Campagna di Guadalcanal: riassunto, fatti storici e protagonisti

La Campagna di Guadalcanal ebbe inizio con lo sbarco dei marines nelle isole Salomone Meridionali, il 7 agosto 1942 e terminò il 9 febbraio del 1943, quando gli Americani constatarono che il nemico aveva evacuato l’intero settore. Secondo molti storici, rappresentò il turning point, il punto di svolta, della intera guerra nel Pacifico. Prima di questa campagna il Giappone aveva dettato tempi e modi della guerra, da Guadalcanal in poi l’offensiva fu sempre nelle mani degli Alleati.

Sbarco dei marines americani sulla spiaggia di Guadalcanal
7 agosto 1942: lo sbarco dei marines americani sulla spiaggia di Guadalcanal

Giappone e USA: la situazione alla vigilia

Dopo la disastrosa sconfitta a Midway, l’alto comando giapponese era come un pugile alle corde, incapace di reagire ai pugni subiti. Per diverse settimane, lo staff dell’ammiraglio Isoroku Yamamoto – comandante in capo della Flotta Combinata – non fu in grado di elaborare piani.

Si trattava di un momento delicato: l’irreparabile perdita di 4 delle 6 portaerei della squadra di attacco esigeva un ridimensionamento degli obiettivi, se non proprio il passaggio a una fase difensiva.

Midway: portaerei in fiamme
Midway: una portaerei in fiamme

Di contro, gli americani non erano nella situazione ideale per sfruttare il successo: le loro forze erano ancora troppo deboli, in gran parte a causa della scelta politica sintetizzata nella locuzione Germany first, che privilegiava il teatro bellico europeo nell’assegnazione di risorse per la guerra.

Per ripetere una efficace metafora di dello storico H. P. Willmott, l’iniziativa era come una pistola abbandonata in strada: quale dei due contendenti l’avrebbe raccolta e avrebbe sparato per primo?

Guadalcanal: l’isola e la geografia

Nella parte meridionale delle Salomone giace l’isola che, fino allora sconosciuta, sarebbe diventata teatro di una delle campagne militari più famose e sofferte dell’intera seconda guerra mondiale.

Cartina geografica del teatro del Pacifico - 1942 - con la posizione di Guadalcanal
La cartina mostra l’area geografica del teatro del Pacifico. La grafica mostra i punti delle principali battaglie: Midway, Pearl Harbor, e Mar dei Coralli. Guadalcanal si trova vicino a quest’ultimo punto.

Nell’estate del 1942 Guadalcanal era un appezzamento di terra, per lo più disabitato, lungo circa 150 km e largo al massimo 53. Non era certo un luogo ospitale: le piogge erano frequenti e a carattere torrenziale, la zanzara della malaria molto diffusa e la giungla estremamente fitta. Eppure era stata scelta dal comando giapponese per allestire un aeroporto.

Gli Alleati temevano, con ragione, che questa posizione avrebbe consentito al nemico di minacciare la vitale rotta che collegava Stati Uniti e Australia; lungo tale via venivano indirizzati i mercantili che portavano uomini, armi e munizioni destinati alla difesa della Nuova Guinea e del continente australiano stesso.

Fu principalmente questo timore che indusse l’ammiraglio Chester W. Nimitz, comandante in capo della Flotta del Pacifico, a scegliere l’isola di Guadalcanal come teatro della prima offensiva americana nel Pacifico.

Lo sbarco e la reazione giapponese

L’operazione Watchtower ebbe inizio il 7 agosto, con gli sbarchi preliminari sugli isolotti di Gavutu-Tamambogo, seguiti dall’invasione di Tulagi, dove i giapponesi avevano approntato una base per idrovolanti nel maggio precedente, in occasione della battaglia del Mar dei Coralli.

L'incrociatore della Royal Australian Navy HMAS Canberra e 3 navi da carico al largo di Tulagi (Guadalcanal)
L’incrociatore della Royal Australian Navy HMAS Canberra (D33) al largo di Tulagi, durante gli sbarchi del 7 e 8 agosto 1942. Le navi visibili in lontananza sono tre mezzi da carico che sbarcano uomini e materiale. Sullo sfondo: Tulagi e le isole della Florida, parte delle Salomone.

Entrambe le operazioni incontrarono una resistenza maggiore del previsto, basata soprattutto su efficaci infiltrazioni notturne, tattiche nelle quali il fante nipponico eccelleva. Tutti gli obiettivi vennero comunque conquistati il 9 agosto, non senza la necessità di rinforzi.

Sull’isola di Guadalcanal erano acquartierati 2.230 giapponesi, circa 1.700 dei quali erano operai militarizzati. Alle 9.19 del 7 agosto cominciarono a sbarcare i marines del 1° e 5° reggimento, incorporati nella 1a divisione marines del generale Alexander A. Vandegrift, per un totale di 8.500 uomini.

La resistenza iniziale fu pressoché inesistente e gli americani, già nel primo pomeriggio, si impadronirono dell’aeroporto appena ultimato, che ribattezzarono Henderson Field, trovandovi anche una discreta quantità di materiale abbandonato dal nemico.

Attorno a questo obiettivo venne costituito un perimetro difensivo che sarà poi il teatro delle principali controffensive terrestri giapponesi. I soldati giapponesi, nonché opporsi allo sbarco dei marines, scelsero invece di rifugiarsi nella giungla all’interno dell’isola.

La battaglia di Savo

La reazione del Sol Levante fu affidata all’Ottava Flotta del viceammiraglio Gunichi Mikawa, composta da 5 incrociatori pesanti, 2 leggeri e un solo cacciatorpediniere.

Nella notte tra l’8 e il 9 agosto, questa squadra ottenne una delle vittorie numericamente più clamorose dell’intera guerra. Nel corso della battaglia di Savo riuscì infatti ad affondare 4 incrociatori pesanti alleati, senza perdere alcuna unità.

Fallì invece nell’obiettivo di localizzare e attaccare i mercantili nemici, ancora alla fonda e impegnati nello sbarco di materiali, e, in ultima analisi, nel conseguire un completo successo strategico.

La distruzione, o anche solo l’allontanamento dei mercantili, avrebbe certamente messo in crisi i marines, riducendo la loro capacità di opporsi alle imminenti controffensive terrestri.

Sviluppo della campagna di Guadalcanal

La campagna si sviluppò da allora secondo un canone ben preciso. Il possesso di Henderson Field garantiva agli americani il predominio dei cieli e, conseguentemente, la possibilità di operare, facendo giungere rinforzi e rifornimenti, alla luce del giorno.

Viceversa, l’oscurità, costringendo a terra gli aerei, andava a vantaggio dei giapponesi, addestrati a combattere di notte e in grado di far giungere, a loro volta, convogli ribattezzati Tokyo Express dagli americani; essi erano composti prevalentemente da cacciatorpediniere che, quasi ogni notte, trasportavano soldati e armi leggere dalle basi nelle Salomone settentrionali a Guadalcanal.

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Le principali battaglie

È difficile isolare le singole battaglie perché la storia di Guadalcanal si compone di piccole azioni aeree, navali e terrestri quasi quotidiane.

Entrambe le parti si risolsero a inviare via mare flussi di rifornimenti di dimensioni ridotte per eludere l’opposizione nemica. Inoltre, la morfologia dell’isola si prestava ad incursioni di piccoli reparti.

È forse possibile identificare 6 azioni principali.

  • La battaglia terrestre del Tenaru, 21 agosto, quando il distaccamento Ichiki provò a forzare il perimetro di Henderson Field e venne annientato.
  • La battaglia aeronavale delle Salomone Orientali, 24-25 agosto, originata dal tentativo di eseguire azioni di rifornimento in grande stile; si trattò di uno scontro inconcludente che vide l’affondamento della portaerei leggera nipponica Ryujo e il danneggiamento della USS Enterprise.
  • Il 12 settembre venne combattuta la battaglia terrestre di Edson’s Ridge, nota anche come cresta insanguinata. Fu uno scontro durissimo che sfociò spesso in terribili corpo a corpo. L’offensiva giapponese, che mirava a Henderson Field, venne respinta con gravissime perdite.
  • L’11 ottobre ebbe luogo la battaglia aeronavale di capo Speranza, con bombardamenti navali dell’aeroporto americano che si protrassero fino al 15 ottobre.
  • Al 24 ottobre risale la battaglia di Henderson Field, ultimo serio tentativo nipponico di occupare l’aeroporto nemico. Questa offensiva terrestre coincise con lo scontro aeronavale del 26 ottobre, nota come battaglia delle Isole Santa Cruz.
  • La battaglia navale di Guadalcanal, combattuta nella notte tra il 12 e il 13 novembre. Determinata da un’operazione nipponica di rifornimento e al contempo bombardamento, incontrò l’opposizione di una flotta americana inferiore che venne annientata ma seppe precludere all’ammiraglio giapponese l’esecuzione della sua missione. Ripetuta il 14 novembre, l’operazione fallì nuovamente e questa volta gli americani si aggiudicarono anche il successo tattico.

La fine della campagna

Dopo l’ultimo scontro, il quartier generale giapponese non fu più in grado di organizzare un’offensiva. Di fatto, le perdite subite convinsero soprattutto la Marina che era giunto il momento di accettare la sconfitta.

L’evacuazione di Guadalcanal venne ordinata nell’ultima settimana di dicembre e portata a termine il 7 febbraio del 1943 con perdite modestissime. Due giorni più tardi, il generale Alexander Patch, recentemente nominato comandante delle forze alleate sull’isola, dichiarò conclusa la campagna.

Con la vittoria, gli americani poterono fare di Guadalcanal il punto di partenza delle loro successive offensive, sviluppando l’aeroporto già esistente e costruendone altri. Ma, soprattutto, poterono far tesoro della crescente debolezza del nemico, che non era in grado di compensare le perdite subite.

Gli Americani avevano raccolto la pistola abbandonata per strada, l’iniziativa, e non l’avrebbero più mollata fino alla resa senza condizioni del Giappone.

Bilancio e motivi della sconfitta giapponese

Se le perdite di uomini furono molto superiori per il Giappone, il computo delle navi affondate fu sostanzialmente pari. Nonostante questo, il quartier generale imperiale uscì dalla campagna di Guadalcanal in condizioni di grande inferiorità.

Perché?

Il motivo è presto detto: gli americani erano in grado di far fronte alle perdite subite grazie alle loro capacità industriali, in rapido e imponente aumento, i giapponesi no. Ma non si può tacere che il 7 agosto 1942 era il Giappone a detenere una certa superiorità di uomini e mezzi nel settore.

Quale fu allora il motivo della disfatta?

In primo luogo, è necessario far riferimento a una cattiva pianificazione dello Stato Maggiore nipponico. Per diverse settimane, a Tokyo ritennero che gli americani si fossero insediati a Guadalcanal con forze esigue, sufficienti tutt’al più a una ricognizione su vasta scala.

Da questa erronea convinzione derivarono sconfitte e perdite di uomini e materiali, con offensive lanciate in condizioni di netta inferiorità numerica, confidando anche nella (presunta) superiorità combattiva del soldato nipponico.

Contribuirono alla disfatta anche l’inferiorità qualitativa e quantitativa dei rifornimenti e la mancanza di adeguate strutture sanitarie all’interno dell’esercito che invece sarebbero state necessarie in un ambiente malsano come la giungla di Guadalcanal.

Basti dire che i soldati giapponesi evacuati nel febbraio 1942 erano così emaciati da scioccare i marinai dei vascelli su cui si imbarcarono.

I motivi della vittoria americana

Per parte loro, gli americani incominciarono la campagna con alcuni seri handicap, in primis l’inferiorità nel combattimento navale notturno al quale non erano addestrati, mentre la Marina Imperiale ne aveva fatto uno dei suoi punti di forza.

Seppero però recuperare, grazie a un rapido e intenso ciclo addestrativo e all’imponente produzione che consentì a esercito, marina e corpo dei marines di disporre di abbondanti riserve di materiale; questo nonostante periodi di crisi per la difficoltà di trasferire tanta abbondanza alla prima linea.

Considerazioni finali

Se c’è un aspetto sul quale i due nemici si trovano assolutamente d’accordo, è la durezza della campagna. Guadalcanal fu una tragedia per chi vi combatté perché le condizioni psicologiche e fisiche dei protagonisti furono messe a durissima prova.

Il termine che ricorre più spesso nei resoconti è “inferno”, valga per tutti l’epigrafe che accompagna la tomba di un marine e che recita:

«Quando questo marine si presenterà a Pietro gli dirà: Signore, io ho già servito all’inferno, sono stato a Guadalcanal».

And When He Gets To Heaven, To Saint Peter He Will Tell; One More Marine Reporting Sir, I’ve Served My Time In Hell – (Marine Grave inscription on Guadalcanal, 1942)

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Alessandro Argentiero

Alessandro Argentiero, milanese, è stato giornalista, formatore, traduttore e mille anni fa ha scritto pure un libro, “Il computer è malato” (ma si suppone che ormai sia guarito). Usa tutti i giorni database, WordPress e padelle. Appassionato di tutti gli sport, eccetto il golf, ma soprattutto di bici, ha ideato Lamiaprimagranfondo. Puoi contattarlo su Facebook, Linkedin, Instagram e Twitter.

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