I quotidiani dopo l’avvento della televisione
Con l’avvento della radio, la stampa aveva già perduto il monopolio dell’informazione. Poi, con la televisione, si trova di fronte a un mezzo capace di attirare milioni di persone. È urgente ed indispensabile battere altre strade, valorizzare le altre funzioni dei quotidiani: quelle della spiegazione e dell’interpretazione.
I più colpiti sono i quotidiani della sera. Per i periodici di attualità, la prima conseguenza del trionfo della televisione è la drastica riduzione del ruolo svolto finora dalle fotografie.
Approfondimento
Regno Unito, Stati Uniti e Giappone
A Londra, tra il 1960 e il 1961, tre noti quotidiani sono costretti a chiudere e il “Times” entra in crisi. Nelle grandi città americane si riduce il numero dei quotidiani. Nel 1966, chiude il “New York Herald Tribune”.
Il Giappone costituisce un’eccezione in quanto, nel Dopoguerra, la stampa quotidiana ha compiuto notevoli progressi rispetto a tutti gli altri paesi. I grandi quotidiani giapponesi hanno adottato per primi, insieme con quelli sovietici, la teletrasmissione in facsimile, che consente una distribuzione tempestiva anche in zone lontane. Inoltre, i giapponesi hanno già iniziato a usare i computer.
La situazione in Italia all’inizio degli anni ’60
In Italia, nel 1960, escono 96 quotidiani che, nel giro di cinque anni, si riducono ad 86. I quotidiani più forti e ricchi entrano in una fase di relativa espansione per due fattori concomitanti: l’aumento della foliazione e dei servizi da un lato, le tensioni e le aspettative suscitate dall’evoluzione della situazione politica sul piano internazionale e interno.
Nel 1960, è al governo il democristiano Fernando Tambroni e pesanti sono i suoi interventi sui pochi giornali che non lo sostengono. La via è aperta al centrosinistra. L’intesa tra Dc e socialisti crea forti contrasti di interessi ma anche aspettative di rinnovamento. Il contrasto più forte è quello che riguarda la nazionalizzazione delle imprese elettriche.
Gli schieramenti politici
Nel giornalismo si formano due schieramenti. Tutti i fogli moderati e conservatori, il “Corriere della Sera” in testa, contro i fogli favorevoli alla nazionalizzazione, “Il Giorno, “L’Espresso” e “Il Mondo” e gli organi dei partiti di sinistra.
Dal 1° gennaio 1960, “Il Giorno” è diretto da Italo Pietra, sostenitore accanito del centrosinistra. “Il Giorno” cerca il miglioramento della qualità. Collaborano al giornale Pier Paolo Pasolini, Italo Calvino. Viene sviluppato il settore culturale. Ai tre inserti settimanali, se ne aggiungono altri due dedicati alla televisione e al mondo dei motori. Si accentua quel processo di “settimanalizzazione” dei quotidiani, che si svilupperà negli anni Settanta e Ottanta.
Non è più possibile sottovalutare la presenza de “Il Giorno”. I Crespi decidono di dare al “Corriere” un nuovo direttore, Alfio Russo. Russo provvede allo svecchiamento del “Corriere”, rinnova la cronaca cittadina, lo sport e gli spettacoli e apre una rubrica della posta dei lettori. Lo svecchiamento giova al “Corriere” e si allontana il pericolo suscitato dalla crescita de “La Stampa” e de “Il Giorno”.
“La Stampa”, diretta da De Benedetti, ha perfezionato la sua formula. Metà giornale, la parte politica e culturale, è di qualità; l’altra metà è caratterizzata dalla cronaca varia e nera. A Torino, invece, la “Gazzetta del Popolo”, ora gestita direttamente dalla Dc, è in costante declino. Un notevole risveglio tocca anche alla stampa cattolica con “L’Avvenire d’Italia”, che raddoppia vendite e abbonamenti.
Nel contesto della sinistra
In campo comunista ci sono due novità: la trasformazione in settimanale del mensile “Rinascita” e un nuovo rilancio de “L’Unità”. Accanto alle fusioni di testate quotidiane appartenenti allo stesso proprietario, si verificano le prime concentrazioni. La prima riguarda l’imprenditore petrolifero e zuccheriere Attilio Monti che acquista, nel 1966, “Il Resto del Carlino”, “La Nazione”, lo sportivo “Stadio”, “Il Giornale d’Italia” e “Il Telegrafo”.
La seconda concentrazione è opera dell’imprenditore chimico Nino Rovelli, che compra i quotidiani “La Nuova Sardegna di Sassari”, “L’Unione Sarda di Cagliari”; in pratica, tutta l’informazione stampata in Sardegna è nelle sue mani.
Sul caso Monti si svolge un dibattito in Senato, ma il governo afferma che non esistono in Italia presupposti per introdurre una normativa antitrust.