Le prime trasmissioni tv in Italia
La data ufficiale dell’inizio delle trasmissioni tv in Italia risale al 3 gennaio 1954. Ripercorriamo in questo articolo le tappe della storia degli albori della televisione nazionale.
Approfondimento
Dal pionierismo televisivo alle vere e proprie trasmissioni nazionali
Nel biennio compreso tra il 1953 e il 1954 l’Italia sembra ormai prossima a sperimentare le prime gittate televisive nazionali, con vere e proprie trasmissioni, dopo i pionieristici esperimenti degli anni ’30 e ’40. All’epoca, va detto, s’era trattato quasi esclusivamente di “parate” mediatiche, vincolate al regime fascista, volte più che altro a fare le prove di quelle che sarebbero dovute essere le vere trasmissioni. Protagonista, naturalmente, era l’EIAR, l’antenato di quella che, dal 1944 e con la Liberazione dal nazifascismo, diventerà poi la Rai: Radio Televisione Italiana.
Proprio dalla sede del Teatro di Torino, epicentro della radiofonia nazionale per via del Centro di Direzione dell’EIAR che, per oltre un ventennio, catalizzerà l’attenzione della popolazione italiana e non soltanto in epoca bellica, nel 1934 avvengono i primi esperimenti televisivi. Cinque anni dopo poi, a Roma, dove nel frattempo era nata un’altra sede dell’EIAR nel quartiere Prati, esattamente il 22 luglio del 1939 entra in funzione il primo trasmettitore televisivo da 2 kW presso la stazione trasmittente di Monte Mario. Per circa un anno, anche se per pochi utenti, avranno luogo una serie di trasmissioni televisive, per quanto sempre di contenuti a totale appannaggio del regime.
Nel frattempo, anche Milano – altra sede EIAR molto importante – si dota di un secondo trasmettitore televisivo, effettuando trasmissioni sperimentali in occasione della XI Mostra della Radio e della XXI Fiera Campionaria di Milano. Questi ed altri sporadici esperimenti però, ebbero termine il 31 maggio del 1940, a causa dell’imminente entrata in guerra dell’Italia al fianco dell’Asse. È la fine del cosiddetto pionierismo televisivo, ma l’appuntamento è soltanto rimandato di circa un decennio.
Nasce la tv, ma è la radio il vero “medium di massa”
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, come già anticipato, nei primi anni ’50 e in pieno boom economico, il Governo italiano fa le prove di quelle che saranno le vere e proprie trasmissioni televisive – questa volta non di regime. Tuttavia, è utile precisare il quadro nel quale andava a nascere la televisione in Italia, a conti fatti assolutamente dominato dalla preminenza del mezzo radiofonico, finalmente assurto al rango di “elettrodomestico” a livello nazionale.
Ultimata la ricostruzione degli impianti infatti, più o meno distrutti e danneggiati dai bombardamenti aerei, ribattezzata l’EIAR, la radio è nel pieno di quello che viene considerato dagli storici un secondo boom di utenze. Nel 1953, con l’arrivo della televisione alle porte, gli abbonati alla radio superano i quattro milioni e mezzo e, anche dopo l’avvento delle trasmissioni, per qualche anno continueranno a crescere vertiginosamente.
Il Giornale Radio è il vero, grande mezzo diffusore di informazioni, tale da monopolizzare l’attenzione nelle case degli italiani, i quali finalmente cominciano ad assaporare l’ebbrezza dell’informazione di massa quando non proprio, occorre dirlo, dell’alfabetizzazione vera e propria.
La radio fa poche “dirette” e l’informazione passa naturalmente per il Governo, non c’è una vera e propria disputa politica (a parte la pionieristica tribuna del “convegno dei cinque”, in cui perlomeno si dibattono questioni sociali ed economiche), ma il mezzo è sempre più apprezzato e non c’è dubbio che abbia instradato la popolazione verso il medium di massa per antonomasia: la televisione.
Intanto, nel 1952, la Rai, non più EIAR, torna a fare gli esperimenti di trasmissioni televisive e, ovviamente, segue, per argomenti e scelte contenutistiche, la linea tracciata dalla radio. Si tratta, infatti, perlopiù di Telegiornali sperimentali e di telecronache di alcune dirette legate ad eventi di importanza nazionale – e forse, nell’intuire la capacità di seguire meglio e con maggiore possibilità di coinvolgimento eventi come le “dirette”, sta l’unico vero scarto della televisione rispetto alla radio.
C’è la Fiera di Milano, la benedizione Urbi et Orbi impartita da Pio XII, mentre nel primo, vero Tg c’è posto per eventi come la regata storica di Venezia, i funerali dell’ex ministro Sforza, le curiosità sulla campagna elettorale statunitense, la corrida portoghese e il Gran Premio di Monza. Siamo, come dire, agli albori della Tv, e il fatto che nel telegiornale non ci sia posto per il calcio, ad esempio, o per la cronaca, la dice lunga su che tipo di esperimenti fossero quelli antecedenti il vero esordio delle trasmissioni nazionali.
Gennaio 1954: il televisore entra nelle case degli italiani
L’inizio ufficiale delle trasmissioni avviene, come detto, il 3 gennaio del 1954, di domenica. C’è, all’inizio, una sola edizione del Telegiornale, il quale com’è facile intuire, rappresenta forse la parte principale e maggiormente curata dalla Rai. Il primo direttore è Vittorio Veltroni (padre del futuro leader politico Walter).
Per comprendere appieno il taglio che la Rai infonde alle trasmissioni televisive, bisogna considerare una serie di cose interessanti. Tanto per cominciare, non è un caso che l’inizio ufficiale delle trasmissioni avvenga di domenica e che, la stessa domenica del 3 gennaio, papa Pio XII invochi pubblicamente l’emanazione di quelle che definisce “opportune norme dirette a far servire la televisione alla sana ricreazione dei cittadini e a contribuire altresì, in ogni circostanza, alla loro educazione ed elevazione morale”.
È un monito, in tutto e per tutto, pertanto ribadito qualche anno dopo, nel ’57, con l’enciclica “Miranda prorsus”, e non cade nel vuoto, anzi. Già nel biennio precedente il Consiglio di amministrazione Rai aveva varato un severo codice di autoregolamentazione, il quale chiunque avrebbe lavorato in televisione era tenuto a rispettare in ogni suo punto.
Che si conduca un Tg o si faccia intrattenimento puro, pertanto, vi sono alcune parole, e ancor più temi, che per nulla al mondo devono essere tirati in ballo: “divorzio”, “aborto”, “adulterio” e “prostituzione”, ad esempio, saranno per anni le parole tabù della televisione pubblica nazionale.
Tutte queste informazioni, per concludere, sono utili per comprendere il tipo di mezzo che andava ad entrare nelle case e nei luoghi pubblici frequentati dagli italiani: vien da sé che i partiti, e anzi la DC, imperante all’epoca, avessero in mano praticamente l’intero controllo della censura, per quanto operata con mezzi differenti da quelli utilizzati dal precedente regime fascista.
La televisione e i suoi numeri
Al termine del 1954 la popolazione che può captare il segnale si aggira intorno al 48,3 %. Ci sono già degli abbonati, pari a 88.118, anche se l’elettrodomestico in sé, costa ancora molto per le tasche degli italiani ed è ancora a totale appannaggio dei ceti abbienti e dei locali pubblici: bar, alberghi, trattorie, ristoranti, cantine e altro. Questi ultimi, pertanto, diventano dei veri e propri “ritrovi televisivi” nell’arco di appena un anno: il 26 novembre del 1955 infatti, prende il via la storica trasmissione “Lascia o raddoppia”, condotta da un giovanissimo Mike Bongiorno.
Il successo è straordinario e con la progressiva estensione dei ripetitori si arriverà, nel corso di alcuni mesi, a toccare i dieci milioni di telespettatori alla volta. Anche i telegiornali intuiscono la portata della loro forza ed entrano, finalmente, in milioni di case nelle quali, sino a qualche anno prima, non era mai entrato un quotidiano. I Tg sono faziosi, raccontano storie di ogni genere e seguono cerimonie che ad oggi sarebbero alquanto assurde, ma “svezzano”, per così dire, il pubblico italiano, abituandolo all’attualità e, per quanto lentamente, dando vita a quella che verrà definita l’informazione di massa.
Nel 1960 arriva la prima “Tribuna Elettorale”, cui seguirà nel 1961 la cosiddetta “Tribuna politica”: la gente, per la prima volta, conosce anche i leader delle opposizioni e la cosa è, per l’Italia, una sorta di rivoluzione sociale, per quanto in formato domestico – o “addomesticato”, come sostenevano all’epoca alcuni quotidiani non allineati.
Il Telegiornale Rai mantiene la propria prerogativa anche nel novembre del 1961, quando entra in funzione, a soli sette anni dalla nascita vera e propria della Tv, anche la seconda rete nazionale.
Un evento mediatico simbolico: lo sbarco sulla luna
Passano alcuni anni, l’Italia si popola rapidamente e nel 1963 gli abbonati alla televisione sono quattro milioni e trecentomila. I numeri, però, nell’effettivo, sono ben più alti: si calcola che ogni sera, siano circa quindici milioni gli italiani che seguano regolarmente le trasmissioni televisive. Intanto, nel 1962, anche la Rai si rende protagonista del primo collegamento via satellite con gli Stati Uniti, mentre già nel 1957, la pubblicità e l’intrattenimento, con la nascita della storica trasmissione “Carosello”, coinvolgono e allietano milioni di telespettatori, abbracciando tutte le fasce d’età.
Il culmine, che segna forse la fine di questa prima, straordinaria, parabola del medium televisivo italiano, è dato dalla “diretta” di quello che verrà considerato l’evento del secolo: il 21 luglio 1969, nelle prime ore del mattino, milioni e milioni di italiani seguono l’impresa di Armstrong e compagni, mentre per la prima volta nella storia, l’uomo calca il suolo lunare. È un evento di portata immensa e ancor più importante è il fatto che praticamente ovunque, nelle abitazioni e nei luoghi pubblici, intere famiglie di italiani lo abbiano seguito.
La Prima volta che ho Visto la T.V nel 1956/7 a milano in viale Monsa, in un Bar, stavano trasmettendo la T.V. X Ragazzi, mi Ricordo stavano facendo un Cartone animato , un treno stava uscendo della Televisione , io sono scappato sotto il Tavolino del Bar!
ghet vit poro……
se Got vit poro' me sembrao che me nia ados,,, come sere gnurant?