Veglia, parafrasi e commento alla poesia di Ungaretti
“Veglia” è una delle poesie più dure della raccolta Allegria, di Giuseppe Ungaretti. È stata scritta dal poeta sulla Cima Quattro (parte del Gruppo della Presanella, Trento) il 23 dicembre 1915, come è annotato in calce alla lirica stessa, rendendola simile ad un vero stralcio del diario di guerra dell’autore.
Genesi della poesia di Ungaretti
Il componimento poetico appartiene alla prima raccolta di poesie di Ungaretti, Il porto sepolto, confluita poi nella raccolta Allegria del 1931.
Veglia, descrive l’esperienza della guerra vissuta in prima persona dal poeta come soldato semplice. Egli infatti venne chiamato a combattere la Prima Guerra Mondiale (1915-1918) prima sul Carso e poi sul fronte francese.
L’esperienza della guerra è stata fondamentale per Ungaretti, sia come uomo che come scrittore: le poesie de Il porto sepolto raccontano, in tutta la loro brevità, le atrocità vissute in prima persona in modo lampante ed immediato.
Veglia: parafrasi, commento e analisi
In questa poesia Ungaretti descrive la veglia accanto al compagno morto in guerra, fin quasi a condividere l’esperienza della morte insieme a lui.
Come per tutti i componimenti dell’autore, il titolo gioca un ruolo fondamentale.
Il testo della poesia “Veglia” si compone di 16 versi liberi e brevi, divisi in due parti.
La prima parte si sofferma sull’esperienza della veglia notturna, la seconda invece è una dichiarazione che assume quasi la forma di un aforisma:
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.
Per la descrizione del corpo del compagno morto vengono utilizzati termini aspri: massacrato, con la sua bocca digrignata (con i denti in mostra) proprio per accentuare la visione dell’esperienza della morte dolorosa. La smorfia del cadavere viene resa ancora più evidente con la luce della luna piena. La morte sembra quasi condivisa quando si legge che il gonfiore delle mani del defunto è quasi penetrato nel silenzio del poeta:
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
Dopo i primi dieci versi la poesia cambia registro: il poeta dichiara di aver scritto poesie d’amore tutta la notte e di non essere mai stato tanto attaccato alla vita. Si rovescia così la tragedia della morte accennando all’amore e quindi alla ricerca di un valore positivo che contrasti l’amarezza della fine di una vita. Il poeta perciò, nonostante stesse vivendo la morte in prima persona, continua a custodire i valori della vita.
La soluzione al dolore e alla morte viene proposta dal poeta nello slancio positivo finale degli ultimi tre versi: bisogna rimanere attaccati all’energia positiva della vita, in ogni circostanza.
Le scelte lessicali e quindi l’utilizzo di termini violenti e carichi quali buttato, massacrato, digrignato, penetrata, danno al testo un tono fortemente espressionistico. Alcuni di questi sono messi in una posizione di rilievo nel testo, occupando a volte un unico verso.
I suoni che sono maggiormente presenti sono quelli in –ato, –ata.
Il tempo verbale maggiormente utilizzato è il participio passato.
Il messaggio dell’intera lirica che l’autore vuole lanciare si desume soprattutto dallo scatto vitale finale: nonostante esista il dolore, è proprio la visione della morte che fa sentire ancora più attaccati alla vita.