Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, sonetto di Petrarca
Il sonetto Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, uno dei più importanti della produzione letteraria di Francesco Petrarca, è collocato in apertura al Canzoniere. Ha quindi una funzione importante. Il poeta enuncia il suo itinerario spirituale, dall’errore giovanile fino al pentimento e alla consapevolezza che i beni terreni sono evanescenti. Il componimento venne scritto probabilmente intorno al 1349-1350. Quindi, pochi anni dopo la morte di Laura. E’ il periodo in cui il poeta progettava di riunire in un unico libro tutte le rime sparse che aveva composto negli anni precedenti.
Approfondimento
Il Canzoniere di Petrarca
Il Canzoniere, infatti, è la raccolta delle liriche in volgare di Petrarca, il cui titolo originario è Rerum vulgarium fragmenta (frammenti di cose in volgare). Essa è frutto di una grande opera di lavoro e sistemazione dei testi da parte dell’autore, che voleva strutturarla in modo da lasciare ai posteri una sua autobiografia ideale. Si tratta di una raccolta di 366 componimenti, per la maggior parte sonetti. Ma sono comprese anche ballate, canzoni, madrigali e sestine.
È suddiviso in due parti: le rime in vita e quelle in morte di Laura, avvenuta nel 1348. Questa data è significativa per Petrarca in quanto segna per lui un rinnovamento interiore. La prima parte della raccolta è infatti dedicata all’amore per la donna. La seconda invece ad un’immagine più spirituale di questo sentimento. Il tutto è percorso da un costante tormento interiore che gravava sullo spirito del poeta, diviso tra l’amore della donna e la sua condizione di chierico, che imponeva l’obbligo del celibato.
Il componimento in esame, Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, offre quindi una chiave di lettura per l’intera opera, essendo posto in apertura di essa. Esso svolge non solo la funzione di introduzione ma anche quella di riepilogo dell’intero contenuto dell’opera.
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ’l core
in sul mio primo giovenile errore
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono,
del vario stile in ch’io piango et ragiono
fra le vane speranze e ’l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.
Ma ben veggio or sì come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me medesmo meco mi vergogno;
et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto,
e ’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.
Parafrasi
Voi che ascoltate in forma di versi sparsi il suono
di quei sospiri con i quali io nutrivo il mio cuore
durante il mio giovanile turbamento amoroso
quando ero in parte un altro uomo rispetto a quello che sono oggi,
dei diversi stili e metri nei quali esprimo il mio dolore e ne parlo
tra le vane speranze e l’inutile dolore,
qualora vi sia qualcuno che per esperienza conosca che cosa sia amore,
spero di trovare pietà e perdono.
Ma ora mi accorgo come io fui oggetto della derisione e delle risa della gente
per lungo tempo, per cui spesso di me stesso,
nel mio intimo, provo vergogna;
le conseguenze del mio vaneggiare sono la vergogna,
il pentimento e la consapevolezza che ciò che si desidera nel mondo
è un sogno che svanisce troppo presto.
Analisi del testo
La lirica è un sonetto, composto da 14 versi con il seguente schema di rime:
ABBA ABBA CDE CDE
Nella prima quartina il poeta si rivolge ai lettori attraverso il vocativo iniziale “voi”. Il pubblico che egli sceglie è chiaramente selezionato, di chiara ispirazione stilnovista (può capirlo solo chi è stato veramente innamorato). Qui introduce con la formula “rime sparse” il titolo dell’opera (rerum vulgarium fragmenta) e soprattutto la tematica: il turbamento amoroso (errore giovanile) che provava quando era un uomo diverso rispetto ad oggi.
Nella seconda quartina si rivolge a coloro che hanno provato il sentimento dell’amore almeno una volta nella vita e spera proprio che essi possano capirlo e perdonarlo.
Nella prima terzina invece si rende conto che il suo sentimento lo ha portato ad essere schernito dal popolo. Per questo prova vergogna di sé stesso. E’ un sentimento che poi lo porta ad pentimento (seconda terzina) e alla consapevolezza della vanità delle esperienze terrene.
La struttura sintattica delle quartine è molto elaborata. E’ presente il vocativo d’apertura (voi) seguito da una serie di subordinate, il cui soggetto è spesso l’io. Ci sono infatti molti verbi in prima persona proprio a partire dal verso 2, perché l’autore concentra la sua attenzione sul suo processo interiore, non nominando mai Laura esplicitamente.
Le terzine sono introdotte dalla avversativa “ma”, che segna il passaggio ad un momento diverso della vita e ad una diversa disposizione interiore.
Al verso 11 troviamo un’allitterazione delle m e una ripetizione dei pronomi di prima persona (me, medesmo, meco, mi). Nella terzina conclusiva si trovano una serie di coordinate per polisindeto (utilizzo di congiunzioni) che rappresentano graficamente l’angoscia del poeta. Le parole chiave sono sicuramente quelle appartenenti al campo semantico del vano, che domina la lirica.
Commento
Il sonetto rappresenta quindi a pieno la contrapposizione tra passato e presente, il dissidio che esiste nell’animo del poeta, diviso tra l’uomo del passato che ha peccato amando una donna e quello del presente che vuole riscattarsi e che si sta ravvedendo.
Ovviamente il processo non è ancora del tutto compiuto e il lettore avverte a pieno i sentimenti dell’autore, ancora turbato, e resosi conto della vanità delle cose terrene. Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, è un sonetto essenziale per entrare nel mondo di Francesco Petrarca, dei suoi turbamenti e del suo stato d’animo.