Madame Matisse (Ritratto con la riga verde), opera di Henri Matisse

Un volto silenzioso, dipinto a Issy-les-Moulineaux, dopo essere tornato dal Marocco, dall’immagine appiattita, geometrica: è il ritratto di “Madame Matisse“, moglie del pittore Henri Matisse, realizzato nel 1913. “Ritratto con la riga verde” (Madame Matisse) è un olio su tela del 1905 realizzato dal pittore francese Henri Matisse, di centimetri 40,5 x 32,5, contenuto a Copenaghen, presso lo Statene Museum for Kunst. Il ritratto fu realizzato nell’estate del 1905; ad indicarlo come “ritratto con la riga verde” sono stati Michael e Sarah Stein, primi proprietari dell’opera, per la forte striscia verde, astratta, che evidenzia lo spigolo del naso e divide il viso in due parti: una in ombra, l’altra in luce.

Madame Matisse (portrait)
Madame Matisse (ritratto del 1905 realizzato da Henri Matisse)

Madame Matisse: il quadro

Le due parti del viso sono dipinte a forti contrasti di colore fauve: quella in ombra ocra e quella in luce rosa, il collo giallo su fondo arancio e l’altra zona rosa su fondo verde. Anche lo sfondo della tela è trattato a toni opposti, arancio, viola, verde. Complessivamente, il dipinto appare quasi astratto per la semplicità delle forme e la sua strana colorazione. Questo processo che porta Matisse all’astrazione si può osservare attraverso uno studio preparatorio dell’opera, non finito, che si trova al museo di Nizza, che aiuta appunto a comprendere questo processo.

Lo studio sembra più realistico del quadro, dove vengono evidenziati i dettagli dei vari elementi, labbra, orbite, naso, mento. L’artista, alla ricerca di una poetica antirealista, va avanti eliminando i particolari e appiattendo le forme, ottenendo risultati sempre più innaturali. In più, con la violenza delle pennellate di colore puro, trasforma il volto umano in un’icona bizantina. La massa nero-blu dei capelli della signora Amélie Matisse, per esempio, conferisce allo chignon l’effetto di un diadema.

Questa riduzione dei dettagli porta lo spettatore di fronte ad un’altra realtà, seppure riconoscendo i tratti della signora Matisse, un’altra cosa. Non si tratta più della parodia di un volto, ma un altro volto.

Il pittore francese con questo dipinto vuole esprimere l’interiorità della moglie a prescindere dall’aspetto fisico. Questo tipo di procedimento fu usato anche da Kandinsky, estimatore del pittore francese.

Madame Matisse: analisi del quadro

Nel ritratto di Madame Matisse, la donna è rappresentata con un flebile sorriso, sfondo blu, cappello con fiori in testa, maglia verde e giacca blu, seduta su una sedia dalla spalliera verde.

Le mani poggiate ai braccioli della poltrona verde conferiscono all’immagine due registri differenti: una, quella di destra, è infatti dipinta in modo informale, mentre quella di sinistra è più nitida e ricoperta di pittura grigia. Il corpo ha l’aspetto di un manichino.

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Matisse scriveva:

La preziosità o gli arabeschi non sovraccaricano mai i miei disegni, perché quei preziosismi e quegli arabeschi fanno parte della mia orchestrazione del quadro. La rivelazione mi è venuta dall’Oriente.

Matisse e il colore

Matisse lascia alle spalle la carriera giuridica all’età di 22 anni e si dedica all’arte; nel 1890 si dedica alle nature morte. Nel tempo si è conquistato la fama di ribelle, accostandosi all’arte degli impressionisti, che sperimenta. Una sua caratteristica principale è quella dell’uso del colore per creare sagome e piani spaziali: il colore è lo strumento fondamentale per le sue opere. Piano piano riesce ad imporsi e ad ottenere il consenso di critici e collezionisti. Un concetto di Matisse è quello secondo cui l’artista non è in grado di possedere il controllo completo sul colore e sulle forme ed è necessario, nella realizzazione di un’opera d’arte, possedere due capacità: l’istinto e l’intuizione.

Per l’artista, dipingere rappresenta un divertimento e vi si abbandona. A questo proposito scrive: “Ogni arte degna di questo nome è religiosa. Ecco una creazione fatta di linee, di colori: se questa creazione non è religiosa, non esiste. Se questa creazione non è religiosa, si tratta soltanto di arte documentaria, arte aneddotica… che non è più arte. Che non ha niente a che fare con l’arte. Arriva in un certo periodo della civiltà, per spiegare e mostrare alla gente senza educazione artistica cose che potrebbero notare senza che ci fosse il bisogno di dirgliele.

Gli spettatori sono pigri di spirito. Bisogna metter loro sotto gli occhi un’immagine che lasci dei ricordi e li trascini anche un po’ di più in là… Ma quella è un’arte di cui adesso non abbiamo più bisogno. Quel tipo d’arte è sorpassato. Voglio che i visitatori della cappella di Vence provino un sollievo spirituale. Che, anche senza essere credenti, si trovino in un ambiente dove lo spirito s’innalza, il pensiero s’illumina, il sentimento stesso si fa più leggero. Un quadro che non generasse quel sentimento, non esisterebbe.

Un quadro di Rembrandt, del Beato Angelico, un quadro di un buon artista, suscita sempre questa specie di sentimento d’evasione e di elevazione spirituale. Non è perché il quadro è un quadro da cavalletto che può sfuggire a questa necessità. Un quadro da cavalletto, cos’è poi un ‘quadro da cavalletto’? È una pittura che si tiene in mano, se volete. Ma questa pittura deve trascinare lo spirito dello spettatore molto più in là del quadro. Io non concepisco una pittura sprovvista di questa qualità“.

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Serena Marotta

Serena Marotta è nata a Palermo il 25 marzo 1976. "Ciao, Ibtisam! Il caso Ilaria Alpi" è il suo primo libro. È giornalista pubblicista, laureata in Giornalismo. Ha collaborato con il Giornale di Sicilia e con La Repubblica, ha curato vari uffici stampa, tra cui quello di una casa editrice, di due associazioni, una di salute e l'altra di musica, scrive per diversi quotidiani online ed è direttore responsabile del giornale online radiooff.org. Appassionata di canto e di fotografia, è innamorata della sua città: Palermo.

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