Il rito del matrimonio e le sue origini
Sebbene ancora manchino chiare documentazioni relative alle sue origini, il rito del matrimonio risalirebbe a quattro mila anni fa, al tempo dei Babilonesi, quando questa forma di contratto tra uomo e donna, che sancisce la loro unione, era già in voga. Si può infatti dire con assoluta certezza che tutte le popolazioni oggi a noi note, comprese le più primitive, usavano il rito del matrimonio come legame socialmente riconosciuto tra individui o come istituzione universale comune a tutti i popoli e a qualsiasi livello di cultura e sociale.
Una fra le più antiche testimonianze in tale senso, nella quale venne stabilito che il matrimonio è valido solo se c’è un contratto “d’acquisto” scritto (della moglie da parte del marito) fu il cosiddetto codice di Hammurabi (1792-1750 a.C.).
L’età ideale per il matrimonio secondo il filosofo greco Aristotele (384-322 a.C.) era da attestarsi in 37 anni per l’uomo e in 18 per la donna. Da lì in poi e con pochissimi cambiamenti, anche tutte le altre società si affidarono al codice di Hammurabi. Il matrimonio, a detta degli studiosi di quel tempo, comportava il passaggio di una persona da un gruppo sociale ad un altro e la prole apparteneva dunque socialmente a uno solo dei due coniugi. Inoltre per sopperire alla diversità di ceto, erano necessari accordi e compensazioni tra le famiglie degli sposi. Il pagamento avveniva con bestiame, attrezzi o denaro alla famiglia di lei, oppure servizi e aiuti di vario tipo, per esempio il genero coltivava il campo del suocero.
Nelle varie società e culture possiamo trovare vari tipi di matrimoni: la monogamia (un marito ed una moglie, la più diffusa), la poligamia (un marito con più mogli) e la poliandria (una donna con più mariti). Secondo quanto scritto nel codice di Hammurabi, la poligamia era consentita solo se la prima moglie era sterile mentre nell’antico Egitto tale usanza valeva solo nelle caste più elevate.