Piccole gioie, opera di Kandinsky
In questo celebre quadro intitolato Piccole gioie, Vasilij Kandinsky racconta dell’amore per la sua madre Mosca, città dove torna dopo lo scoppio della prima guerra mondiale. L’opera, realizzata nel 1913, segna un periodo di transizione, raffigurato proprio con la barca sul lato destro del dipinto, simbolo di movimento, di passaggio, e ancora, di attraversamento, da una fase all’altra. Kandinsky passa dunque dal periodo eroico del Cavaliere Azzurro alla sua conclusione brusca con l’inizio del primo conflitto mondiale. Poi seguiranno altri slanci per l’artista russo, altre esperienze, altre avventure. Dello stesso periodo è Composizione VII, quadro che simboleggia la rappresentazione dell’inizio e della fine del mondo, che tratta temi come il diluvio, la resurrezione, il giudizio universale.
Approfondimento
Commento all’opera
Torniamo a Piccole Gioie: questa gioia interiore del pittore è evidente nell’uso di colori chiari, che danno all’immagine un aspetto luminoso e che conferisce serenità. È una tela, realizzata in olio, che misura 109,8 x 119,7 centimetri, che è custodita al Solomon Guggenheim Museum di New York. Si tratta di un dipinto a cui l’artista è molto legato, come dimostra una foto che lo ritrae accanto al dipinto. Scatto realizzato proprio nel 1913 e che l’artista utilizzerà in seguito per realizzare un’opera fondamentale del periodo russo, cioè Mosca I. La città russa è celebrata dall’artista anche in un altro quadro di cui abbiamo parlato in precedenza.: Dama a Mosca.
Piccole gioie: descrizione dell’opera
Il tipo di slancio verticale, le piccole cupolette disposte al centro dell’opera rappresentano un riferimento chiaro a Mosca, che appunto si sviluppa su una zona collinosa e sorge sulle rive del fiume Moscova. Si vedono infatti alcune costruzioni poste sulla montagna. È da qui che partono alcuni cavalieri, che a cavallo si spostano verso altri insediamenti, altre mete e orizzonti.
Sulla parte destra del dipinto, si trova invece una zona ampia ricoperta dalle acque mosse e colorate. Qui è rappresentata una piccola barca a tre remi che galleggia sulle acque mosse. Si ergono poi, dall’angolo in basso a destra, gigantesche figure spettrali che si impossessano della scena. Il riferimento, il ricordo, è ad un’altra sua opera dal titolo Improvvisazione 19 (Suono azzurro) dove Kandinsky dipinge proprio delle gigantesche figure trasparenti.
Il riferimento a “Improvvisazione 19”
Quest’opera, di cui si è parlato in un precedente articolo, è conosciuta anche con il nome di “Suono azzurro” e riguarda i lavori realizzati dall’artista sino al 1909 quando cioè inizia a dividere i suoi dipinti in Impressioni, Improvvisazioni e Composizioni. Proprio perché il noto violoncellista conserva nell’amore per la pittura quello per la musica, di cui rivela le profonde affinità.
Proprio per questo resta celebre una sua frase, una metafora del pianoforte, dove Kandinsky spiega che il colore rappresenta il tasto del pianoforte, mentre l’occhio è il martelletto. Dove l’anima assume la forma di un pianoforte con molte corde. Così l’artista rappresenta la mano che sfiorando il tasto riesce a fare vibrare l’anima. E ancora afferma che per un artista “il più ricco insegnamento viene dalla musica”.
Il riferimento a “Il cavaliere azzurro” e il passaggio all’astrattismo
È il 1903 quando Kandinsky dipinge il “Cavaliere azzurro”, nel quale l’artista raffigura un cavaliere con il mantello azzurro, che su un cavallo bianco, attraversa un prato variopinto, sotto un cielo azzurro con nuvole bianche che lo attraversano. E’ un quadro in cui lo spettatore diventa parte dell’avventura del cavaliere.
Kandinsky è innamorato delle avventurose vicende dei cavalieri medievali. Cavalieri che combattono contro il male, affrontando le prove più ardue. È per l’artista il simbolo del trionfo dell’età dello spirito sul materialismo. Mentre si dovranno attendere sette anni, ovvero il 1910, per vedere realizzato il primo acquerello astratto di Kandinsky, che segna una forza interiore dirompente rispetto alle opere del passato. Rappresenta inoltre il passaggio all’astrattismo.
È in questo modo che inizia un linguaggio che si basa soltanto sui rapporti tra forme, geometrie e colori. È un linguaggio lirico, vicino al campo della musica, che dimostra ancora una volta la sua capacità di invenzione.
È questa una affermazione di Kandinsky che ben sintetizza la sua passione per l’arte. È questo acquerello che segna l’abbandono dell’artista ad ogni elemento figurativo: la pittura diventa libera dalla funzione mimetica, si spoglia del reale per rappresentare proprio lo stato interiore del pittore. Questo aspetto, lo stesso artista, lo evidenzia nel suo testo “Lo spirituale nell’arte” dove sostiene:
più il blu è profondo e più richiama l’idea di infinito, suscitando la nostalgia della purezza e del soprannaturale. […] Il rosso che di solito abbiamo in mente è un colore dilagante e tipicamente caldo, che agisce nell’interiorità in modo vitalissimo, vivace e irrequieto. […] Il giallo è il colore tipico della terra. […] Da un punto di vista psicologico può raffigurare la follia.