Il naufragio della Costa Concordia

L’incidente marittimo avvenuto alla nave da turismo Costa Concordia è molto singolare sia per la dinamica per cui è avvenuto che per le modalità di svolgimento delle operazioni di soccorso e salvataggio.

Salpata dal porto di Civitavecchia a Gennaio 2012 per effettuare la crociera “Profumo di agrumi” nel Mediterraneo, la nave Concordia, appartenente alla compagnia di navigazione Costa Crociere è guidata dal comandante Francesco Schettino: a bordo vi sono 4.229 persone (1.013 membri dell’equipaggio e 3.216 passeggeri). La nave avrebbe dovuto toccare le seguenti tappe: Savona, Marsiglia, Barcellona, Palma di Maiorca, Cagliari, Palermo, per poi ritornare a Civitavecchia.

La Costa Concordia rovesciata e inclinata su un fianco
L’incidente della Costa Concordia ebbe luogo il 13 gennaio 2012

L’incidente che causa il naufragio della Costa Concordia si verifica nei pressi dell’Isola del Giglio (Grosseto, Toscana) dove la nave impattato contro uno scoglio. In conseguenza dell’urto, si apre una falla di circa 70 metri sulla parte sinistra dell’imbarcazione. La crociera si interrompe bruscamente, la nave subisce un forte sbandamento, per poi arenarsi su uno scalino roccioso a nord di Giglio Porto.

Per la precisione, l’imbarcazione urta contro uno degli scogli piccoli delle Scole, ma non è lontana dalla costa: secondo i rilievi effettuati, si trova a circa otto metri di profondità e la riva è lontana soltanto 96 metri. Inoltre, dopo l’impatto, la nave ha rallentato bruscamente la velocità e l’andatura. L’incidente si verifica alle ore 21.42 del 13 gennaio 2012.

La dinamica dell’incidente

A causa della falla che interessa la parte sinistra dello scafo, la nave comincia rapidamente a riempirsi di acqua. Trascorrono circa 16 minuti dall’impatto con la scogliera, e alle 21: 58 il comandante Schettino chiama l’unità di crisi della nave, e riferisce al capo Roberto Ferrarini che si è verificato un black out sulla nave dopo l’urto. I due si risentono alle 22:06 quando Schettino dice a Ferrarini che non possiede elementi per prevedere un eventuale naufragio della nave.

Anche la Capitaneria di Porto di Livorno viene allertata, e dopo circa ventisette minuti dall’incidente si mette in contatto con la Costa Concordia, chiedendo chiarimenti sulla situazione. Le comunicazioni tra Schettino e Ferraririni si infittiscono man mano che si comprende l’entità della tragedia: mentre alle 22:17 Schettino segnala due compartimenti allagati, ma non vi è ancora la necessità di gettare le ancore in quanto la nave sta dirigendosi verso terra, alle 22:27 il comandante riferisce che le condizioni si sono aggravate e che tre compartimenti della nave sono ormai pieni di acqua.

A questo punto viene data l’allerta generale e i passeggeri vengono invitati a raggiungere i punti di raccolta dell’imbarcazione. I membri dell’equipaggio cominciano le operazioni di salvataggio con l’allestimento delle scialuppe: alle 22:58 Schettino ordina di abbandonare la nave.

Il comandante Francesco Schettino
Francesco Schettino, comandante responsabile della nave Costa Concordia

Poco più tardi, alle 23:11, Schettino riferisce a Ferrarini di avere inviato a fondo le due ancore, che la poppa della nave poggia sul basso fondo e che le operazioni di sbarco sono già in corso. Inoltre viene segnalata la presenza di un traghetto e di una motovedetta che prestano assistenza ai passeggeri.

In base alla registrazione di alcune telefonate intercorse tra il comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino e Gregorio De Falco, capitano di fregata della Capitaneria di Porto di Livorno, circa un’ora e mezza dopo l’inizio dello sbarco, viene intimato a Schettino di risalire subito sulla nave, che intanto si è coricata sul fianco di dritta. Il capitano risponde di trovarsi su una lancia di salvataggio e da qui coordina le operazioni. All’01:46 De Falco ordina a Schettino di risalire sulla nave e guidare le operazioni di salvataggio dei passeggeri, ma senza sortire alcun effetto.

Gregorio De Falco
Gregorio De Falco, capo sezione operativa della Capitaneria di Porto di Livorno, è uno dei protagonisti della vicenda

Mentre la condotta del comandante Schettino si presta a diverse obiezioni, il personale di bordo della Costa Concordia svolge un lavoro encomiabile e si prodiga per aiutare i passeggeri. In particolare, si distingue il Commissario di bordo Manrico Giampedroni, di 57 anni, che è stato ritrovato vivo dopo circa 36 ore dal naufragio con una gamba fratturata. Il bilancio dell’incidente è pesante: si contano 32 morti e 110 feriti, di cui 14 vengono subito ricoverati in ospedale.

I soccorsi

L’evacuazione dei passeggeri avviene in parte grazie all’intervento dell’equipaggio, in parte grazie ad alcune imbarcazioni civili che si trovano nei paraggi della Costa Concordia. A fornire soccorsi immediati, però, sono gli abitanti dell’Isola del Giglio, che mettono a disposizione alcune barche per giungere nei pressi della nave e recuperare le persone che abbandonano l’imbarcazione ormai pericolosamente inclinata su un lato. Sulla piccola isola si creata in breve una vera e propria emergenza sanitaria, in quanto scarseggiano i medicinali per le cure e l’assistenza dei numerosi naufraghi.

Nei giorni successivi cominciano i penosi lavori di recupero dei corpi senza vita dei passeggeri, che però si fermano tra gennaio e febbraio del 2012 a causa delle avverse condizioni climatiche e del mare agitato. Alcuni di questi saranno ritrovati a più di un anno di distanza dal naufragio, quando la nave è già un relitto. I resti dell’ultimo disperso vengono ritrovati tra il 13 e il 14 ottobre 2013: si tratta di un membro dell’equipaggio.

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Disastro ambientale e recupero della nave

Prima di recuperare il relitto, è necessario svuotare il serbatoio della nave per evitare che l’olio combustile fosse versato nel mare. I serbatoi dell’imbarcazione vengono svuotati utilizzando la tecnica dell’hot tapping: le operazioni cominciano il 24 gennaio 2012 grazie all’intervento della società olandese chiamata “Smit Salvage”. Si teme infatti che il naufragio della Costa Concordia, oltre alla perdita di vite umane, possa provocare un immane disastro ambientale.

Dopo due mesi esatti, il 24 marzo 2012, le operazioni di svuotamento dei serbatoi vengono ultimate con successo. Il recupero della nave inizia il 29 maggio 2013, ad opera di due società specializzate, l’americana Titan Salvage e l’italiana Micoperi. Tutte le operazioni si svolgono nell’arco temporale di un anno, avendo particolare cura di non interferire sull’ecosistema dell’Isola del Giglio.

Il 16 settembre 2013 si procede alla Rotazione della nave (in inglese il termine tecnico è: parbuckling), sotto la guida di Nick Sloane. Non si è mai tentato un recupero del genere su una nave così pesante, prima d’ora. Proprio per questo motivo, l’operazione suscita la curiosità generale, anche all’estero.

Dopo aver raddrizzato e messo in sicurezza la nave, si dà inizio alla ricerca degli ultimi due dispersi.

Inchiesta giudiziaria

A seguito dell’incidente della Costa Concordia, il comandante Francesco Schettino viene arrestato con l’accusa di naufragio, omicidio colposo plurimo e abbandono di nave in pericolo. L’inchiesta giudiziaria nei suoi confronti rivela aspetti inediti della vicenda: sembra che il comandante, al momento dell’incidente, fosse in compagnia di una ballerina moldava che faceva parte dell’equipaggio. I due hanno ammesso di aver avuto una relazione.

Le ragioni dell’incidente inizialmente sono tutte da chiarire: l’ipotesi più accreditata è che sia stata una imperdonabile leggerezza, un errore umano del comandante che ha voluto far fare un “inchino” alla nave. Un gesto che è costata la vita a trentadue persone e che ha reso la vicenda della Costa Concordia famosa in tutto il mondo.

Schettino è stato condannato a 16 anni di carcere, in Cassazione, il 12 maggio 2017.

Il recupero della nave Costa Concordia

[Da Wikipedia] Dopo aver dichiarato Costa Concordia “perdita totale”, fu deciso che il relitto venisse smantellato a carico di Costa Crociere e degli assicuratori.

Il 16 settembre 2013, sotto il comando operativo del comandante Nick Sloane, alle ore 9:06 è iniziata la prima fase del recupero del relitto con la sua rotazione (in gergo tecnico, iniziando a “lentìare”) la nave (in inglese parbuckling) per disincagliarla dal fondale roccioso e raddrizzarla in posizione. L’operazione, per la quale erano inizialmente previste circa 12 ore di tempo (tirando i cavi d’ancoraggio a circa 3,5 m/h)[23], si è conclusa alle ore 4:00 circa del 17 settembre, dopo 19 ore, quando la Costa Concordia è stata riportata nuovamente in asse.

Durante le operazioni di collocazione dei cassoni, il 2 febbraio 2014 il sommozzatore spagnolo Israel Franco Moreno, di 40 anni, è morto per scompenso cardiaco e dissanguamento a causa di una ferita alla gamba.

Il 30 giugno 2014 il Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana ha annunciato che la demolizione del relitto sarebbe stata effettuata presso il porto di Genova.

La nave rimessa in galleggiamento

Le procedure per il rigalleggiamento del relitto sono iniziate il 14 luglio 2014 per completare la rimozione dall’isola del Giglio il 23 luglio 2014 e il trasferimento a Genova, nell’area portuale di Pra’-Voltri, il 27 luglio 2014.

Subito dopo l’ormeggio nel porto genovese, nel pomeriggio la proprietà della nave è stata ceduta dall’assicurazione della compagnia di navigazione al consorzio Ship Recycling costituito da Saipem (51%) e San Giorgio del Porto (49%) per la gestione dello smantellamento e del riciclo del relitto, con una commessa di circa 100 milioni di euro.

Il 12 maggio 2015 il relitto della nave, alleggerito di 5.700 tonnellate di materiali, dopo un trasferimento notturno di 10 miglia dalla banchina di Pra’, è stato collocato nell’area dell’ex Superbacino del porto di Genova per essere definitivamente smantellato.

Il 1º settembre 2016, la parte del relitto rimasta dopo la prima fase di smantellamento è stata trasferita alla velocità di 1 nodo, con l’ausilio di 5 rimorchiatori, coprendo la distanza di 1,8 miglia nautiche dal molo “Umberto Cagni” dell’area dell’ex Superbacino a quella del bacino di carenaggio numero 4 dell’area della calata “Giuseppe Gadda” dedicata alle riparazioni navali, dove, per terminarne la demolizione, i resti dello scafo sono stati messi a secco per essere fatti a pezzi.

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Cristiana Lenoci

Cristiana Lenoci è laureata in Giurisprudenza e specializzata nel campo della mediazione civile. La sua grande passione è la scrittura. Ha maturato una discreta esperienza sul web e collabora per diversi siti. Ha anche frequentato un Master biennale in Giornalismo presso l'Università di Bari e l'Ordine dei Giornalisti di Puglia.

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