Trieste, poesia di Umberto Saba
Trieste è una delle liriche fondamentali della produzione del poeta Umberto Saba perché rappresentativa di una tematica fondamentale del Canzoniere: il rapporto di Saba con la sua città natale. Nel 1912 il poeta pubblica la raccolta di versi Con i miei occhi, che entrerà a far parte del Canzoniere con il titolo modificato di Trieste e una donna. La poesia in esame viene collocata all’inizio di questa sezione proprio per sottolineare l’importanza della sua città e per dare un segno di svolta rispetto ai temi precedenti.
L’ultima edizione del Canzoniere viene pubblicata postuma, nel 1961 e comprende tutte le liriche del poeta, suddivise in tre volumi (tra queste ricordiamo: A mia moglie). Oltre ai temi dell’eros- amore, dell’infanzia e della vita quotidiana, importanti sono le poesie dedicate alla sua città. Trieste diventa il simbolo dell’animo scisso del poeta: da un lato ha una leggera malinconia che si può avvertire passeggiando per le strade, dall’altro esprime una brulicante vitalità. Trieste viene anche identificata come una figura femminile, forse la balia o la moglie, che sta ad indicare proprio il suo difficile rapporto con l’altro sesso a causa dell’infanzia travagliata.
Trieste: testo della poesia
Ho attraversato tutta la città.
Poi ho salita un’erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.
Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un’aria strana, un’aria tormentosa,
l’aria natia.
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.
Trieste: analisi della poesia
La poesia Trieste è composta da tre strofe, con versi di varia misura e liberamente rimati. Ognuna delle tre strofe si apre con un’immagine della città, ma ciascuna è diversa dall’altra.
Nella prima strofa prevalgono le immagini narrative: Trieste viene vista dal punto di vista del poeta che la attraversa e trova in essa un posto nel quale potersi riposare (un cantuccio).
Nella seconda strofa invece prevalgono le descrizioni di Trieste stessa che viene paragonata ad un ragazzo scontroso e avido di nuove esperienze. Prosegue poi con la descrizione delle strade, da un punto di vista realistico, fino a definire l’aria della città come tormentata e strana. Trieste è piena di inquietudine che si percepisce tra le strade e le piazze.
Nella terza strofa, la più breve perché composta da soli tre versi, il poeta esprime una sorta di sentenza: Trieste è una città viva e ha un posto (un cantuccio, di nuovo) adatto a lui.
Solo nella seconda strofa in realtà possono cogliersi le caratteristiche della città, perché nella prima e nella terza è il poeta il protagonista principale, perché descrive i suoi stati d’animo mentre la percorre.
Come figure retoriche si segnalano: la consonanza in -t al primo verso; scontrosa grazia, all’inizio della seconda strofa, che è un ossimoro (parole che esprimono concetti contrari); l’uso di alterazioni e vezzeggiativi (ragazzaccio, muricciolo).
Il rapporto di Umberto Saba con Trieste può quindi considerarsi esso stesso un ossimoro: un sentimento di amore-odio. Da un lato trova la città triste e incapace di gentilezza, un ragazzo troppo giovane; dall’altro invece è ricca di bellezza. I vocaboli “pensosa e schiva” si contrappongono fortemente alla città viva e brulicante, facendo risaltare maggiormente questa contraddizione.
La poesia denota forte empatia tra la città e il poeta, come se Trieste fosse la sua casa ed egli si andasse a raccogliere in un angolino per guardarla: la città quindi non è una qualsiasi città descritta, ma rappresenta proprio una difesa per il carattere solitario del poeta, che, chiudendosi tra le sue strade, cerca di calmare il suo dissidio interiore.