere a Medea le sue qualità umane. La metamorfosi procede fino al finale quando Medea è una strega vera e non soffre dell’infanticidio commesso.

La terza opera, infine, è la tragedia Medeache però non conosciamo perché è andata perduta.

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Maria Cristina Costanza

Maria Cristina Costanza è nata a Catania il 28 gennaio 1984. Lascia la Sicilia a 18 anni per trasferirsi a Roma, dove si laurea in Comunicazione a La Sapienza. Sin da studentessa si orienta verso il giornalismo culturale collaborando con settimanali on line, webzine e webtv, prima a Roma poi a Perugia e Orvieto, dove vive attualmente. Dal 2015 è giornalista pubblicista. Col giornalismo, coltiva la sua 'altra' passione: la danza. Forte di quasi 20 anni di studio fra Catania, Roma, Perugia e New York oggi è insegnante di danza contemporanea e classica a Orvieto.

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