Caduta del Fascismo: la fine della Repubblica Sociale Italiana
Dopo l’invasione etiopica, Mussolini si mise contro molti stati europei, deludendoli in gran parte, poiché molti di essi, nei primi anni del 1930, lo ammirarono molto. Inevitabilmente, ci fu una crisi riguardo la politica estera: il Duce aggravò la sua posizione alleandosi con Hitler (nonostante diffidò sempre di Hitler e dei nazionalsocialisti) perché credette che alleandosi con il Fuhrer avrebbe potuto ridurre il divario con gli stati più sviluppati. Hitler, tuttavia, vide Mussolini come una sorta di maestro, facendo spesso visita in Italia per vedere come un dittatore doveva comportarsi, muoversi e anche vestirsi. In questo articolo ci occuperemo di quella fase storica italiana che portò alla caduta del fascismo e alla fine della Repubblica Sociale Italiana.
Approfondimento
Indebolimento del regime fascista
Si ebbe un fattore dell’indebolimento fascista, quando scoppiò la guerra civile in Spagna, dove il Duce decise d’intervenire sia perché temette che, se la rivolta di Francisco Franco, sarebbe fallita, le sinistre spagnole si sarebbero unite con la Francia e avrebbero fatto blocco sull’Italia fascista, sia perché si sentì minacciato e sfidato da molti antifascisti italiani che andarono in Spagna a combattere contro Franco. Questa decisione fu influenzata da Hitler; il governo fascista non si accorse della trappola in cui si mise, perché la Germania stava utilizzando queste strategie belliche che Hitler premeditava per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Il 18 marzo 1938, Hitler arrivò in Italia e ad accoglierlo, stavolta, ci fu anche il Re Vittorio Emanuele III, rafforzando ancora di più l’alleanza che, ad ogni modo, fino quel momento non fu totale e militare; l’incontro non fu ben visto da papa Pio XI che non apprezzava Hitler, anzi lo disprezzava, accusandolo di neo Paganesimo.
Gli incontri tra i due dittatori si fecero più frequenti e diedero una svolta ancora più autoritaria al regime, annettendo delle modifiche, come il divieto di utilizzare termini stranieri, non si doveva più usare il “lei” ma solo il “tu” e il “voi” e, nel luglio 1938, venne pubblicato il manifesto degli scienziati razzisti, ove scrissero che gli ebrei non facevano parte della razza italiana; l’8 agosto il duce ordinò che tutti gli ebrei fossero eliminati dai luoghi di diplomazia. Tutto ciò non venne accolto con clamore, tra i più grandi avversi l’Italia trovò la borghesia, che stimava molto gli stati di Francia e Inghilterra.
Nel frattempo, Hitler decise di attaccare la Cecoslovacchia e Mussolini, per non esser da meno, invase l’Albania; lo storico Piero Melograni affermò che tutti questi fermenti di guerra non piacquero agli italiani, poiché il ricordo della Prima Guerra Mondiale era fresco e bruciante; gli italiani non amavano Hitler e del resto anche Mussolini non lo amava, ma agli italiani diede fastidio che Mussolini fu sottomesso alla volontà di Hitler.
Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e la RSI
Inevitabilmente scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, la quale si rivelò molto dura per l’Italia già da subito, poiché non era affatto preparata; difatti, si manifestarono numerose sconfitte e, nel maggio del 1943, l’Italia arrivò alla disfatta, gli inglesi invasero prima Pantelleria e successivamente la Sicilia. Con i bombardamenti di Napoli, l’Italia risultò sconfitta, il Re capì che il fascismo era al capolinea; anche Mussolini lo capì e dopo un incontro con Vittorio Emanuele III, il Duce decise di uscire di scena, dimettendosi; abbandonò Villa Savoia preso in consegna dai Carabinieri.
Il nuovo capo del governo fu Badoglio. Mussolini fu portato e rinchiuso in Abruzzo; il 12 settembre fu liberato dai tedeschi e fu condotto da Hitler che era molto deluso dagli italiani.
Il fuhrer disse a Mussolini che bisognava procedere insieme, nonostante tutto, dunque gli disse di creare un nuovo stato, ed è proprio qui che possiamo notare il “terzo Mussolini“, come lo indicava Indro Montanelli, ossia quello patetico, che visse tra le macerie del suo sistema e impotente a tutto.
Difatti, l’ormai ex duce, non fu più quello di un tempo, fu sicuramente prigioniero dei tedeschi; il 18 settembre 1943 annunciò, dunque accontentando Hitler, la creazione di un nuovo Stato, La Repubblica Sociale di Salò. In questo governo, i tedeschi dominavano incontrastati: decisero di processare e di uccidere, a Verona nel gennaio 1944, i traditori che avevano votato contro Mussolini nell’ultimo Gran Consiglio del Fascismo.
In quel periodo vi furono molti episodi di questo genere e non solo a Salò: perciò possiamo affermare che tra la fine del 1943 e fino al 25 aprile 1945 l’Italia fu un campo di battaglia di una guerra tra eserciti stranieri ove gruppi d’italiani, Salò al nord schierata con i tedeschi e il regno del centro sud, co-belligerante con gli alleati, innescarono pure una guerra civile tra italiani.
Con la RSI si schierarono giovani (ventenni e minorenni), i quali credettero che arruolandosi a Salò rappresentavano l’onore nazionale rispettando l’alleato tedesco, altri pensarono che con Salò si poteva salvare la giustizia italiana; vi furono anche dei combattenti che non volevano mettere da parte il loro passato di combattenti e anche gente che proveniva dalla burocrazia delle regioni occupate, i quali non vollero rinunziare allo stipendio e alla carriera.
La caduta del fascismo
La guerra volse nel peggiore dei modi: Mussolini tenne il suo ultimo discorso il 15 dicembre 1944 al teatro lirico di Milano dove affermò che le forze tedesche erano ancora forti e che il Giappone non si sarebbe mai piegato agli Stati Uniti d’America, ma la realtà era diversa.
Il 13 marzo, Mussolini, tramite il cardinale Schuster, consegnò agli alleati una proposta di capitolazione chiedendo l’incolumità per lui e per i fascisti, ma gli alleati chiesero la resa incondizionata. Salò, dunque, era ad un passo dalla fine: così anche il fascismo.
Mussolini provò la fuga in Svizzera, fu catturato a Como e il 28 aprile 1945 fu fucilato insieme ad altri soci del partito fascista. I cadaveri furono esposti in Piazzale Loreto (lo stesso luogo dove il 10 agosto 1944 furono trucidati 15 partigiani), che per Montanelli fu un orrore, una vergogna l’esposizione dei cadaveri maltrattati, una giustizia di popolo all’italiana, ma inevitabile.
Con la caduta del fascismo e la fine della Repubblica Sociale Italiana, si chiuse dunque uno dei periodi più importanti ma allo stesso tempo uno dei più cupi della storia d’Italia.