Eccidio di Sant’Anna di Stazzema

Nell’estate del 1944 un piccolo paese in provincia di Lucca, Sant’Anna di Stazzema, diventò il teatro di un eccidio insensato, uno degli ultimi massacri voluto e realizzato dall’esercito tedesco che oramai era prossimo alla sconfitta. Sant’Anna di Stazzema era un villaggio di montagna, all’epoca raggiungibile solo attraverso strade impervie e poco battute, e abitato da pochissime persone. Tuttavia, a causa degli sfollamenti di quell’estate, la sua popolazione aumentò fino a raggiungere il numero di 1.500 abitanti.

Eccidio di Sant'Anna di Stazzema - 12 agosto 1944
Eccidio di Sant’Anna di Stazzema: una targa in memoria della neonata Anna Pardini, la più piccola vittima della strage perpetrata il giorno 12 agosto 1944.

In quelle zone la guerra imperversava soprattutto attraverso gli scontri fra milizie, tedeschi e partigiani. Alla fine di luglio si moltiplicarono gli scontri fra partigiani e truppe tedesche. La X brigata Garibaldi fu fra le protagoniste di questi scontri, che si svolsero sul monte Ornato e che furono probabilmente le cause dell’atto terroristico che i tedeschi organizzarono contro la popolazione inerme di Sant’Anna di Stazzema.

L’Eccidio di Sant’Anna di Stazzema: i fatti

Il massacro si compì inizialmente sulla piazza centrale del paese, dove vennero raccolte decine di persone. Un plotone di esecuzione ne uccise la maggior parte, mentre i pochi sopravvissuti vennero bruciati insieme ai corpi dei loro concittadini.

L’orrore annichilì tutti: i tedeschi, senza avere alcuna pietà per donne, bambini e anziani, compirono le loro uccisioni utilizzando fucili, mitragliatori e bombe a mano. Furono rastrellate le case per trovare chi si nascose e lì ucciderli, anche con il calcio dei fucili.

Il numero delle vittime fu di circa 560, di cui 130 bambini. L’assassinio di innocenti fu una delle caratteristiche più atroci di questo massacro, ricordato come “Eccidio di Sant’Anna di Stazzema“. I bambini furono deliberatamente cercati e assassinati affinché il massacro vendicativo rimanesse ancora più inciso nella memoria dei partigiani e delle popolazioni del luogo.

Non si trattò di una rappresaglia ma della decisione del comando tedesco di distruggere qualsiasi forma di resistenza da parte della popolazione civile, non solo per togliere la protezione e l’aiuto ai partigiani, ma anche per annichilire e terrorizzare altri paesi e villaggi della stessa zona.

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La condanna dei responsabili: 60 anni dopo

Immediata, benché inutile, fu l’indagine sul massacro che aveva lo scopo di individuare i criminali responsabili di tanta efferatezza. Infatti, le indagini e i successivi processi non portarono a nessuna condanna fino al 2005, cioè sessant’anni dopo i fatti.

Il Tribunale militare della Spezia condannò alla pena dell’ergastolo dieci ufficiali e sottufficiali delle SS, accusati di aver partecipato al massacro del 12 agosto del 1944. I condannati vennero individuati grazie alle indagine che il procuratore militare di Roma Antonino Intelisano ordinò, dopo aver rinvenuto molti fascicoli depositati in un armadio collocato in uno scantinato della procura militare di Roma, mentre stava svolgendo alcune indagini riguardanti il processo di Erich Priebke e Karl Hass.

Fra questi fascicoli era presente anche la documentazione sull’eccidio di Sant’Anna. Grazie a questi documenti e alle testimonianze dei sopravissuti fu possibile ricostruire gli accadimenti che segnarono quel giorno dell’estate 1944, individuare una parte dei responsabili, ancora vivi, e arrivare ad una condanna.

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Il processo del 2005 vide impegnato il pubblico ministero Marco de Paolis che presentò, non solo la documentazione, ma anche le testimonianze, oltre che di testimoni oculari, anche di due soldati delle SS che erano appartenuti ai reparti che eseguirono l’eccidio. Il processo vide imputati solo gli ufficiali e i sottufficiali, ma non i soldati. Visto il numero de soldati coinvolti, infatti, si preferì processare solo chi aveva organizzato ed ordinato il massacro.

La Corte di Cassazione confermò le condanne nel 2007.

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Fulvio Caporale

Fulvio Caporale è nato a Padova e vive a Milano. Laureato in Scienze Politiche svolge la professione di consulente editoriale e pubblicitario. Collabora con case editrici e giornali cartacei e online occupandosi di libri, arte ed eventi culturali. Ha tradotto testi letterari e tecnici dallo spagnolo, dal portoghese, dall'inglese e dal catalano.

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