Arano, poesia di Pascoli: significato e parafrasi
La poesia in esame si intitola Arano. È una delle prime entrata a far parte della famosa raccolta Myricae. È stata scritta probabilmente già nel 1885 da Giovanni Pascoli. Il poeta qui immagina di compiere un’ultima passeggiata nella campagna toscana prima di tornare in città. Ci descrive la vita di campagna in quadretti immaginari, fatti di luoghi e persone.
Approfondimento
Il poeta e la raccolta Myricae
Giovanni Pascoli è stato uno dei poeti decadenti più importanti insieme a Gabriele D’Annunzio. La sua vita fu funestata da numerosi lutti che lo segnarono per sempre.
Pascoli nacque a San Mauro di Romagna nel 1855, quarto di dieci figli. Il 10 agosto 1867 il padre venne assassinato in circostanze misteriose; morì poi la madre e altri tre tra fratelli e sorelle. Egli continuò a studiare grazie a borse di studio. Si laureò in Letteratura, che insegnò poi all’università di Bologna.
Insieme alle sorelle cercò di riformare un piccolo nido, rifugiandosi insieme come nuovo nucleo familiare nelle campagne vicino Bologna fino alla morte, avvenuta nel 1912.
Tra le sue raccolte poetiche più importanti ricordiamo:
- Myricae, pubblicata nel 1891 e ispirata a temi familiari e campestri;
- Canti di Castelvecchio (1903);
- Poemi conviviali (1904);
- Odi e inni (1906);
- Carmina (poesie in latino)
Myricae fu la prima raccolta poetica vera e propria dell’autore. Conteneva inizialmente solo 22 componimenti, ampliati poi nell’edizione definitiva a 116. Il titolo deriva da una citazione virgiliana:
non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici
Pascoli intende utilizzare queste piante come simbolo delle piccole cose che vuole inserire nelle sue poesie.
I componimenti sono molto brevi e, all’apparenza, sembrano quadretti di vita di campagna: in realtà essi sono carichi di senso misterioso e diventano il simbolo di qualcos’altro: sentimenti e sensazioni.
I temi principali della raccolta poetica sono la morte, la realtà enigmatica e i legami spezzati.
Da un punto di vista stilistico, Pascoli compie una vera rivoluzione: inserisce i suoni attraverso le onomatopee, utilizza il linguaggio analogico e la sintassi frantumata, in antitesi rispetto alle poesie degli autori precedenti.
Arano, testo della poesia
Al campo, dove roggio nel filare
qualche pampano brilla, e dalle fratte
sembra la nebbia mattinal fumare,
arano: a lente grida, uno le lente
vacche spinge; altri semina; un ribatte
le porche con sua marra paziente;
ché il passero saputo in cor già gode,
e il tutto spia dai rami irti del moro;
e il pettirosso: nelle siepi s’ode
il suo sottil tintinnio come d’oro.
Parafrasi
Al campo, dove spicca qualche intensa macchia di colore rosso delle foglie di vite (pampano),
e la nebbia del mattino sembra risalire come un fumo dai cespugli, arano (i contadini):
uno di loro spinge le vacche lente con grida altrettanto lente;
altri stanno seminando;
uno ribatte i rialzi di terra fra i solchi con una zappa leggera (marra paziente);
così che il passero esperto già gode nel suo cuore e guarda tutto dai rami ormai spogli del gelso (sa che tra poco potrà mangiare le sementi);
e il pettirosso: nelle siepi si sente il suo verso sottile come il tintinnio dell’oro.
Spiegazione e commento
La poesia “Arano” è un madrigale formato da:
- due terzine
- una quartina
con il seguente schema di rime:
ABA CBC DEDE
Apparentemente essa descrive un quadro bozzettistico della campagna emiliana: i contadini stanno arando i campi, alcuni stanno radunando le vacche, altri preparano i solchi per le sementi e vengono tutti descritti oggettivamente.
Ad essi fa da sfondo un paesaggio mattiniero nebbioso che viene inserito nella prima terzina (il colore rosso della vite, la nebbia che sale come se fosse fumo).
Nella seconda terzina sono presenti le descrizioni delle figure umane ovvero i contadini stanno svolgendo i lavori tipici autunnali.
Il verbo “arano” al verso 4 è messo in evidenza poiché si trova ad inizio del verso stesso. Fa parte di un lungo enjambement che ne accentua l’importanza, tanto da dare il titolo alla poesia.
Questo lavoro paziente e lento dei contadini viene descritto con una certa malinconia; essa è data dalla nebbia e dal lessico scelto dall’autore (lente grida, paziente, etc), e da ciò che accade nella terza strofa: gli uccelli già godono del fatto che tra poco potranno mangiare tutti i semi.
La poesia Arano si conclude con la sinestesia del verso 10: il canto del pettirosso viene paragonato al tintinnio dell’oro, al suo luccichio che assume quindi un tono gioioso.
La lirica è di semplice lettura solo apparentemente ma, come tutta la poetica pascoliana, nasconde un significato profondo fatto di suggestioni e sensazioni della vita personale del poeta stesso.