Professione: “maniaca seriale” – Intervista a Chiara Poli
Chiara Poli nasce a Bergamo il 21 febbraio 1975. Giornalista, si è diplomata come Sceneggiatrice/Autrice tv presso la Civica Scuola di Cinema di Milano, e nel 2003 dopo la pubblicazione del suo primo libro (“Ammazzavampiri – La prima guida italiana al serial TV Buffy”, Ed. ETS – Edizioni di Cineforum) ha iniziato a scrivere di telefilm per “TV Sorrisi & Canzoni”, “Satellite” e “Telefilm Magazine”. Nel 2008 ha pubblicato “La vita è un telefilm” (Garzanti) insieme a Leo Damerini. A breve uscirà il suo ultimo libro: “Maniaci seriali – Le serie tv e i loro fan” (Edizioni di Cineforum). Nel 2007 inizia a lavorare per Fox Channels Italy, diventando in seguito Direttore del Magazine di Foxtv.it, il Magazine delle reti satellitari del gruppo FOX dedicato a serie e telefilm. Un impegno che continua a portare avanti anche oggi.
Chiara, come sei riuscita a diventare Direttore di una rivista così importante, legata al canale FOX, per gli amanti delle serie?
Con tanto impegno e tanta, tanta passione. Mi sono un po’ inventata il lavoro, diciamo, specializzandomi già dal 2002 in serie tv dopo gli studi cinematografici. Allora i telefilm non erano tenuti molto in considerazione, ma ho provato a tenere duro e tutto è andato per il meglio: oggi le serie tv vantano una qualità pari a quella del cinema (se non superiore, in certi casi). All’inizio, mentre cercavo la mia strada, ho tenuto corsi di analisi del testo audiovisivo e cinematografico, laboratori di sceneggiatura, e sono stata chiamata da Mediaset per un progetto di scrittura televisiva all’americana.
Dopo il libro su Buffy (che conteneva alcune imprecisioni legate all’ingenua volontà di restare fedele all’adattamento e alla programmazione italiana della serie, errore che non ripeterò!) ho iniziato a collaborare con “TV Sorrisi & Canzoni”, “Telefilm Magazine” e “Satellite”. In FOX hanno notato il mio lavoro per i lanci delle loro serie tv su “Satellite”, e quando hanno iniziato la ristrutturazione del loro sito mi hanno chiesto di inviare il mio curriculum. Dopo qualche mese mi hanno chiamata, e dopo aver passato la selezione ho iniziato la mia avventura con il Magazine.
Ho iniziato a scrivere moltissimo, ad integrare i miei studi su cinema e tv, sui quali baso il mio lavoro, e soprattutto a guardare tutte le serie – vecchie e nuove – che potevo. Qualche anno dopo, quando il Magazine è diventato testata giornalistica (recentemente il formato è cambiato, ma non il mio lavoro), mi sono regolarmente iscritta all’Ordine dei Giornalisti e sono stata nominata Direttore.
Ho imparato moltissimo da questi anni in FOX, soprattutto grazie al costante contatto con i miei lettori, che ogni giorno arricchiscono la mia esperienza con i loro commenti, le loro critiche e le loro opinioni. Molti di loro sono diventati miei “amici” su Facebook e ci teniamo costantemente in contatto.
Da dove nasce la tua passione per i telefilm?
Dai miei ricordi dei pomeriggi da bambina, quando guardavo “Hazard”, “Supercar”, “Ralph Supermaxieroe” e tutti i mitici telefilm degli anni ’80, e dalla mia passione per il cinema. Ho divorato migliaia di film, per tutta la vita. Ne guardo ancora tre o quattro ogni weekend. In settimana invece vedo solo serie tv.
Negli anni ’90 sono arrivate le prime “manie” televisive: ricordo che il giovedì sera, quando Italia 1 trasmetteva “Beverly Hills 90210”, staccavo il telefono e non rispondevo al citofono. Fu l’inizio di una passione folgorante: mi accorsi che le serie tv erano come i film a puntate degli anni ’50 e ’60 che tanto mi piacevano (recuperavo in VHS tutti quelli disponibili) e che erano in grado di trascinarti in quel “tunnel” dal quale non volevi mai uscire, gridando “No! Ancora una puntata!” quando arrivavano i titoli di coda.
Il numero delle serie che seguivo aumentava sempre più, insieme al “rituale” in base al quale organizzavo le mie serate (il videoregistratore c’era, ma vogliamo mettere una puntata registrata con una trasmessa “in diretta” in tv?) Così, dopo aver studiato Cinema all’Università e Sceneggiatura alla Scuola di Cinema, ho pensato di provare ad applicare gli stessi metodi che usavo per analizzare il film alle serie tv.
Ha funzionato e … Eccomi qua! Sono qui, così appassionata che ho deciso di dedicare il mio ultimo libro, disponibile a breve in ebook, proprio alla “relazione d’amore” fra i fan e le serie. Il libro, “Maniaci seriali: Le serie tv e i loro fan” racconta i meccanismi di “innamoramento” e identificazione con i personaggi, la condivisione della passione per le serie sui social network, la censura televisiva … E ci sono due capitoli dedicati a “Lost” e “The Walking Dead,” due serie rappresentative di come la passione per una serie tv può “contagiare” milioni di persone in tutto il mondo.
Foxtv.it è una diretta ‘trasposizione’ dell’originale americana Foxtv.com, specializzata nel genere telefilm e serie. Quali sono le differenze, se ci sono, con la ‘versione italiana’ ?
Le linee guida grafiche sono le stesse per tutte le versioni internazionali dei siti istituzionali di FOX, con loghi e quant’altro che ovviamente contribuiscono a riconoscere immediatamente l’identità aziendale. Ma grazie all’attenzione per ogni diversa realtà nazionale, ciascun sito viene adattato alle diverse esigenze. La versione italiana offre ai navigatori una serie di sezioni dedicate a ciascuna serie completa di tutti i contenuti desiderabili: i video, le gallery fotografiche, le informazioni sulla serie, sul cast e sulla messa in onda, la guida agli episodi e le ultime news, per restare sempre aggiornati su tutto ciò che succede oltreoceano.
In poche parole il tuo lavoro consiste in …
Scrivere ogni giorno articoli e testi sulle serie tv: lanci e presentazioni di nuove serie o stagioni in arrivo, analisi degli episodi, riassunti delle trame, news sulle serie in arrivo e sulle novità più interessanti sul fronte “casting”, curiosità su attori e personaggi … E naturalmente seguire tutto quello che c’è in onda sulle reti FOX.
Che differenza c’è tra un telefilm e una serie?
Nessuna, in realtà. C’era una differenza, principalmente in ambito accademico, fra serie e serial. Dipendeva sostanzialmente dai meccanismi narrativi e dal grado di evoluzione di trame e personaggi. Oggi siamo arrivati a un utilizzo di “serial” per indicare principalmente i prodotti di fiction fondati sugli stilemi narrativi della soap opera.
Telefilm invece è un termine tutto italiano, che ha sempre fatto riferimento indistintamente a serie, serial e sitcom. Io uso indifferentemente “telefilm” e “serie tv”, faccio invece una distinzione quando devo parlare di “sitcom”, che si differenzia principalmente per il formato: intorno ai 20 minuti di durata contro i 40 o 50 delle serie.
Attualmente però sono intervenuti altri generi e formati, come il “dramedy” (mix di dramma e commedia intorno alla mezz’ora), che hanno creato una serie di eccezioni alla vecchia distinzione. Indipendentemente dall’evoluzione dei generi e del linguaggio, io devo dire di essere davvero molto affezionata al termine “telefilm”: è quello con cui sono cresciuta. Negli anni ’80 non avevamo idea di cosa fosse una serie tv!
Hai mai avuto l’opportunità, in qualità di Direttore, di incontrare o intervistare un produttore o un attore di qualche serie?
Da quando lavoro per FOX ho intervistato Josh Duhamel (“Las Vegas”) e Scott Bakula (“Quantum Leap”, “Enterprise”). Prima, per le altre testate, avevo intervistato Chris Carter e Lance Henriksen per “X-Files” e “Millennium”, Jason Bateman insieme all’allora vice presidente della NBC per il lancio italiano di “Arrested Development”, James Marsters e David Boreanaz per “Buffy”, Kate Mulgrew per “Star Trek: Voyager” e sicuramente qualcun altro che ora mi sfugge …
Per ovvi motivi, sei praticamente obbligata a stare incollata alla tv e a seguire le vicende di tutte le serie, per offrire poi commenti, spunti di riflessione, curiosità e anteprime ai tuoi lettori. Un lavoro perfetto per gli amanti della tv. Ti è mai capitato di annoiarti o addirittura smettere di seguire qualche episodio?
Oh, caspita, sì che mi è capitato! Ho mollato tante serie, in passato. Da qualche anno a questa parte però non mi succede quasi più: il livello è talmente alto che faccio veramente fatica a trovare una serie che non mi piace, o ancor peggio che riesca ad annoiarmi. Vediamo un po’. Non sono mai riuscita a guardare un episodio intero di “Settimo Cielo” (eppure mi sono vista “La corazzata Potemkin”, all’Università!). Ho visto molti spezzoni qua e là, ma all’episodio in cui un liceale viene portato dal Preside con l’accusa di molestia sessuale per aver tirato le spalline del reggiseno a Jessica Biel ci ho messo definitivamente una croce sopra.
Negli anni ho mollato per noia anche, fra quelli che ricordo, “Baywatch” (c’è un limite a tutto: dopo tot stagioni di pettorute bagnine in costume a un certo punto, da donna, rinunci), “Cleopatra 2525” (molto divertente, peccato che la cosa sia involontaria), “V” (noia, noia. Ho mollato alla quarta puntata) e “L’atelier di Veronica” (con tutto l’amore per Kristie Alley: non faceva ridere. Mai). Trovo abbastanza noioso anche “Tutto in famiglia”, per essere una sitcom.
Dalle pagine del tuo blog, da Facebook e Twitter, oltre che su YouTube, rendi partecipi in tempo reale spettatori e lettori delle vicende dei personaggi delle serie. Ad oggi, qual è stata la serie che ha coinvolto di più il pubblico?
Sicuramente “Lost”, in assoluto. Molte altre serie, da “Grey’s Anatomy” a “The Walking Dead”, passando quindi da generi molto diversi che conquistano fasce di pubblico diverse ma comunque molto vaste, sono seguite e amate da un gran numero di telespettatori. Ma come ripeto anche nel mio nuovo libro, in cui dedico un capitolo all’esperienza “d’amore” del pubblico con “Lost”, non c’è nulla in grado di eguagliare la serie creata da J. J. Abrams, Jeffrey Lieber e Damon Lindelof e curata dai produttori esecutivi Lindelof e Carlton Cuse. Niente è come “Lost”, proprio perché con quel meccanismo di continue domande, in gran parte prive di risposte (arrivavano sempre nuovi quesiti, ma pochissime soluzioni!), i telespettatori hanno sentito il bisogno di costruire e condividere le loro teorie.
Il risultato è sfociato in un’esperienza di visione collettiva che ha coinvolto milioni di telespettatori (anche quelli italiani, grazie alla messa in onda a 24 ore di distanza dagli Usa) e che ha dato luogo a interessantissime riflessioni condivise da centinaia di persone, pronte a confrontarsi e discutere su tutti i forum, i siti ufficiali e i social network. “Lost” è stata l’esperienza più coinvolgente per il pubblico dei “maniaci seriali”, ovvero dei grandi appassionati di serie tv, ma ha trascinato con sé anche telespettatori “occasionali”, che non hanno resistito e si sono fatti coinvolgere come mai avevano fatto prima.
E che ha coinvolto di più Chiara Poli?
Ho una lista lunghissima di grandi, grandi amori televisivi: “X-Files”, “Angel”, “Scrubs”, “The Walking Dead”, “Battlestar Galactica”, “I Soprano”, “True Blood”, “Supernatural”, “Star Trek“, “24”, “Medium”, “Breaking Bad”, “The Big C” … Sono tantissimi, davvero. Ma su quelli che mi hanno coinvolto di più non ho dubbi: “Buffy” e “Lost”.
“Buffy” è stato il mio “primo amore” televisivo, anche per lavoro. Ha cambiato la mia vita. Mi ha spinta a specializzarmi in serie tv, mi ha fatto scrivere il mio primo libro, mi ha fatto conoscere tanti altri appassionati che sono miei amici da più di dieci anni … “Lost”, come ho detto prima, ha rappresentato un’esperienza unica, mi ha messa in contatto con centinaia di persone, mi ha intrigata fin dal primo momento (l’episodio pilota resta fra i migliori mai visti) ed è legato al “Lost in Progress”, la rubrica di commento che ho scritto per FOX (dalla terza stagione, quella trasmessa dopo il mio arrivo in FOX, fino alla sesta). È stata forse l’esperienza lavorativa più gratificante ed emozionante della mia vita. E mi manca davvero tanto. Quanta “Lostalgia”!
Adesso, il rovescio della medaglia: la serie meno seguita, più criticata o ignorata, da te e dal pubblico.
Ce ne sono state tante, principalmente per una questione di gusti personali o di mancato tempismo, diciamo così. Ricordo ad esempio l’arrivo in Italia di “Arrested Development”, un piccolo gioiello che ha dato il via a una rivoluzione lingustica e produttiva grazie alla quale oggi abbiamo serie come “Modern Family”. Ai tempi dell’arrivo in Italia (ma anche negli Usa), circa dieci anni fa, il pubblico non era pronto per un linguaggio e un tipo di umorismo che suonavano troppo “nuovi” e difficili da comprendere per via dei tempi comici.
Nonostante la pioggia di premi prestigiosi e un cast composto da bravissimi attori, la serie venne cancellata negli Usa dopo la terza stagione (stagione, fra l’altro “ripescata” dopo l’ennesimo Golden Globe). Spesso le serie non vengono seguite perché sono un po’ “fuori tempo” e i gusti del grande pubblico non sono maturi. Altre volte invece sono … oggettivamente brutte, mal recitate, mal realizzate o con delle pessime sceneggiature. Ci sono tanti fattori che contribuiscono a fare di una serie un fallimento. Penso a flop clamorosi come quelli di “Acapulco H.E.A.T”., “Baywatch Nights”, “Joey” (che nonostante un buon cast non è mai riuscita a ingranare né a incontrare i gusti del pubblico), la già citata “Cleopatra 2525”, il recente remake di “Charlie’s Angels” e l’agghiacciante “V.I.P.” con Pamela Anderson.
Ci sono anche casi di serie interrotte direttamente dai produttori statunitensi, per motivi di budget, o di scarso audience. Mi vengono in mente “Kyle XY”, “FlashForward” ed il più recente “Terra Nova”. Si cercano nuove idee per allargare il consenso del pubblico, anche con “Spin-off” (cioè, si estrapolano dei personaggi da una serie per dare vita a nuove vicende alternative), ma spesso si lasciano gli spettatori a bocca asciutta di ciò che piace veramente. Dura legge di mercato? Come reagiscono i tuoi lettori-spettatori?
Sì, è la durissima legge dell’audience, che fra l’altro segue logiche non sempre chiare a tutti. I grandi network Usa si prefiggono determinate soglie d’ascolto, al di sotto delle quali le serie – indipendentemente dal gradimento del pubblico o dall’importanza del cast – vengono cancellate. A volte senza molto preavviso, lasciando i telespettatori (inclusa la sottoscritta) a bocca asciutta.
Le nostre reazioni sono comprensibilmente negative: non sapremo mai come finirà la storia, perdiamo serie alle quali eravamo affezionati e perdiamo fiducia. Molti dei miei lettori mi scrivono che non hanno voglia di iniziare a seguire una nuova serie, perché non vogliono correre di nuovo il rischio di rimanere senza un finale. Li capisco. Ma continuo a seguire tutto: le emozioni che ogni nuova serie può regalarti, secondo me sono un valido motivo per correre il rischio di essere lasciati in sospeso. Alcuni dei miei lettori la pensano così, ma sono di più quelli che rinunciano, dopo essere rimasti “scottati”.
Fra i casi più noti di serie senza finale, me ne vengono in mente due di alcuni anni fa (a dimostrazione che la dura legge degli ascolti negli Stati Uniti non dà tregua, da sempre). La terza stagione di “Dark Angel”, firmata da James Cameron, era già stata scritta ma non venne mai girata, lasciandoci tutti senza finale, perché non si trovò un accordo produttivo fra Cameron (che, essendo James Cameron, giustamente non era disposto a scendere a compromessi di budget!) e il network.
Per “Firefly”, l’ottima serie sci-fi (con un mix di fantascienza e western) di Joss Whedon, la serie non solo venne cancellata alla fine della prima stagione, ma negli Usa non mandarono in onda nemmeno tutti gli episodi, sospendendola bruscamente. Tempo dopo, Whedon ha diretto il sequel cinematografico di “Firefly”, “Serenity”, che ha avuto grande successo e lo ha portato, insieme al resto del suo lavoro, a dirigere “The Avengers” (recentissimo campione d’incassi e di critiche positive). Nei contenuti extra del cofanetto DVD (che io ho acquistato su Internet, facendolo arrivare dagli Usa: non è uscito per il mercato italiano) Whedon si prende una “rivincita”, facendo notare ai produttori che avevano cancellato “Firefly” come grazie al supporto dei fan fosse riuscito a portare avanti la storia, addirittura sul grande schermo.
Gli americani sono considerati i maestri nello sfornare serie di successo, così come i telefilm. E questo accade da sempre, se si guarda anche al passato, con “Il tenente Colombo”, “Starsky and Hutch”, o sit-com tipo “Arnold” o “I Jefferson”, solo per citarne alcuni. Secondo te, c’è qualcosa di buono anche in Italia?
Come posso dire … No. Credo che la fiction italiana sia indietro vent’anni, a livello di idee, rispetto agli Usa. Il recente grande successo de “Il tredicesimo apostolo” mi ha fatto pensare a dozzine di serie e film Usa che avevano già trattato, anni fa, tutti gli argomenti. Non ci sono idee nuove nella fiction italiana, ma soprattutto c’è quella incomprensibile mania di tenerla legata a dialoghi che suonano falsi, accompagnata da una recitazione teatrale inadatta alla tv.
Penso che “I Cesaroni” rappresentino uno dei rari casi in cui i dialoghi sono costruiti con la regola d’oro della sceneggiatura, ovvero la somiglianza, e la recitazione sia in gran parte “naturale”. Non completamente, ma in gran parte. All’inizio della mia carriera ho dovuto vedere parecchia fiction italiana. Fa parte della gavetta. Da quando ho potuto scegliere l’ho eliminata del tutto. Con una sola eccezione: “Boris”, che adoro proprio perché prende in giro i luoghi comuni e i punti deboli della fiction italiana.
Sono stata sul set di alcune produzioni, come sceneggiatrice, durante e subito dopo gli studi alla Scuola di Cinema. Sono state quelle esperienze a farmi decidere che non volevo fare la sceneggiatrice: non volevo assolutamente scrivere per la tv italiana. Perciò mi sono buttata sugli Stati Uniti, affascinata dai meccanismi di costruzione della “magia” delle serie, dai segreti del “dietro le quinte”. E oggi sono felicissima di averlo fatto. Rifarei la stessa scelta un milione di volte!
Oltre alla tua passione per la tv, c’è anche quella per gli animali. Hai tre bellissimi cuccioloni Labrador, di nome Asia, Pimpa, Dharma. Quest’ultimo nome però non mi è nuovo … oppure è solo una mia fissazione con “Lost”?
No, non è una tua fissazione … è la mia fissazione con “Lost”! Dharma è arrivata da noi il 5 agosto del 2010 dal canile di Lodi. Era stata abbandonata ai primi di luglio nei pressi del Lago Maggiore, quando aveva solo sette-otto mesi. Dopo essere stata randagia per qualche settimana, rischiando di morire di sete (il caldo non dava tregua, in piena estate!) ha avuto la fortuna di essere salvata da una volontaria del canile di Lodi, che ha diffuso il suo appello su Facebook per trovarle una nuova casa. Ho visto il volantino, la foto era minuscola e Dharma non si vedeva molto, ma ho detto a mio marito: “Dai, vai a prenderla in canile e portala qui. Noi abbiamo spazio e lei ha bisogno di una casa”. Al suo arrivo si sospettava che fosse incinta, diabetica e displasica. Alla fine è risultata affetta solo da una grave displasia. Faremo tutto il possibile, anche se pare che non ci sarà molto da fare. Pazienza. Vorrà dire che quando non riuscirà più a camminare, nonostante gli interventi, la porteremo in braccio!
In canile la piccola era stata chiamata Trudy, ma all’arrivo da noi (un’emozione indescrivibile: la prima sera l’ho guardata negli occhi e le ho promesso che noi non l’avremmo mai abbandonata, qualunque cosa fosse successa) ci siamo accorti che non rispondeva al nome. I suoi ex proprietari la maltrattavano, con il nostro aiuto ha superato in fretta i traumi subiti, però soffre molto di ansia da separazione, comprensibilmente. In questo momento è qui, incollata alla mia gamba destra, mentre scrivo! Per tutte queste ragioni, e per il fatto che “Lost” era finito da pochi mesi, ho deciso di ribattezzarla Dharma. Un omaggio al mio amore per “Lost”, alla presenza di un labrador nella serie e al mio amore per i labrador: era il nome perfetto!
Allora, in anteprima per i lettori di Biografieonline.it, puoi svelare che cosa si devono aspettare i fans dei serial dalla prossima stagione 2012-2013 sulle reti FOX?
Al momento è ancora troppo presto per conoscere con certezza titoli e date. Ma posso già dirvi che le novità saranno tante e come sempre in molti casi arriveranno a brevissima distanza dalla messa in onda negli Usa. Ad ogni modo, l’evento della stagione sarà sicuramente la terza, attesissima stagione di “The Walking Dead”, che debutterà in ottobre sia negli Stati Uniti, su AMC, che su FOX in Italia. Insieme ad “American Horror Story” (che nella seconda stagione rivoluzionerà tutto: parte degli attori saranno gli stessi ma interpreteranno personaggi diversi, con una trama tutta nuova), la serie tratta dai fumetti di Robert Kirkman ha riportato in tv l’horror d’autore. La terza stagione di “The Walking Dead” sarà ricca di azione, ci saranno tanti nuovi personaggi, alcuni destinati a diventare molto importanti nell’economia della trama. Sarà sicuramente un evento da non perdere per gli appassionati di serie tv!