I moti di Stonewall
Il 27 giugno 1969 si verificano a New York una serie di scontri, ricordati come moti di Stonewall, tra la polizia locale e un nutrito gruppo di gay che rivendicano il diritto a vivere liberamente la propria sessualità. A scatenare la sommossa è l’irruzione della polizia nel bar omosessuale di Stonewall Inn. I poliziotti non sono nuovi ad azioni di questo tipo e, anzi, fino agli anni Sessanta si verificano regolarmente molti episodi di aperta intolleranza. Basta un bacio tra appartenenti allo stesso sesso o anche semplicemente il tenersi per mano a far scattare l’accusa di indecenza.
I poliziotti mettono in atto una pratica detta entrapment (come il film del 1999 con Sean Connery e Catherine Zeta-Jones) che consiste nell’adescare giovani gay in modo da avere una motivazione concreta per l’arresto. Le cose cominciano a cambiare quanto a capo della Mattachine Society, società per la difesa dei diritti degli omosessuali, arriva Dick Leitsch.
Approfondimento
I diritti e la polizia
Prima del 1969 la Mattachine agiva in segreto; grazie, però, alle lamentela dei suoi membri, nel 1966, il commissario della polizia di New York, Howard Leary, impone nuove direttive alle forze dell’ordine. I poliziotti non possono più adescare i gay a scopo di incarcerazione, e, anche nei casi in cui questa si rende necessaria, viene richiesta la presenza di un civile come testimone.
Dopo questo risultato, Dick Leitsch tenta di risolvere la questione connessa ai bar gay organizzando un sip in, vale a dire un incontro con alcuni omosessuali per bere qualcosa in un locale. Il barista, però, non consente loro di rimanere. Così dopo la denuncia alle autorità cittadine, la SLA, la società americana che regola il consumo dei liquori, dichiara legale la vendita di alcol ai gay.
Moti di Stonewall: le cause degli scontri
Quando, dunque, avviene la retata nello Stonewall Inn, il bar ha tutto il diritto di essere aperto. Varie sono le motivazioni addotte per spiegare l’accaduto.
Secondo alcuni la causa è da ricercarsi nelle elezioni amministrative che vedono in corsa per la poltrona di sindaco John Lindsay. Questi, infatti, avendo perso le primarie del suo partito, cerca di attuare una politica di repulisti tra i bar cittadini per accrescere la propria reputazione.
Secondo il vice ispettore Seymour Pine, invece, l’ordine di irrompere gli viene dato perché il bar è uno dei centri in cui è possibile reperire informazioni sui gay che lavorano a Wall Street, e sarebbe al centro di una serie di furti in alcune società di intermediazione.
Le tesi
Tra le tesi più fantasiose vi è anche quella sostenuta nel film del 1995 “Stonewall“ del regista Nigel Finch, morto di AIDS subito dopo aver girato la pellicola. Secondo questa ricostruzione, la rabbia dei gay al momento dell’irruzione è acutizzata dalla morte dell’attrice Judy Garland, nota icona del mondo omosessuale, scomparsa appena una settimana prima.
Pare che al suo funerale abbiano partecipato ben 22 mila persone, tra cui 12 mila omosessuali. La tesi storica sostiene, invece, che i movimenti pacifisti contro la guerra in Vietnam e quelli per i diritti civili dei neri abbiano preparato il terreno al desiderio di protesta delle minoranze. Durante gli scontri, infatti, i manifestanti urlano lo slogan Gay power, mutuato dal più famoso Black Power.
L’irruzione e la protesta
L’irruzione ha luogo intorno all’una e venti di notte. La maggior parte degli avventori riescono a fuggire e vengono arrestati solo alcuni dipendenti del locale e qualche cliente in abiti femminili. Non è, dunque, molto chiara la successiva dinamica dello scontro tra la polizia e i gay presenti.
La ricostruzione più accreditata sostiene che la causa scatenante sia stata il lancio di una bottiglia da parte della transgender Sylvia Rivera, pungolata da un manganello.
La mischia è tale che i poliziotti sono costretti a rifugiarsi nel locale. La folla composta da ben 2 mila persone sostiene lo scontro contro 400 poliziotti.
Le proteste dei moti di Stonewall durano tre giorni con un intervallo di cinque giorni tra la seconda e la terza giornata. Dopo i moti, i movimenti per i diritti dei gay trovano finalmente un riconoscimento ufficiale e, nel mese di luglio dello stesso anno, nasce il Movimento di liberazione gay (GLF) con diverse sedi in molti paesi del mondo. L’anno successivo viene organizzato un corteo commemorativo al quale partecipano tra i 5 mila e i 10 mila uomini. Si inaugura così la tradizione ormai annuale dei gay pride.