Una vita, il primo romanzo di Italo Svevo: riassunto, analisi e commento
E’ il 1888 quando Italo Svevo inizia il suo primo romanzo “Una vita”. Inizialmente il titolo da lui scelto per l’opera era “Un inetto”. Successivamente viene pubblicato nel 1892 a spese dello stesso scrittore, dall’editore triestino Vram, con il titolo “Una vita”. In questo articolo riassumiamo la trama del libro, fornendo una breve analisi e un commento sullo stile. Ma andiamo con ordine: partiamo con il riassunto.
Approfondimento
Una vita: riassunto del romanzo
Protagonista del romanzo dello scrittore Italo Svevo è Alfonso Nitti, un intellettuale fallito che si è spostato dalla campagna in città, a Trieste. E’ un impiegato di banca e vive presso una famiglia di affittacamere.
L’uomo, che conosce il latino e ama le poesie, si sente imprigionato da un lavoro ripetitivo e arido: quindi aspira ad una vita diversa dalla sua routine. Alfonso Nitti vorrebbe fare lo scrittore. Ma tutto sembra riportarlo alla realtà in cui vive, dai condizionamenti sociali, dal suo mondo d’affari e dal mondo borghese in cui fatica ad inserirsi.
Incipit del romanzo
Il romanzo inizia con le parole di Alfonso alla madre, scritte in una lettera:
Alfonso, Annetta e i loro sogni
Il sogno di Alfonso, stretto da un’umanità meschina che lo avvilisce, è quello di riscattarsi attraverso la letteratura. Viste le sue qualità da intellettuale, gli si presenta un’occasione. Viene infatti ammesso nella casa borghese del direttore di banca, il signor Maller. Ma Alfonso senza neppure accorgersene, seduce Annetta Maller, figlia del direttore di banca.
Anche lei come il protagonista del romanzo Una vita, è appassionata lettrice e aspirante scrittrice. Così la giovane Annetta Maller propone ad Alfonso Nitti di scrivere un romanzo a quattro mani.
La relazione
La ragazza, figlia del direttore di banca, si innamora di Nitti al punto che desidera sposarlo, andando contro tutti gli ostacoli sociali che si oppongono alla loro relazione. Ma Alfonso, disinnamorato della giovane, si rende conto di non voler convolare a nozze: in modo insensibile rifiuta il matrimonio con Annetta e all’occasione che le nozze potevano offrirgli di una scalata sociale.
La ricerca interiore di Alfonso
Col pretesto di assistere la madre malata, Alfonso torna in campagna nel suo paese d’origine, dove assiste la madre sino alla fine. Qui comincia a mettersi alla ricerca delle sue origini.
Poi il protagonista del romanzo si ammala ed è costretto a vendere ogni bene familiare. Ma questo non lo fa tornare indietro sui suoi passi.
Decide infatti di non farsi più vivo con Annetta, pur essendo consapevole che finirà per essere giudicato dalla giovane un vile, perdendo la sua stima.
Il difficile ritorno in città
Passato il periodo, decide di tornare a Trieste, dove l’aspetta il suo impiego in banca per riprendere la vita di sempre. L’attende però una prova ancora più difficile perché viene considerato dai colleghi un cacciatore di dote: viene anche trasferito ad un incarico meno redditizio, dal suo direttore Maller.
A questo punto Nitti decide di licenziarsi, dà le dimissioni, poi invia ad Annetta una lettera che viene letta dalla famiglia di lei, come tentativo di ricatto. Alfonso Nitti viene così sfidato a duello dal fratello di Annetta.
Il finale
La giovane nel frattempo si è fidanzata con Macario; questi è un personaggio antagonista di Nitti, è una persona sicura di sé, determinata e soprattutto adatta alla vita.
Alfonso declina l’invito alla lotta, preferendo suicidarsi.
Analisi del personaggio di Alfonso Nitti
Alfonso Nitti rappresenta un uomo che possiede aspirazioni ideali alte e profonde che però vanno a cozzare con la società borghese e con le sue convenzioni. Ma l’uomo si propone come un inetto al mondo borghese, mostrando passività ed estraneità.
Non persegue infatti mai i suoi propositi fino in fondo. Trasforma tutte le sue passioni e aspirazioni in velleitarie. Si dimostra non all’altezza di sostenerle sino in fondo ed è confinato in un limbo fatto di paralisi o di stasi.
Il tragico gesto finale
Alfonso decide di rifiutare il duello, preferendo la morte con il suicidio. Anche in questo suo gesto il protagonista si dimostra un inetto: non c’è niente di eroico nel suo suicidio. Solo la conferma della sua posizione di subalternità e inferiorità rispetto al mondo reale che lo circonda.
La figura dell’inetto caratterizza gran parte della letteratura di fine Ottocento e gli inizi del Novecento.
Si veda ad esempio il protagonista del romanzo di Robert Musil, dal titolo “L’uomo senza qualità”. Tuttavia l’inetto non si deve confondere con il fallito.
L’inettitudine del protagonista Alfonso Nitti sta proprio nella sua rinuncia alla lotta, alla vita e nella mancanza di capacità che dimostra ad esprimere la propria personalità.
Al contrario di Macario, fidanzato di Annetta, che dimostra di essere perfettamente a suo agio con la vita, sicuro di sé e determinato, Alfonso è invece predestinato alla sconfitta.
Italo Svevo disegna Nitti come un personaggio che si dimostra pieno di paure e di apprensioni. Si dimostra non un lottatore, ma contemplatore debole e passivo in ogni circostanza importante.
Una vita: lo stile del romanzo
Lo stile del primo romanzo di Italo Svevo è di tipo psicologico di formazione. Svevo narra in terza persona con un narratore estraneo rispetto la vicenda raccontata nel romanzo.
Il protagonista Nitti è un anti-eroe, che è immerso in una routine senza colore e senza splendore.
Svevo offre una prosa che è priva di preziosismi e rifugge da ogni ricerca linguistica: essa va invece ad adeguarsi alla realtà grigia che rappresenta.
L’obiettivo di Svevo è quello di rappresentare la problematicità della coscienza dei suoi personaggi.
Commento critico
Il commento che segue è tratto dalla prefazione del libro, a cura dello scrittore Mario Lunetta (1934-2017), edito da Newton Compton Editori nel 2011.
Fin dal suo primo romanzo, il triestino percepisce di essere partecipe di una crisi: la crisi di una borghesia che in sede culturale sconta l’esaurirsi della spinta ottimistica incarnata dal positivismo, e in sede economico-politica è costretta a pagare un disagio e una serie di conflitti interni, che i diversi imperialismi europei si sforzeranno di eludere scatenando una competizione tanto serrata da concludersi con una guerra generale.
Quella di Svevo è, fin dagli esordi, una percezione critica e una percezione autocritica: la sua scrittura, ancora per tanti versi così naîve, trova già in Una vita, e proprio in forza di queste doti, momenti forti di libertà e di
invenzione.[…] Svevo s’impegnò a fondo al suo primo romanzo, probabilmente convinto di avere in qualche modo toccato il centro nevralgico della sua ricerca. Questo centro nevralgico è la malattia: e la malattia si chiama, appunto, inettitudine.
Le parole di Svevo
L’autore Italo Svevo in una lettera a Valery Larbaud (1881-1957), datata 16 marzo 1925, parla della sua opera prima in questo modo:
«Ho riletto Senilità e vedo il libro che m’ero rassegnato a considerare assolutamente inesistente, nella luce che gli è stata data dal vostro giudizio. Ho riletto Una vita. James Joyce diceva sempre che nella penna di un uomo c’è un solo romanzo (allora egli non aveva neppure pensato a Ulysses) e che quando se ne scrivono diversi si tratta sempre del medesimo più o meno trasformato. Ma in questo caso il mio solo romanzo sarebbe Una vita».