La pazza gioia, trama e recensione del film di Paolo Virzì
Diretto da Paolo Virzì nel 2016, La pazza gioia è un film che vede due protagoniste femminili: Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti. Quest’ultima è moglie di Virzì. Il film è stato presentato al Festival di Cannes 2016. Dopo il breve viaggio al Nord con “Il capitale umano” il regista torna alla natia Toscana per cucire la trama di questo lungometraggio.
Approfondimento
Trama del film
Protagoniste della pellicola del 2016 sono Beatrice Morandini Valdirana e Donatella Morelli. Due mondi opposti che collidono perché entrambe “recluse” a seguito di una sentenza del giudice all’interno dell’istituto terapeutico Villa Biondi, nei pressi di Pistoia. Da una parte Beatrice (Valeria Bruni Tedeschi): vocabolario tagliente, rubrica piena di vip e politici, narcisista, bugiarda, viziata, spocchiosa e senza peli sulla lingua. Dall’altra Donatella (Micaela Ramazzotti): umile, esile, tatuata e spettinata; quest’ultima è una donna distrutta dal dolore per un figlio illegittimo che le è stato portato via a seguito di un insano gesto.
Le due si trovano vicine l’una all’altra, alle altre pazienti e agli assistenti, giorno dopo giorno. Finché la routine non si rompe per una falla nel sistema di sicurezza. A bordo di un autobus prima, per poi proseguire in macchina e a piedi, parte la fuga delle due. Un viaggio verso la vita di prima, verso un futuro migliore, ma con l’idea condivisa di darsi, per una volta, alla pazza gioia.
Come nella migliore letteratura cinematografica, anche questo women movie metterà insieme risate e lacrime, corse sfrenate e momenti di grandi profondità fino all’epilogo in cui tutto torna all’ordine dell’inizio, senza più essere lo stesso.
La strana coppia Bruni Tedeschi – Ramazzotti
La forza del film, 12esima pellicola firmata da Paolo Virzì e scritta dal regista insieme a Francesca Archibugi, è il mix (esplosivo) delle due protagoniste: uguali per il triste destino, ma diversissime. Beatrice è ricca, Donatella è povera; la prima è moglie e amante, la seconda è prima di tutto madre e, in ogni caso, donna ingannata fino alla maternità.
Beatrice è elegante, Donatella è disordinata e vestita di molto poco. Beatrice ha una voce sottile, un sorriso frizzante e occhi sempre al cielo, Donatella ha le spalle chiuse in avanti, la voce bassa e un’espressione sempre sofferente. Queste caratteriste dipingono, così, il larghissimo spettro delle donne che si racchiudono nelle due eroine di Virzì: fragili e forti insieme, leggere ma importanti contemporaneamente. In ogni caso, complementari.
La pazza gioia premiato con numerosi riconoscimenti
La pazza gioia ha avuto decine di candidature e altrettanti premi. Fra i tanti riconoscimenti nazionali (Globo d’oro 2017, Ciak d’oro 2017 e Ischia film festival, fra gli altri) e internazionali, spiccano le 10 candidature portate a casa ai Nastri d’argento e al David di Donatello.
Alla prima manifestazione, nella sua 71esima edizione, al teatro antico di Taormina, il film di Virzì è stato premiato per migliore regia, migliore attrice protagonista (Valeria Bruni Tedeschi e anche Micaela Ramazzotti), migliori costumi (Katia Dottori) e migliore colonna sonora (Carlo Virzì).
Ai David di Donatello, nella 62esima edizione, “La pazza gioia” ha vinto nelle categorie migliore regia, migliore attrice protagonista per Valeria Bruni Tedeschi, migliore scenografia (Tonino Zera) e miglior acconciatore (Daniele Tartari).
Un nuovo diamante firmato Virzì
Tutti i film di Virzì hanno un cuore unico: il racconto dell’umanità per quella che è, alti e bassi. E, in particolare, quello del regista livornese, in oltre 10 anni di carriera e attraverso 12 film, è un universo abitato dalla creature più disparate. Ci sono liceali di periferia dalle grandi speranze (Ovosodo, 1997), giovani inattesi emigranti per amore (My name is Tanino, 2002), adolescenti in cerca di amiche e identità (Caterina va in città, 2003), filosofe centraliniste d’occasione (Tutta la vita davanti, 2008), cantanti straordinarie impiegate in Trenitalia (Tutti i santi giorni, 2012), per citarne alcuni.
Con “La pazza gioia” Paolo Virzì aggiunge alla già ricca compagnia di personaggi, scritti e coscritti, due donne, con tutto quello significa, e in trattamento terapeutico psichiatrico, con tutto quello che comporta.
“La pazza gioia” ha tutti i numeri per diventare un film che parlerà nei decenni: è ben scritto, recitato e, girato, si svolge su scenografie bellissime e ha una colonna sonora che resta nel cuore. E, infine, tocca il cuore e lascia un dubbio sulla normalità: missione (cinematografica) decisamente compiuta.