Dittico di Marilyn, opera di Andy Warhol
Dopo la morte di Marilyn Monroe, avvenuta il 5 agosto 1962, quando la diva aveva appena 36 anni e fu trovata morta nella camera da letto della sua abitazione di Brentwood, a Los Angeles, Andy Warhol ne rimase profondamente colpito e rese Marilyn il mito che sopravvive alla morte. Ne derivarono molte tele che l’artista realizzò subito nel 1962. Tra queste, il più importante è il “Dittico di Marilyn” (titolo originale: Marilyn Diptych), che si trova conservato alla Tate Modern Gallery di Londra, definito dai critici la terza opera più influente d’arte moderna.
Altre opere di Warhol dedicate all’attrice sex-symbol sono: Marilyn (sempre del 1962) e Gold Marylin Monroe (del 1967).
Dittico di Marilyn: analisi della serigrafia
Il dipinto è stato realizzato utilizzando il processo di serigrafia. È composto da due tele d’argento dove la foto, una fotografia pubblicitaria del film Niagara (1953) della diva si ripete 50 volte (in 5 righe e 10 colonne). Di queste, 25 immagini si ripetono a colori, sul lato sinistro, mentre dall’altra parte, le altre 25 foto sono in bianco e nero. Proprio a voler evidenziare, probabilmente, il rapporto tra la vita e la morte dell’attrice.
In quest’opera, gli occhi dello spettatore sono portati a vagare, senza concentrarsi in un punto preciso. Andy Warhol decise di non disegnare direttamente l’immagine della diva, ma di utilizzarne una esistente: Marilyn è rappresentata con sguardo seducente, labbra socchiuse. La riproduzione comunque la rende una maschera inanimata. La tecnica serigrafica utilizzata nel “Dittico di Marilyn” appiattisce il volto dell’attrice.
Andy Warhol e la Pop art
Warhol è considerato il maggiore interprete della “Pop art”, che è l’abbreviazione di “Popular Art“, che tradotto significa appunto “arte del popolo”. Un movimento artistico, questo, nato intorno agli anni Sessanta, che concentra il proprio interesse sugli oggetti, sui miti, tende a sottolineare l’omologazione, ad opera dei mass media, proprio di uno stile di vita impersonale.
Ed è così che l’opera d’arte diventa un oggetto commerciale, arte prodotta in serie. Proprio per questo motivo, Andy Warhol usa la sua arte in modo provocatorio, ripetendo le immagini in modo ossessivo allo scopo di accusare un mondo preda del consumismo. Ed è così che ritrae immagini che non hanno un contenuto morale, né tantomeno ideologie.