Perché si dice avere l’argento vivo addosso?
Avere l’argento vivo addosso è un’espressione che si riferisce a chi è particolarmente vivace e non sta mai fermo, ad esempio i bambini. L’espressione “avere l’argento vivo addosso” è riferita proprio ad una persona vivace, che non sta mai ferma. In genere lo si dice dei più piccoli, che appunto hanno la caratteristica di muoversi continuamente, alla scoperta di cose e sensazioni nuove.
Per descrivere la dinamicità e l’irrequietezza si utilizza spesso questo modo di dire, anche come metafora. Non è raro usarlo anche riferendosi ad un adulto o ad una persona particolarmente iperattiva.
L’amore è come l’argento vivo nelle tue mani. Lascia le dita aperte e lì vi resterà. Stringilo e scapperà via. (DOROTHY PARKER)
Approfondimento
Cos’è l’argento vivo
L’argento vivo (in inglese quicksilver) è in pratica l’elemento chimico del mercurio (Hydrargirium- Hg). E’ la stessa sostanza contenuta nei tradizionali termometri per misurare la temperatura corporea e la febbre (ora ritirati dal commercio e sostituiti dai dispositivi digitali). Esso è di colore argento ed è liquido. La scienza empirica ci dimostra come sia impossibile tenere ferma una goccia di mercurio, poiché tende a sfuggire da una parte all’altra in maniera veloce.
Da tale esperienza discende il significato del comune modo di dire “avere l’argento vivo addosso“, riferito appunto a chi non riesce a stare mai fermo ed è sempre in agitazione. Il fatto che il mercurio non riesca a fermarsi su una superficie, costituisce una specifica reazione fisica del metallo. E’ pertanto inevitabile.
Quando l’eccessiva vivacità dei bambini diventa un problema
Tutti i bambini sono curiosi e vivaci, è nella loro indole. I genitori non possono che assecondarli nella fase della scoperta e dell’esplorazione del mondo. Negli ultimi tempi, però, si sta diffondendo una sindrome molto particolare, quella della iperattività e deficit d’attenzione, che riguarda bambini in età scolare. Sono tanti i genitori che riferiscono di avere un figlio “malato” di eccessiva vivacità tanto da diventare assolutamente ingestibile nelle varie situazioni della vita quotidiana.
Purtroppo non è facile ammettere che il proprio figlio possa avere un disturbo di tipo comportamentale. Per molti genitori si tratta di qualcosa di cui vergognarsi. Oppure la maggior parte di loro si augura che, con il passare del tempo, questa caratteristica possa regredire e scomparire del tutto.
In realtà bisogna essere prudenti nel dare giudizi in questo senso. E’ opportuno invece consultare un esperto per poter avere una diagnosi il più possibile certa e corretta. Ciò per evitare che un bambino “con l’argento vivo addosso” si trasformi in un bambino malato e quindi bisognoso di cure.
ADHD: iperattività e deficit dell’attenzione
Una patologia come la ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder – sindrome di iperattività e deficit d’attenzione) non è un’opinione. Va diagnosticata attraverso strumenti affidabili e affrontata con terapie adatte, anche farmacologiche.
Il Ministero della Salute ha istituito un Registro nazionale che raccoglie i bambini “etichettati” in base all’utilizzo di psicofarmaci specifici per curare la sindrome dell’ADHD. In Italia circa 60mila (dati: 2016) tra bambini e adolescenti assumono regolarmente psicofarmaci per trattare questo ed altre tipologie di disturbo comportamentale.
Cosa dice la scienza al riguardo
Il National Institute of Mental Health (USA) ha descritto in maniera approfondita e scientifica le caratteristiche della sindrome di iperattività e deficit d’attenzione, riscontrando in essa tre elementi principali.
- deficit di attenzione
- iperattività
- impulsività
Combinandosi tra loro, possono emergere tre sottogruppi diversi:
- tipo prevalentemente incapace di attenzione
- tipo prevalentemente iperattivo-impulsivo
- tipo combinato (incapace di attenzione e iperattivo)
Nell’accezione di iperattività rientrano alcune caratteristiche specifiche del soggetto:
- non riesce a stare mai fermo
- ha sempre necessità di essere occupato in qualche attività
- parla senza sosta
- non riesce a stare seduto per tanto tempo (questo succede soprattutto a scuola).
Al momento non esiste una presa di posizione scientifica netta da parte degli esperti, per cui la presenza di eventuali sintomi non basta a diagnosticare una patologia medica vera e propria. Ci vuole molta cautela, soprattutto perché i soggetti direttamente interessati dal problema sono minori.