Le invasioni barbariche e i regni romano-barbarici (riassunto)
L’avanzata degli Unni di Attila, che già nel IV secolo era a capo di un impero vastissimo che si estendeva dal fiume Don alle Alpi, provocò, nella prima metà del V secolo, un forte fermento tra le popolazioni germaniche che, nel tentativo di sfuggire alla brutalità della dominazione unna, si riversarono entro i confini dell’impero d’Occidente; le invasioni barbariche peggiorarono la già minata stabilità politica imperiale e inevitabilmente segnarono la fine dell’impero stesso, con la conseguente nascita dei cosiddetti regni romano-barbarici in Occidente.
Approfondimento
I Visigoti di Alarico e il sacco di Roma (401- 410)
Fu probabilmente Aureliano, il nuovo prefetto del pretorio in Oriente, a favorire tramite istigazione l’arrivo di Alarico in Italia tra il 401 e il 402, quando i Visigoti, superando le Alpi, giunsero e assediarono Milano, dove era imperatore Onorio.
Stilicone riuscì ad emarginare il pericolo sconfiggendo i Visigoti di Alarico a Pollenza nel 402, azione che ritardò un attacco ancora più grave che si realizzò circa otto anni: Alarico giunse nuovamente in Italia intorno alla fine del 408, investì Roma e la sottopose al saccheggio del 410.
In seguito al sacco di Roma, Alarico cercò di raggiungere l’Africa, ma “la sua flottiglia fu distrutta da una tempesta ed egli stesso morì nei pressi di Cosenza” (VILLARI).
Dopo aver seppellito il re visigoto nel letto del fiume Busento, i soldati elessero come nuovo re Ataulfo che, dopo aver tentato di stabilire degli accordi con l’imperatore Onorio, ritenne più prudente, come riporta il Villari, ritirarsi nelle Gallie dove “tentò di fondare uno Stato sul modello romano e sposò nel 414 la figlia di Teodosio, Galla Placidia, che egli aveva fatto prigioniera“.
Con la morte di Ataulfo, Galla Placidia tornò alla corte imperiale per sposare Costanzo, che era succeduto a Stilicone nella carica di generalissimo. L’Impero guadagnò lentamente il controllo in Gallia, in Germania e in Spagna, dove vennero stipulati degli accordi con i barbari, che, in parte, si riconobbero “federati dell’impero”. In merito a tutti questi successi, Costanzo III fu associato al trono di Onorio e alla morte di quest’ultimo fu succeduto dal figlio di Gallia Placidia, Valentiniano III.
La rinascita imperiale fu effimera: i Vandali di Genserico occuparono l’Africa romana (429); i regni creati in Spagna dai Visigoti e in Gallia dai Burgundi, Franchi e Vandali, pur essendosi dichiarati “federati dell’impero” acquistavano di fatto maggiore autonomia. In questa condizione del tutto sfavorevole per l’autorità imperiale, Valentiniano III (425- 455) non era più in grado di governare senza la tutela della corte di Costantinopoli.
Attila invade l’Impero d’Occidente
Intorno al 450 Attila, nel tentativo di dare al suo impero dei confini più ampi e stabili, fece irruzione nei territori occidentali. Il primo tentativo di conquista contro la parte occidentale dell’impero fu rivolto verso la Gallia, ma qui il grande generale Ezio lo affrontò con un grande esercito composto in gran parte da “federati”.
Attila tentò nuovamente di raggiungere l’Occidente nei decenni successivi, mirando in un primo momento ai territori confinanti con le Alpi Giulie e in un secondo momento a Roma, quest’ultima salvata in extremis da papa Leone I che riuscì a convincere Attila, il “flagello di Dio“, a rinunciare all’impresa.
L’incursione dei Vandali a Roma
Scampata all’attacco di Attila, Roma, venne attaccata dai vandali di Genserico nel 455. Arrivati alle foci del Tevere dal mare, i Vandali, saccheggiarono la città per quindici giorni : “il papa poté ottenere soltanto che fosse vietato ai soldati di assassinare gli abitanti e di incendiare la città” (VILLARI).
La rivolta di Odoacre
In questo preciso momento storico l’impero d’Occidente era costituito semplicemente dall’Italia. Nei due decenni successivi all’incursione di Genserico, il potere era praticamente nelle mani del generale goto Ricimiero. La corte di Costantinopoli nominava imperatori che spesso erano tali solo di nome, come nel caso di Giulio Nepote, deposto nel 475 dal generalissimo Oreste, che proclamò imperatore il figlio Romolo.
Con la rivolta militare capeggiata da Odoacre, Romolo fu deposto e il padre Oreste ucciso.
Odoacre rinuncio al titolo imperiale e, sostenuto da parte del senato, ottenne la nomina di patrizio, riconoscendo il tal modo solo l’autorità imperiale d’Oriente.
Con le invasioni barbariche l’impero d’Occidente aveva cessato di esistere.
I regni romano-barbarici
Anche se la latinità dell’impero andava disgregandosi, “le popolazioni barbariche non furono in grado di sovvertire le antiche istituzioni romane e di imporre i loro costumi e i loro ordinamenti” (VILLARI), poiché dovettero adattarsi alle civiltà dei popoli dominanti. La religione, che un tempo era stata un fattore di avvicinamento, fu a lungo un ostacolo all’integrazione, poiché i popoli barbari avevano accolto l’arianesimo, mentre i popoli latini erano cattolici.
I regni romano-barbarici vennero a formarsi con l’insorgere dell’autorità barbara in un contesto politico e istituzionale molto complesso; in un’ottica di contrasti sociali e religiosi, la disgregazione divenne ancora più evidente.
Con la fine dell’autorità imperiale in Occidente si formarono i seguenti regni romano-barbarici:
- regno dei Vandali (Marocco, Algeria, Tunisia, Corsica, Sardegna, Baleari e parte delle Tripolitania);
- regno dei Visigoti (Spagna e parte della Gallia);
- regno degli Svevi ( parte nord – occidentale della penisola iberica);
- regno dei Burgundi (bacino del Rodano);
- regno dei Franchi (basso Reno);
- regni anglosassoni (Britannia);
- regni degli ostrogoti (Italia).
I regni romano-barbarici si caratterizzavano per la completa indipendenza del potere imperiale di Costantinopoli, il mantenimento della struttura amministrativa romana e la separazione giuridica su base etnica: popoli latini e barbari vivevano sullo stesso territorio con leggi differenti.
Le conversione degli ariani al cattolicesimo segnò una tappa importante nella “laboriosa gestazione della civiltà medievale”, in quanto grado conclusivo di un tanto atteso processo di assimilazione politica e religiosa.
Note Bibliografiche
R. Villari, Storia Medievale, Editori Laterza, Roma, 1975