Il giornalismo agli inizi del Novecento
Agli inizi del Novecento per l’Italia si aprono prospettive di progresso civile, sociale ed economico. Tuttavia, il giornalismo e l’editoria giornalistica sono ancora fragili. Di conseguenza, si verificano alcuni cambiamenti necessari per lo sviluppo editoriale.
Approfondimento
Il contesto storico
Il tenore di vita delle zone più sviluppate del paese è elevato. Si amplia la rete ferroviaria e migliora il servizio postale. La circolazione delle informazioni è resa più veloce dall’utilizzo del telegrafo. Entrano in funzione, tra il 1902 e il 1903, le linee telefoniche a lunga distanza Milano – Roma e Milano – Parigi.
Nel 1901, il 48,7 per cento degli italiani è ancora analfabeta. Si entra in una condizione di libertà più ampia sotto la guida di Giolitti, anche se il diritto di voto è riconosciuto a un numero ristretto di cittadini; si dovrà attendere il 1913 per estendere il suffragio a tutta la popolazione adulta maschile.
Il giornalismo all’inizio del Novecento
Il “Secolo”, “Il Corriere” e la “Tribuna” all’inizio del Novecento sono gli unici quotidiani che tirano 100.000 copie circa. Alla rotativa, nel 1906, viene invece sostituita la Linotype: ne vengono installate novanta prevalentemente a Milano. A Palermo, nel 1900, nasce il quotidiano “L’Ora” finanziato dall’armatore Florio.
Cambiano, all’inizio del secolo, la fisionomia e la struttura del quotidiano: si passa al formato grande con la pagina suddivisa in cinque colonne con una foliazione di sei pagine e, già nel 1906, alcuni giornali – “Il Corriere” in testa – cominciano ad uscire a otto pagine, alcune volte la settimana.
Il giornale viene diviso per argomenti con testatine ad hoc: la cronaca cittadina, quella giudiziaria, alla quale viene assegnato molto spazio, le notizie teatrali, “le recentissime”.
Resta il romanzo d’appendice, ma non compare più a “fogliettone” in prima pagina. Occasionali e succinte sono invece le notizie sportive.
Il lunedì non escono i quotidiani del mattino. La prima pagina non si trasforma nella pagina – vetrina che Dario Papa aveva tentato di importare da New York: in prima pagina vengono infatti collocate le informazioni politiche, quelle culturali e le corrispondenze di un inviato.
Il giornale collettivo e i ruoli
Nasce il giornale collettivo, con la conseguenza che il lavoro nelle redazioni viene suddiviso. Il direttore è la più alta carica gerarchica del giornale, seguito dal redattore capo, che è il suo factotum per la realizzazione del giornale. Un rilievo professionale è riconosciuto agli inviati speciali, ai cronisti e al critico teatrale e letterario.
La Stefani continua ad essere l’unica agenzia nazionale di notizie ed opera ancora in condizioni di arretratezza. Per le informazioni dall’estero ha un accordo con la Wolff, che a sua volta è collegata con la Reuters. Contrariamente ai giornali stranieri, come i quotidiani francesi, inglesi e statunitensi dove si delinea la differenza tra i giornali di qualità e quelli popolari, in Italia i quotidiani scelgono la formula “per tutti”, mentre i settimanali di attualità e varietà operano sulla strada della diversità del pubblico.
Aumenta la diffusione della stampa femminile, di quella per bambini e per ragazzi. Mentre la stampa sportiva è agli albori. I primi settimanali sono dedicati al ciclismo.
È nel 1896 che nasce La Gazzetta dello Sport, della casa editrice Sonzogno, ma subirà la trasformazione in quotidiano solo nel 1919. Nasce, nel 1908, la Federazione nazionale della stampa italiana.
All’inizio del XX secolo
Nel 1900 e nel 1901 inizia una straordinaria stagione dell’editoria e del giornalismo d’opinione e di informazione grazie a:
- Luigi Albertini, alla guida del “Corriere”;
- Alfredo Frassati alla “Stampa”;
- Alberto Bergamini al “Corriere d’Italia”.
Albertini è legato alla destra storica, sarà sempre avverso a Giolitti e ai suoi metodi di governo e alle sue idee. Sotto il profilo giornalistico, si ispira al giornalismo inglese, prendendo come modello il “Times”. In Corriere, in pochi anni, ha una fitta rete di corrispondenti dalle capitali europee, tra i quali quello che si mette in luce durante la guerra russo-giapponese è Luigi Barzini.
Il “Corriere” riesce a diventare in breve tempo il giornale più ricco e accurato del Paese. Cambia veste la sua impaginazione che diventa più vivace perché la suddivisione della pagina in sei colonne obbliga a introdurre qualche titolo di taglio, anche se la veste resta sostanzialmente austera. Quando gli altri quotidiani iniziano con la pubblicazione delle fotografie, “Il Corriere” non ne pubblica più di due per numero, aprendosi invece a nuovi argomenti, quali l’aviazione e lo sport.
Proprio nel 1900 Albertini può intimare a Romussi (Secolo) di togliere dai manifesti e dalle locandine la dicitura “il più diffuso quotidiano d’Italia”. Avviene, dopo un inseguimento durato quasi trent’anni, il sorpasso.
Altro personaggio di spicco del giornalismo dell’età giolittiana è Alfredo Frassati, il creatore delle fortune de “La Stampa”. Al contrario di Albertini, appoggia Giolitti e diverse sono la matrice culturale e professionale. Frassati aveva trascorso tre anni in Germania, quindi i suoi modelli sono alcuni giornali tedeschi come il “Frankfurter Zeitung”.
La terza pagina
Ad Alberto Bergamini, terzo uomo importante di questo inizio Novecento alla guida del “Giornale d’Italia”, si deve la creazione della Terza pagina. Bergamini fa del suo giornale un foglio movimentato, introducendo alcuni propositi “americanizzanti” di Dario Papa: le notizie e gli articoli più interessanti in prima pagina, servizi dall’estero ma anche una ricca cronaca cittadina.
Primo esemplare di Terza pagina è considerata quella uscita il 10 dicembre 1901, nella quale Bergamini riunisce quattro articoli di critica e di cronaca dedicati alla prima rappresentazione della “Francesca da Rimini” di Gabriele D’Annunzio.