Filomena Baratto, intervista: Profumo di emozioni
Filomena Baratto nasce a Vico Equense (Na) il 6 marzo del 1962. Sin da bambina mostra una spiccata propensione per l’arte a cominciare dalla pittura esercitata come allieva presso uno studio di pittrice, già in seconda elementare. Nell’età dell’adolescenza inizia a dedicarsi in maniera più approfondita anche alla scrittura e alla musica.
Dopo gli studi superiori, mentre è iscritta all’Università, partecipa al Concorso Magistrale e risulta vincitrice. Comincia così la sua attività di insegnante di Scuola Primaria pur continuando gli studi presso la Facoltà di Lettere e Filosofia all’Università Federico II di Napoli. Intanto prosegue gli studi di musica, suonando il pianoforte, attività che svolge tuttora, con un buon livello di conoscenze e di tecnica.
Sposata con tre figli, vive a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli dove insegna nella Scuola Primaria e dove svolge la sua attività di scrittrice. L’incontro con il padre, dopo trentacinque anni di lontananza, in seguito alla separazione dalla madre, per la prima volta le dà una forte spinta a trasformare le proprie esperienze interiori in una raccolta di composizioni liriche, Ritorno nei prati di Avigliano (Alberti Editori), pubblicata nel 2010.
Il 2011 è l’anno di Rosella (Sangel Edizioni), romanzo autobiografico che racconta la vita di sua madre e di tutte le persone della sua infanzia e della sua adolescenza. E’ un’esperienza significativa, dove lei stessa diventa protagonista, con la madre, di una storia ricca di fatti, luoghi ed emozioni.
Nel 2012 pubblica una raccolta di racconti, una silloge dal titolo Sotto le stelle d’agosto (Graus Editore), dieci racconti inediti.
Filomena Baratto, sei un’artista a tutto tondo, perché riesci a spaziare con agilità da una forma espressiva all’altra. Quando e come hai scoperto la tua propensione all’arte?
L’arte è stato un mio territorio, quando alla scuola materna, rappresentavo il mio mondo circostante sui fogli, disegnando e scrivendo didascalie. Tutto quello che mi girava intorno lo dovevo riportare sui miei fogli con cura e avevo una curiosità per tutto. Sono sempre stata con fogli, matite e penne in mano e ricordo che uscendo in macchina non riuscivo a guardare fuori dal finestrino per scrivere e disegnare nel mio quaderno che portavo sempre con me.
Devo aggiungere che la bellezza di certi luoghi in cui sono cresciuta ha acceso il mio interesse per la natura, il bello, il definire le forme e fermarle sulla carta. Ricordo che da piccola avevo una maglietta a strisce colorate con tutti i colori dell’arcobaleno, simbolo per me di fantasia, di luce, di sole, era la mia maglieta preferita e la cercavo continuamente, indossarla mi metteva il buonumore e mi dava l’entusiasmo per cominciare la giornata. Da adulta, in ogni epoca della mia vita, ho avuto una maglia simile, anche ora ne ho una simile, come a volermi portare dietro quel bagaglio di bellezza in cui sono cresciuta.
La pittura è stata la tua prima passione. Quali sono i tuoi ‘maestri’?
Già in seconda elementare dipingevo a olio su tela presso una pittrice quotata della mia città. Lo devo alla mia insegnante elementare, Enza Persia, e mi piace ricordarla perché le sarò sempre grata, lei vide in me questo talento. Nel tempo, secondo il consiglio della mia prima insegnante di pittura, ho dato vita prima al mio mondo interiore rappresentando tutto quello che di bello era in me, e poi, col tempo, ho affinato la tecnica attraverso lo studio dei grandi, riprendendo tele e studiandone i colori e le varie tendenze di artisti.
Come ti viene l’ispirazione a dipingere?
La pittura emerge, prima ancora che nella tecnica, nella mente con le sue rappresentazioni insistenti di immagini. L’immagine che si ha già dentro diventa motivo di attenzione e di studio fino a quando la si stempera sulla tela e quello che era dentro assume forme e colori. L’ispirazione nasce anche attraverso il pensiero, ma prima ancora una mente artistica vive di immagini. Anche quando scrivo parto da un’immagine, un quadro, una scena che insistentemente prende il volo nella fantasia.
La fantasia è un supporto irrinunciabile senza il quale non si possono fare costruzioni. Osservare un dettaglio, un fiore, un viso o un paesaggio è solo un momento che prende avvio dentro di noi, volendo ricercare il bello, la perfezione, quello è un modo per ricordarci di andarlo a prendere.
Altra passione, la musica ed il pianoforte. Come ti sei accostata ad essa?
La musica è frutto della mia testardaggine. Un giorno, presso una comunità di giovani riuniti per un convegno, ho incontrato una maestra di pianoforte alla quale ho manifestato il mio trasporto per la musica, ma ne parlavo con rammarico reputandomi troppo avanti con l’età per cominciare lo studio del pianoforte: avevo quindici anni. La maestra mi ha fatto una lezione di vita dicendo che “cominciare” non ha età. Le ho creduto e ha avuto ragione.
Ho cominciato su un vecchio pianoforte buttato via dal parroco, in quanto dovevo dimostrare di voler veramente studiare, e poi ho dovuto lottare con i vicini che non gradivano i miei arpeggi, le mie scale, quattro e cinque dita, che erano i miei esercizi quotidiani. Per tre ore non sentivo altro che le note e i miei studi al pianoforte. La mia insegnante, venuta a casa per controllare lo studio sul mio piano, rimase senza parole per come studiassi su un relitto vecchio e scordato. Sono stata premiata dei miei sacrifici con un piano nuovo e uno studio continuo con maestri del Conservatorio.
Che cosa preferisci suonare?
Suono pezzi che mi hanno emozionato anche mentre li studiavo, come le invenzioni a due voci di Bach, e poi sonate di Mozart, valzer di Chopin, diciamo un repertorio più classico. Mi diletto a suonare anche a quattro mani con mia figlia o il mio amico maestro Espedito Longobardi, un vero intenditore ed esperto di musica. All’occorrenza pezzi anche più moderni.
L’incontro con tuo padre, dopo trentacinque anni di lontananza, ti ha permesso di comporre per la prima volta un’opera letteraria, Ritorno nei prati di Avigliano. La scrittura è stata terapeutica o catartica?
Scrivere è un modo per cogliere meglio gli aspetti della vita con un processo lento e di maggiore lettura degli eventi vissuti. Diventa terapeutico quando torna su momenti non proprio piacevoli, li destruttura e li definisce secondo le nostre coordinate; catartico per assurgere poi, con essa, alla purificazione di fatti che nel tempo hanno inquinato il nostro animo fino a farlo stare male. Direi che per me la scrittura ha rappresentato entrambe le cose.
Con Rosella (primo romanzo di Filomena Baratto), hai raccontato luoghi, fatti e persone che hanno accompagnato la vita di tua madre, dall’infanzia fino alla morte. Come sei riuscita a trasmettere sulla carta la densità della tua partecipazione emotiva?
Mi sono posta, questa volta a spettatrice dei fatti lasciando un po’ da parte il mio coinvolgimento personale, anche se non sono sicura di esserci riuscita visto che tra le quinte del romanzo emerge con tutta la sua forza il personaggio di Iolanda. Ci sono fatti che ci portiamo addosso come orme indelebili, che difficilmente andranno via, e ogni volta che il ricordo li fa emergere é veramente impossibile non partecipare emotivamente.
Hai sofferto molto, a livello personale, ma in compenso sei riuscita a tirare fuori una parte artistica, la scrittura, che non eri riuscita ad esprimere in precedenza. Che effetto ti ha fatto?
Nel tempo ho coltivato la mia passione della scrittura riempiendo pagine e pagine di storie, racconti, poesie e diari. Ma questo da solo non basta, è lo studio che completa la scrittura, per quanto essa possa essere un talento in noi, abbiamo bisogno di validi supporti per farla emergere. Penso che in me siano state declinate queste due esperienze parallelamente per poi confluire, oggi, in una passione che si è arricchita di esperienze e conoscenze.
Scrivere non è solo un mero esercizio tecnico, ma un importante veicolo per trasmettere emozioni e sentimenti, e fatti di fantasia di cui si nutrono i lettori . Oggi scrivere è per me una forma di espressione senza la quale non riuscirei a vivere, è lo strumento più bello mai avuto per tradurre la vita intorno.
C’è qualche scrittore/scrittrice a cui Filomena Baratto si ispira, o a cui non rinunceresti mai nella tua libreria?
La mia libreria è ricca di autori di ogni tempo, ognuno mi ha dato tanto, a cominciare dai classici antichi, come autori greci e latini, per finire ai contemporanei. Non riuscirei a privarmi di Pirandello, Virginia Woolf, di Calvino, Mansfield, Fallaci, solo per dire quelli ai quali attingo continuamente. Penso però che la letteratura resti in noi in modo sedimentario per poi essere riutilizzata nei nostri scritti in forme diverse. Il piacere più bello, prima ancora di scrivere, è quello di leggere, e ogni autore aggiunge qualcosa in noi.
Adesso una nuova raccolta di racconti Sotto le stelle d’agosto. Qual è il tema?
E’ una raccolta di racconti nata per caso, scrivendo storie così come le sentivo senza alcuno scopo, solo per il piacere di scriverle, ma poi mi sono resa conto che vertevano tutti sull’amore nelle sue molteplici sfaccettature e attorno all’argomento famiglia, oggi presa un po’ alla larga.
Quali sono i progetti artistici di Filomena Baratto?
Un romanzo, già quasi ultimato, di cui non anticipo nulla, ma che mi ha dato molte emozioni proprio nello scriverlo, e tanti altri progetti in itinere che non fanno altro che alimentare la mia scrittura di momenti importanti e sorprendenti.
http://miosole.blogspot.it • http://www.filomenabaratto.it
Ciao Filomena! Veramente bella e ricca di vera sensibilità la tua intervista! Un abbraccio! A presto!
Veramente bella e significativa la tua intervista!! Ciao Filomena! Un abbraccio! A presto!
veramente interessante, piace molto questa rubrica dedicata all'intervista, permette di conoscere meglio e piu da vicino il profilo delle persone .bene continua su questa strada.
Ciao Speedy, che sorpresa! Come stai? La tua allieva si è data alle colonne sonore!
Ciao Speedy, che sorpresa! Come stai? La tua allieva si è data alle colonne sonore!