Il caso Spotlight, recensione del film
È uscito nelle sale italiane il 18 febbraio 2016 il film statunitense dedicato al caso Spotlight. La pellicola narra la storia vera di un’inchiesta condotta da un gruppo di giornalisti del Boston Globe nel 2002. Un’inchiesta che ha portato alla luce le molestie sessuali compiute da alcuni preti dell’arcidiocesi cattolica di Boston.
L’accusa è rivolta a 159 sacerdoti per un totale di 1.500 vittime. La Chiesa ha tentato invano di coprire i casi per impedire la pubblicazione sui giornali, o che i casi arrivassero alla polizia.
Approfondimento
Spotlight: trama del film
Spotlight (riflettori, in italiano) è il nome del team di lavoro interno al giornale statunitense Boston Globe. Il film comincia con l’arrivo in redazione di Marty Baron, il nuovo direttore del giornale.
Baron cerca di rilanciare la squadra di giornalisti d’inchiesta e lo fa con una storia che riguarda un sacerdote accusato di abusi su minori. Negli anni Novanta già il giornale si era occupato di casi simili ma non era stata fatta una inchiesta approfondita. Da qui l’idea di ritornare sui casi per approfondirli.
L’inchiesta si allarga fino a scoprire molti altri casi.
La storia che viene narrata nel film è vera. I giornalisti per le la loro inchiesta su quello che è conosciuto come il “Massachusetts Catholic sex abuse scandal”, hanno vinto nel 2003 il premio Pulitzer per il servizio pubblico.
Recensione e commento al film
È uno dei migliori film inchiesta americani. Ad interpretare Benjamin Bradlee Jr. del Boston Globe, figlio di Benjamin Bradlee senior, direttore del Washington Post – fu lui che denunciò lo scandalo Watergate – è l’attore John Slattery.
C’è un totale coinvolgimento nello spettatore dell’indagine condotta dal team Spotlight del giornale Boston Globe, costretto a lottare contro una dilagante omertà.
Si tratta di una vera lezione sul giornalismo d’inchiesta con un caso che tratteggia il ricordo delle matrioske russe.
Boston, luogo dell’accaduto, è una città a maggioranza cattolica e a far traboccare l’equilibrio prestabilito intervengono gli stranieri.
Nel cast il nuovo direttore Marty Baron, interpretato dall’attore Liev Schreiber, è un ebreo che proviene dalla Florida. Mentre il giornalista Michael Rezendes (interpretato da Mark Ruffalo) è di origine portoghese; l’avvocato difensore delle vittime Mitchell Garabedian (Stanley Tucci) è un armeno trasferitosi in Massachusetts.
Boston non rappresenta solo un semplice sfondo della vicenda raccontata nel film, ma si eleva a coprotagonista della vicenda.
Storie che si intrecciano
Una sequenza del film vede protagonista una delle vittime che racconta alla giornalista Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams) una violenza subita in modo dettagliato. Sullo sfondo si vede un parco giochi proprio vicino ad una chiesa. Mentre il giornalista Michael Rezendes prima lavorava come tassista in una zona dove abitava una delle vittime.
E ancora: uno dei preti colpevoli degli abusi sessuali ai danni dei minori, allenava la squadra di hockey della scuola frequentata da Walter Robinson, il giornalista interpretato da Michael Keaton a capo del team Spotlight. Infine c’è Matty Carroll (Brian d’Arcy James), che vive insieme alla famiglia nello stesso quartiere di uno dei preti sospettati delle violenze sessuali.
Walter Robinson
Ad animare il team non è il moralismo; Baron, Rezendes, Pfeiffer, Carroll e Robinson sono mossi dall’etica.
Prima ancora dei personaggi stessi, salta all’occhio la capacità degli attori nell’interpretare i loro personaggi. Lo fanno generando una tensione narrativa che arriva dritta allo spettatore che assiste a quello che potrebbe sembrare un vero thriller. Ciò grazie al ritmo.
Sulla regia di Tom McCarthy si può dire che anticipa ogni prosecuzione dell’intreccio in modo velato.
Le nomination agli Oscar
Il film ha ricevuto sei nomination per gli Oscar, tra le quali:
- miglior film;
- (Mark Ruffalo) miglior attore non protagonista;
- (Rachel McAdams) miglior attrice non protagonista;
- (Tom McCarthy) miglior regia;
- miglior montaggio;
- miglior sceneggiatura originale.
La nascita dell’inchiesta
Martin Baron (Liev Schreiber nel film) nella seconda metà del 2001 inizia a lavorare per il Boston Globe. Il direttore si interessa della questione che riguardava gli abusi sui minori da parte di alcuni esponenti della diocesi cattolica di Boston, perché quando ancora era a Miami, in Florida, gli era capitato di leggere proprio sul giornale di cui poi diventa direttore, un articolo che parlava di “Father John Geoghan”. Questi è un prete cattolico accusato di abusi sessuali su 84 bambini.
Tale notizia si trovava nelle pagine locali del quotidiano e proprio questo lo aveva colpito. In quegli anni i preti erano stati processati, reputati colpevoli e condannati.
C’è però un particolare: si pensava che fossero dei casi isolati. Tra l’altro non tutti i documenti furono resi pubblici.
Le conseguenze dell’inchiesta
Le inchieste portate avanti dal team di giornalisti portano anche alle dimissioni di Fernard Francis Law, l’arcivescovo di Boston dal 1984.
Queste dimissioni avvengono dopo tante pressioni proprio perché il prelato è accusato di non aver denunciato pubblicamente questi casi di pedofilia, portati alla luce dal quotidiano grazie ai giornalisti.
Nel settembre del 2003, l’arcidiocesi di Boston paga un risarcimento di circa 85 milioni di dollari nei confronti delle vittime di abusi. Quindi nel 2011 ancora l’arcidiocesi di Boston pubblica una lista con i nomi di 159 preti accusati di pedofilia. Da qui è nato un effetto domino che ha portato ad altre inchieste in altre parti del mondo.