Battaglia di Caporetto
Se oggi il termine “Caporetto” è utilizzato come sinonimo di disfatta è perché quella che si consumò a Caporetto (oggi Kobarid, Slovenia) fu la più grave sconfitta mai subita da un esercito italiano. La Battaglia di Caporetto avvenne nel 2° anno di impegno dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale.
Il Paese entrò in conflitto nel 1915 allo scopo, principalmente, di strappare Trento e Trieste all’Impero Austroungarico. A scontrarsi, anche a Caporetto, furono il Regio esercito italiano e le forze austroungariche e tedesche. Queste ultime giunsero in aiuto per far crollare il fronte occidentale, quello italiano.
Approfondimento
Antefatto: 11 battaglie sull’Isonzo
La Battaglia di Caporetto giunse come 12° atto dei conflitti sul fiume Isonzo. Una serie di avanzate e ritirate che causarono grandissime perdite da ambo le parti; esse impegnarono gli italiani, sotto il comando di Luigi Cadorna, per più di due anni.
Il fiume Isonzo fu uno dei luoghi principi degli scontri del 1917; come anche l’Altopiano di Asiago e quello del Carso, il Veneto settentrionale e il confine odierno fra Slovenia e Friuli Venezia Giulia.
Battaglia di Caporetto: 3 fasi d’attacco e una grave sconfitta
L’attacco austroungarico a Caporetto iniziò il 24 ottobre 1917. L’evento è ricordato anche come 12ª battaglia dell’Isonzo.
Fase I
La prima fase fu quella del lancio di gas tossici. Gli italiani poterono resistere per due ore con le allora maschere antigas prima di abbandonare la prima linea.
Fase II
A seguire gli austroungarici misero in campo l’artiglieria con tonnellate di proiettili in caduta sulle linee di difesa dell’esercito italiano.
Fase III
In terza battuta, giunse la fanteria. Migliaia di soldati austriaci e tedeschi attaccarono gli schieramenti italiani. Ci fu una giornata intera di combattimenti, in cui questi ultimi non fecero che arretrare fino alla disfatta.
La disfatta
Quattro settimane dopo si ritirarono sulla linea del Piave. La disfatta di Caporetto costò all’Italia la vita di 40mila soldati e condusse in prigionia 365mila connazionali. La ritirata dei soldati italiani si protrasse per circa un mese.
Dopo la linea provvisoria sul Tagliamento, il Regio esercito si posizionò sul Piave. Tale linea mai fu sfondata dalle forze austroungariche e tedesche. Essa fu teatro di numerose successive battaglie.
Intanto, a seguito di Caporetto, fra Friuli e Veneto abbandonarono la propria casa oltre un milione di cittadini. Questi divennero profughi di guerra, di cui solo 270mila si misero in salvo.
Ai tantissimi saccheggi e alle rappresaglie di mano austroungarica, fra l’altro, i cittadini del territorio risposero creando bande armate civili. Il loro scopo era quello di sabotare e disturbare l’occupazione. Questi gruppi si possono a buon titolo definire come le prime formazioni partigiane italiane.
Le cause della disfatta di Caporetto
Gli storici hanno definito in maniera unanime Caporetto come la più grande sconfitta italiana; e hanno, nello stesso modo, tracciato le principali cause di tale disfatta.
I soldati che combatterono quel capitolo, ma in generale anche tutto il conflitto, erano stati formati alla fine dell’Ottocento. In quel periodo poco o niente si conosceva di quello che sarebbe stato messo in campo in fatto di armi.
In particolare la mancanza di formazione fu evidente e fautrice di maggiori danni nell’ambito dell’artiglieria; essa fu utilizzata senza differenziare a dovere l’azione offensiva da quella difensiva.
A questa ignoranza fattuale si aggiunsero gli errori degli alti ufficiali. Il comandante supremo Cadorna e i comandanti d’armata Capello, Cavaciocchi, Badoglio e Bongiovanni compirono gravi errori strategici e tattici. In più, si fecero imbrigliare nella “burocratizzazione” che pure appartenne alla Prima guerra mondiale e che rallentò in più momenti la risposta del Paese in battaglia.