Le scalate del K2
“Nel Karakorum il K2 è, per altezza, solo la seconda vetta del mondo, ma tenendo conto di altezza, pericolosità e difficoltà tecniche, è considerato l’ottomila più impegnativo”. Queste le parole di Reinhold Messner riguardo alla Montagna Selvaggia: con questo nome è conosciuto il K2 per la sua estrema difficoltà di scalata.
Approfondimento
Il K2, la montagna selvaggia
Noto anche come Monte Godwin-Austen, cioè colui che effettuò i primi rilevamenti nel 1856, ChogoRi (Grande Montagna in lingua balti, dialetto tibetano) o Dapsang, è situato nel gruppo Karakorum. Il suo nome, K2, sta ad incare la seconda cima del Karakorum, anche se in realtà questo è dovuto ad un errore di misurazione, essendo il K1, il Masherbrum, più basso. Si decide di mantenere la dicitura perché il 2 corrisponde alla posizione del K2 nella lista delle cime più alte al mondo, appartenente alla catena dell’Himalaya.
Dopo l’Everest, è la seconda montagna più alta del pianeta con i suoi 8.611 metri. Confina con il Kashmir del Pakistan e la Provincia Autonoma Tagica di Tashkurgan di Xinjiang, Cina. Appartenente al cosiddetto “Ottomila”, il gruppo delle 14 vette della Terra che superano gli 8.000 metri di altitudine, il K2 ha il terzo più alto tasso di mortalità di scalata. L’ascensione è ritenuta più difficoltosa di quella dell’Everest: i suoi versanti sono estremamente ripidi, vi è forte esposizione e numerosi tratti di arrampicata sono difficili ed impegnativi, soprattutto in prossimità della vetta; vi sono inoltre scarse possibilità di accampamento.
Il campo base è situato ad 80 Km di distanza a piedi dalla più vicina località raggiunta da veicoli, Askole, un piccolo villaggio situato nella parte più remota della regione del Karakorum, a circa 3.000 metri di altitudine. Per accedere alle vie di ascensione del K2 è necessario percorrere 60 Km sul ghiacciaio Baltoro, ghiacciaio vallivo situato dopo Askole. Quindi enormi difficoltà si riscontrano anche ad arrivare e a montare il campo base, considerando anche che spesso la montagna è soggetta allo scatenarsi di violente tempeste che durano diversi giorni.
Le prime spedizioni
I tentativi di scalare il K2 cominciano nel 1902 e se ne contano cinque. Il primo è compiuto da una spedizione guidata da Aleister Crowley ed Oscar Eckenstein, che giungono ad una quota di 6.600 metri ritirandosi poi a causa del maltempo.
La via di salita lungo lo sperone est della montagna, nota come Sperone degli Abruzzi, è scoperta nel 1909 dalla spedizione italiana guidata da Luigi Amedeo di Savoia duca degli Abruzzi, da cui lo sperone prende il nome.
Seguono altre due spedizioni statunitensi negli anni Trenta, dove si raggiunge la quota di 7.800 e 8.200 metri. In quest’ultima muore la prima vittima del K2, il milionario Dudley Wolfe, i cui resti furono scoperti soltanto nel 2002. Nel 1953 un’altra spedizione statunitense si conclude in tragedia, con la morte di Art Gilkey, colpito da tromboflebite ed edema polmonare, spazzato via da una valanga.
La spedizione italiana del 1954
Nel 1954 parte una spedizione italiana guidata dal ricercatore Ardito Desio e costituita da 30 alpinisti, 13 italiani e 10 hunza (popolazione che vive nelle valli pakistane), 5 ricercatori e 2 membri pakistani.
La squadra alpinistica risulta composta da: Erich Abram, Ugo Angelino, Walter Bonatti, Achille Compagnoni, Cirillo Floreanini, Pino Gallotti, Lino Lacedelli, Guido Pagani, medico-alpinista, Mario Pùchoz, Gino Soldà, Ubaldo Rey, Sergio Viotto. Capospedizione: Ardito Desio.
Del gruppo degli scienziati fanno parte: il capitano Francesco Lombardi, topografo dell’Igm; Antonio Marussi, direttore dell’Istituto di Geofisica dell’Università di Trieste; Paolo Graziosi, docente di Paleontologia all’Università di Trieste; Bruno Zanettin, petrografo, docente all’Istituto di Geologia all’Università di Padova; Mario Fantin, cineasta.
Designati per conquistare la cima sono Achille Compagnoni e Lino Lacedelli.
Seguita la via dello Sperone degli Abruzzi, il campo base è posto a 4.970 metri. Viene nominato quale capo spedizione in quota Achille Compagnoni, in quanto Ardito Desio non sale mai oltre la quota del campo base.
Le operazioni per la spedizione cominciano tra la fine di maggio e l’inizio di giugno con l’allestimento dei primi campi. Il 21 giugno la spedizione è segnata dalla tragedia della morte della guida Mario Puchoz, colpito da edema polmonare. Vengono predisposte corde fisse per facilitare lo spostamento degli alpinisti tra il campo base e i campi avanzati e per consentire il trasporto dei viveri e del materiale necessario alla salita in vetta. Le cordate Compagnoni-Rey e Lacedelli-Bonatti attrezzano la via fino alla Spalla del K2. Viene costruita inoltre una teleferica manuale nella parte più bassa del percorso.
Il 18 luglio vengono predisposti circa 700 metri di corde fisse sulla cosiddetta Piramide Nera, la difficile zona rocciosa posta poco sotto 7.000 metri. Il 25 luglio viene raggiunta la quota di 7.345. Dopo due giorni di maltempo, il 28 luglio viene montato il campo a 7.750 metri e quello a 7.627, dove Compagnoni e Lacedelli passano la notte. Il 29 luglio il tentativo dei due alpinisti di salire lungo il muro di ghiaccio non va a buon fine. Partono il giorno dopo e montano il campo a 7.900 metri.
Il 31 luglio verso le 6.30 partono dal campo e cominciano l’ascensione della vetta con l’uso delle bombole di ossigeno recuperate al bivacco a 8.100 metri, dove i compagni Bonatti e Mahdi le avevano lasciate.
Alle ore 18 del 31 luglio 1954, Achille Compagnoni e Lino Lacedelli raggiungono la vetta del K2 a 8.611 metri. E’ la prima volta che l’uomo raggiunge tale vetta.
Gli altri alpinisti rimasti ai campi a quote più basse, li vedono raggiungere la vetta, dove i due piantano una piccozza con le bandiere italiana e pakistana. Si scattano alcune foto a vicenda.
Compagnoni in seguito riporterà gravi congelamenti a due dita che gli verranno amputate. Verso le 23 tornano al campo sottostante per festeggiare con i loro compagni.
In Italia la notizia giunge a mezzogiorno del 3 agosto.
Da quel momento il K2 diviene per tutti la montagna degli italiani.