Guerra delle Falkland: riassunto e breve analisi dei fatti storici
La guerra delle Falkland è ricordata anche come guerra delle Malvine. Lo scontro militare avvenne tra i mesi di aprile e giugno dell’anno 1982. L’evento bellico vide contrapposti Argentina e Regno Unito per il controllo e il possesso delle isole Falkland. In inglese la guerra è indicata come Falklands War, in spagnolo Guerra de las Malvinas.
Approfondimento
Guerra delle Falkland: le date
L’invasione iniziò storicamente il 2 aprile 1982, quando i reparti dell’esercito argentino cominciarono l’invasione delle isole Falkland, un territorio composto dai 3 arcipelaghi: le Falkland propriamente dette, le Georgia del Sud e le isole Sandwich meridionali. Il conflitto durò 73 giorni, fino al 14 giugno 1982.
Come si arrivò a questa guerra, relativamente breve ma sanguinosa?
Scopriamolo nei paragrafi seguenti che riassumono i fatti storici relativi alla Guerra delle Falkland.
Lo scenario della vigilia
Ecco il quadro dello scenario prima dell’inizio delle operazioni. Gli inglesi governano l’arcipelago che occuparono nel 1833, espellendone i militari argentini. Da allora la componente principale della popolazione è britannica e più specificamente scozzese. Ma gli Argentini non hanno mai smesso di rivendicare le Falkland, che chiamano Malvinas.
Nel 1982 il generale argentino Leopoldo Galtieri, a capo della giunta militare insediatasi a Buenos Aires, decise di invadere militarmente gli arcipelaghi per ristabilire una volta per tutte il dominio dell’Argentina. La decisione fu causata da una grave crisi economica che inevitabilmente portò allo scontento la popolazione. La guerra – si pensava – avrebbe distratto gli argentini e risvegliato i loro sentimenti patriottici.
Anche nel Regno Unito la crisi economica era acutamente sentita. Erano appena stati apportati tagli importanti alle spese per la difesa, che erano ricaduti in modo particolare sulla Royal Navy, proprio l’arma alla quale sarebbe stato richiesto lo sforzo maggiore nella imminente guerra.
La crisi diplomatica
La pressione della giunta argentina sul governo britannico assunse inizialmente un carattere prettamente diplomatico. Alla rivendicazione dell’arcipelago fu affiancata un’intensa attività in sede ONU, che raggiunse il suo culmine nella minaccia diretta di ricorrere all’invasione.
Londra non rispose, e anche questa passività contribuì a convincere la giunta che il governo britannico fosse troppo sfiduciato e concentrato su economia e politica interna, per aver conservato la volontà di combattere per le Falkland. Dopotutto, a Buenos Aires si pensava che una volta che ci si fosse impadroniti militarmente delle isole, gli inglesi non avrebbero potuto che considerarlo un fait accompli.
L’invasione
Il 19 marzo 1982 un gruppo di pescatori argentini sbarcò nella disabitata Georgia del Sud. Subito dopo lo sbarco, però, indossarono uniformi militari e innalzarono la bandiera a bande bianco azzurre con il Sol de Mayo. Era l’apertura delle ostilità.
Nelle intenzioni della giunta, questa operazione di minore entità doveva essere seguita da altre, secondo il principio che a esserne interessati sarebbero stati i tre arcipelaghi, in ordine crescente di importanza politica. Quindi, se non si fosse arrivati a un riconoscimento diplomatico della sovranità argentina, le Falkland propriamente dette sarebbero state invase per ultime.
Fu proprio così che si svilupparono gli eventi.
Sulle isole Sandwich Meridionali, però, gli invasori si scontrarono con una forte opposizione e riuscirono a ultimarne la conquista solo il 3 aprile 1982.
Nel frattempo, e precisamente nella notte tra l’1 e il 2 aprile, era cominciata l’invasione delle Falkland.
I commando, primi a sbarcare, puntarono contro la caserma dei Royal Marine e contro l’abitazione del governatore, nella capitale Port Stanley (Puerto Argentino per gli invasori). Le operazioni ebbero termine in 11 ore soltanto.
Il tentativo diplomatico
Insediatisi gli argentini nei 3 arcipelaghi, cominciò una febbrile attività diplomatica. A grandi linee, le opinioni al Palazzo di Vetro erano divise tra chi riteneva che l’azione argentina fosse in qualche modo legittima, in quanto l’occupazione inglese aveva origine coloniale, e chi la considerava un atto di guerra inaccettabile.
Si arrivò così allo stallo diplomatico, confermato dallo stesso segretario generale delle Nazioni Unite, Javier Pérez de Cuéllar, il quale ammise che i suoi sforzi per una composizione pacifica della questione, non avevano sortito effetto.
La parola passava così definitivamente alle armi.
La reazione inglese
Anche all’interno del Regno Unito si sviluppò un dibattito piuttosto acceso sulla Guerra delle Falkland. Da una parte vi erano coloro che ritenevano inutile – oltre che pericoloso – impegnare le forze militari, ridotte dalla crisi economica, tanto lontano dalla madrepatria e per un obiettivo di limitata importanza. Dall’altra parte c’era chi riteneva necessario combattere per riaffermare l’idea dell’Impero inglese come capace di proiettare a distanza la sua forza.
Prevalse quest’ultima tesi, che peraltro era quella sostenuta dal Primo Ministro, la Lady di ferro Margaret Thatcher.
Presa la decisione, il Regno Unito mise in campo una poderosa forza, comprendente 13.000 uomini e oltre 100 navi. A questo scopo, si “raschiò il fondo del barile”, ottenendo l’aiuto anche degli altri paesi del Commonwealth, e in particolare dell’Australia che si assunse l’incarico di difendere aree dell’Impero rimaste sguarnite.
Se le forze in campo erano più o meno uguali, limitatamente a soldati e aviazione (la Royal Navy era nettamente superiore alla controparte argentina), lo stesso non si poteva dire della loro qualità: l’esercito argentino, di leva, era composto prevalentemente da uomini ancora nelle prime fasi dell’addestramento, mentre gli inglesi erano militari professionisti.
Gli inglesi avevano anche un sensibile vantaggio qualitativo nei mezzi a disposizione dell’aviazione, per quanto i piloti argentini rivelassero doti di aggressività e coraggio che non mancarono di suscitare ammirazione negli stessi nemici.
Le operazioni militari
Gli inglesi riconquistarono in breve le isole della Georgia, pressoché indifese, che trasformarono in una piccola base. Nel corso dei combattimenti i difensori persero il sottomarino Santa Fe. Sistemata così la questione, la guerra delle Falkland continuò soprattutto con lo scontro aeronavale mirato a garantire la supremazia nei cieli del teatro delle operazioni.
In questa fase, il sottomarino nucleare HMS Courageous affondò l’incrociatore General Belgrano, mentre gli inglesi lamentarono la perdita del cacciatorpediniere Sheffield, affondato da un missile Exocet aerotrasportato, di 2 fregate e di naviglio minore.
Si garantirono però la superiorità aerea e questo risultò determinante nel consentire lo svolgimento delle operazioni successive e in particolare lo spostamento di truppe per mezzo di elicotteri. Poterono così sbarcare a San Carlos nella notte del 21 maggio uomini espertissimi dei Royal Marine, unitamente a un reggimento di paracadutisti.
Nonostante l’intensa opposizione dei resti dell’aviazione del paese sudamericano, gli inglesi poterono avanzare e unirsi a un ulteriore reparto, sbarcato il 27 maggio nei pressi dell’istmo che collega le due parti dell’isola. Riuscirono così a spingersi nell’interno e a conquistare il 28 maggio la località di Goose Green, dove caddero prigionieri oltre 1.000 soldati nemici.
Se si va avanti di questo passo, la guerra delle Falkland (o Malvine) finirà quando l’ultimo aereo argentino sarà abbattuto col suo carico di bombe sull’ultima nave inglese. E dire che questa lotta di leoni si svolge per un’isola di Pecore.
Cit. INDRO MONTANELLI (Il Giornale, dalla rubrica Controcorrente, 27 maggio 1982)
La caduta di Port Stanley
Gli inglesi potevano così avanzare e conquistare le alture che circondano la capitale.
L’attacco cominciò la notte del 13 giugno e si risolse in un rapido successo, nonostante alcuni locali contrattacchi dell’esercito argentino.
La via per Port Stanley era a questo punto spalancata: alle 23.59 del 14 giugno 1982 venne proclamato il cessate il fuoco.
Si arresero 8 o 9.000 argentini – a seconda delle fonti. Il loro comandante, generale Mario Benjamín Menéndez, venne aspramente criticato in patria per aver ceduto alla pressione psicologica, più che a quella militare.
Le conseguenze del conflitto
La sconfitta patita ebbe gravi conseguenze politiche in Argentina. Vennero a galla le deficienze nella pianificazione e, soprattutto, gli errori di sottovalutazione del nemico. Pochi mesi dopo si dimise il dittatore, generale Galtieri, ed ebbe inizio il processo di democratizzazione della nazione argentina.
Si direbbe che a causa delle Malvine, l’Argentina è maturata improvvisamente.
LEOPOLDO GALTIERI
Di contro, a Londra si riaffermò la popolarità di Margaret Thatcher in un momento di gravi tensioni interne. Londra concesse nuovamente agli abitanti delle Falkland lo statuto di cittadini inglesi e rafforzò il suo dispositivo militare nelle Falkland.
Sapevamo quello che dovevamo fare, siamo andati e lo abbiamo fatto. La Gran Bretagna è di nuovo grande!
MARGARET THATCHER
I caduti furono 649 argentini e 258 britannici.
A tutt’oggi, l’Argentina continua a rivendicare il possesso delle Isole Malvinas.